Letta, con crisi governo Imu si paghera´

15 settembre 2013 | 00:09
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Letta, con crisi governo Imu si paghera´

Letta, con crisi governo Imu si paghera’

‘Mercoledì, quando Giunta voterà’ sul Cav non capiterà nulla che metterà in crisi il governo

 14 settembre 20:47

“Noi non possiamo più permetterci giochi politici e l’instabilità basata sui giochi politici. I costi dei giochi politici minano la ripresa”. Così il premier Enrico Letta alla festa dell’Udc di Chianciano.

“Dal tema stabilità ed instabilità dipende tutto. Se non c’è la stabilità, noi non ce la caviamo e Non c’è alcuna possibilità di farcela. Non me ne frega niente delle prese in giro” ha detto ancora Letta

“Se il governo cade, i decreti sull’ Imu non verranno convertiti e quindi i cittadini dovranno pagare l’Imu” ha sottolineato il premier

“Io penso che nessuno si prenderà la responsabilità di mandare all’aria il governo perché è una responsabilità troppo grossa e poi va spiegata agli italiani: bisogna spiegargli perché non si faranno tutte queste cose” ha spiegato Letta

Con la Legge di stabilita’ ci sara’ un ”taglio del costo del lavoro con un intervento sul cuneo fiscale per far ripartire consumi e economia”: ha assicurato Letta. Questo qualora il governo resti in sella, altrimenti ”la legge di stabilita’ la scriveranno – dice – a Bruxelles”.

“Non ho dubbi che se il governo cade la legge di stabilità la scrivono a Bruxelles. Per un motivo molto semplice, che abbiamo la stessa moneta” degli altri Paesi Ue’ ha spiegato

”Sono assolutamente convinto che mercoledì” quando la Giunta per le Immunità del Senato dovrà votare sul caso Berlusconi, ”non capiterà nulla che metterà in crisi il governo”. Non ci saranno conseguenze “a dispetto del giudizio Giunta. La mia previsione è che non c’è nulla che metta in crisi il governo” ha detto Letta

L’INTERVENTO ALLA FIERA DEL LEVANTE

“L’unica strada per uscire da impasse è togliere la testa da sotto la sabbia, liberarci dalla sindrome dello struzzo: ce la possiamo fare, oggi più che mai, a patto che usciamo dagli alibi e che la colpa è sempre di altri”. Così Enrico Letta, da Bari, a proposito del Mezzogiorno e, più in generale del Paese.

“Cultura e turismo rappresentano uno dei grandi ‘obiettivi Paese’ che vogliamo portare avanti con determinazione”, ha detto poi Letta sottolineando che il primo divario da colmare fra nord e sud è quello della scuola.

“Questi sono fatti non annunci, sono fatti: lo dico a tutti quelli che raccontano altre storie”, ha aggiunto il premier elencando i risultati raggiunti dal governo, risponde alle critiche al governo.

“L’Italia è in bilico e ho preferito fare un ragionamento con spigoli e asprezze”, ma penso che “per farcela si debba partire dal Sud”, perché “pensare che l’Italia si salva a scapito del Sud è una strategia che combatto con tutte le mie forze”. Lo ha detto il premier Enrico Letta a Bari.

”Non ho accettato l’incarico con la logica della manutenzione ordinaria perché il Paese ha bisogno di cambiamento radicale”, ha affermato il premier.

”La Legge di stabilita’ la scriviamo noi, non viene piu’ scritta in Europa perche’ siamo usciti dalla procedura per deficit eccessivo”, ha spiegato il presidente del Consiglio.

”Per farcela serve la serietà di dire che non servono annunci choc, ricette miracolistiche e soprattutto uomini della provvidenza”, ha detto il premier alla Fiera del Levante e chiedendosi ”ma quanti uomini della provvidenza il Mezzogiorno ha coltivato e quante delusioni?”

