Cosa pensano i giornalisti del giornalismo on line- Redazione- sue vedute e responsabilità.

6 ottobre 2013 | 20:07
Share0
Cosa pensano i giornalisti del giornalismo on line- Redazione- sue vedute e responsabilità.

Cosa pensano i giornalisti del giornalismo on line- Redazione- sue vedute e responsabilità.

Ho la perpetua speranza di vedere sotto ogni testata e sotto ogni latitudine politica un giornalismo serio, corretto e responsabile, sempre al servizio dei cittadini: e che Internet possa contribuire  possa contribuire a raggiungere questo scopo. Qualcuno sostiene invece che il giornalismo “on line”, accrescendo il lavoro di “desk”, riduce