Schifani, maggioranza? Se strappi vedremo – La maggioranza al governo terrà? “Occorrerà verificare se dopo eventuali strappi che si stanno consumando quotidianamente sull’alterazione dei tempi della prassi” nel caso Berlusconi “vi saranno i margini della convivenza”. Così il capogruppo Pdl al Senato Renato Schifani ai cronisti a margine della festa dell’Udc. “Io ho denunciato questi aspetti nel mese di agosto. Io ho sempre sostenuto questo governo, lo ha sempre sostenuto Berlusconi”, ma “una cosa è l’auspicio e la volontà di dare al Paese un governo che abbiamo fortemente voluto, altra cosa è verificare la possibilità di una convivenza dopo il clima che si è instaurato in Senato”, ha aggiunto Schifani

La premessa è che Silvio Berlusconi non staccherà la spina del governo. Solo così si capisce il senso del messaggio che Enrico Letta decide di recapitare – stavolta principalmente al Pd – dal palco di Scelta Civica. Un messaggio destinato a quanti, dietro le quinte, remano contro il suo governo: basta vergognarsi delle larghe intese perché in tutti i paesi europei le grandi coalizioni nascono con l’obiettivo di fare quelle riforme che nessun partito, da solo, può realizzare. A cominciare dall’ammodernamento di quella carta costituzionale che è certamente “la più bella del mondo” nella sua prima parte, ma non nella seconda visto che contiene alcune “follie” come ad esempio il bicameralismo perfetto. Parole che dimostrano due cose. Primo: il presidente del Consiglio avverte il rischio che l’infinito dibattito sul destino di Berlusconi monopolizzi l’attenzione politica e dei media, relegando in secondo piano l’azione del governo. Secondo: riconosce che il governo ha bisogno di una “svolta” e promette che questa ci sarà a partire dalla legge di stabilità, che dovrà tagliare il costo del lavoro abbattendo il cuneo fiscale. E non è un caso che dica queste cose proprio alla Festa del partito di Mario Monti. L’ex premier lo elogia, definendolo il “miglior successore possibile”, ma lo incalza anche a non cedere mai più ai diktat dei partiti di maggioranza, come avvenuto sull’Imu. La risposta di Letta parte da una disamina di quanto realizzato dal governo. Difende le scelte fatte, ricordando i risultati raggiunti. Nel farlo lancia la prima stoccata, che sembra diretta a Matteo Renzi: “Se c’e’ una cose che detesto è la politica fatta di battute”, soprattutto quanto la gente si attende risposte concrete.

Ricorda il “sacrificio” di Napolitano e mette in guardia sui rischi di “impazzimento politico”. Ma soprattutto rivendica il diritto-dovere di ammodernare la Costituzione, contro il “conservatorismo istituzionale”. Ribadisce poi la necessità di cambiare la legge elettorale, sottolineando di non voler restare a palazzo Chigi unicamente perché non si può andare a votare con il ‘porcellum’. Promette che la service tax, che dall’anno prossimo sostituirà l’Imu, sarà più “equa” e “giusta”. Sottolinea che all’Italia serve una politica industriale, ricordando quanto si siano pentiti quei Paesi che hanno abbandonato il comparto manufatturiero. Contesta il motto tremontiano secondo cui con la cultura non si mangia, sostenendo che deve essere un volano per lo sviluppo. Ed assicura Monti sul fatto che proseguirà sulla strada del risanamento, puntando però ad una maggiore crescita. Ma il cuore del suo intervento è sulla necessità di credere in quello che si sta facendo. Un richiamo soprattutto a quelle componenti del Pd – renziani certamente, ma anche dalemiani e bersaniani – che mal digeriscono l’alleanza con il Pdl e che (forse è proprio questo il timore inconfessato di Letta) potrebbero decidere di puntare al voto a marzo spartendosi segreteria e governo.

”A volte – avverte Letta in uno dei passaggi più applauditi – ho l’impressione di essere un campo di battaglia in cui se le danno di santa ragione. Cosi’ non funziona, non si va da nessuna parte”. Bisognerebbe al contrario usare questo “percorso fino in fondo” per cercare di”trovare compromessi” cha facciano avanzare il Paese. “Nessuno – aggiunge ironico – si prenderà un virus o sarà contagiato: non dobbiamo vergognarci di quello che stiamo facendo” perchè stiamo lavorando per il cambiamento del Paese con “risultati potenzialmente rivoluzionari”. A patto che, aggiunge con quello che pare un implicito riferimento al sindaco di Firenze, “si voglia davvero cambiare l’Italia” perché “quando sento certe critiche” penso che ci sia anche chi “preferisce che tutto resti così

Letta, non sforeremo 3%; debito incubo,essere credibili

Ripresa c’è, afferriamola. Indebitamento +84 mld da gennaio

L’Italia non sforerà il tetto del 3%. Enrico Letta ribadisce senza mezzi termini l’impegno preso sin dall’insediamento del suo governo nel momento di chiedere la fiducia al Parlamento, tentando così di fugare i timori espressi dalla Banca centrale europea. ”Ci sono tutte le condizioni perché non si sfori il 3%”, ha scandito chiaramente il presidente del Consiglio, dopo aver incassato la fiducia espressa in questo senso dal commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn. A Vilnius per l’Ecofin, il rappresentante della Commissione ha mostrato di apprezzare le rassicurazioni di Letta e del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, anche lui convinto che il rispetto del 3% sia ”fuori discussione”, ma ha anche inevitabilmente constatato che i dati economici italiani ”non sono buoni”. Il calo del pil nel secondo trimestre e l’avvio tutt’altro che incoraggiante del terzo (con la produzione industriale crollata a luglio dell’1,1% su giugno e del 4,3% su luglio 2012) pesano sulle prospettive di ripresa dell’economia italiana, che ha bisogno impellente di riforme strutturali. Cosi’ come pesano le turbolenze politiche, perché ”per assicurare il ritorno alla crescita è essenziale la stabilità politica”, ha proseguito Rehn, servendo di fatto un altro assist al premier. ”Il Paese – ha quindi sottolineato Letta – è credibile se mantiene i suoi impegni, con serietà, per questo dobbiamo impegnarci per continuare ad essere credibili, non dare l’idea che ogni giorno si e’ sull’orlo di un vulcano in ebollizione”.

Il presidente del Consiglio si è detto certo che alla fine, al di là dell’esito del voto sulla decadenza di Berlusconi, ”il buon senso prevarrà”. Anche perché proseguire sulla strada intrapresa è l’unico modo per assicurare il ritorno alla crescita: ”la ripresa c’è, è qui”, ma bisogna ”andarla a prendere, afferrarla”. La vera preoccupazione sembra dunque piuttosto un’altra. Il vero ”incubo per chi governa il Paese in questo momento” si chiama debito pubblico. Un gigante che ”si mangia il futuro”. I dati di Bankitalia di oggi hanno certificato un calo congiunturale ma lo stock di indebitamento del nostro Paese rimane enorme: 2.072,863 miliardi di euro a luglio, in diminuzione di appena 2,3 miliardi rispetto al mese precedente, ma in aumento di 84 miliardi rispetto all’inizio del 2012. ”Per pagare i debiti bisogna essere credibili, – ha ribadito – perché nessuno ci compra il debito se non lo siamo. Ma se non ci comprano il debito, non ce la facciamo”. Parole preoccupanti, smorzate in parte da Saccomanni, ancora una volta più ottimista sul futuro dell’economia italiana e della finanza pubblica. La tensione c’è e si sente, ha ammesso il ministro, ed è testimoniata non solo dall’attenzione dei mercati, ma anche degli altri ministri europei presenti a Vilnius. Il livello degli spread non è poi così aumentato nonostante le difficoltà politiche e le aste dei titoli di Stato italiani sono andate ”complessivamente bene”..

ANSA 14 settembre, 20:47      

Inserito da Alberto Del Grosso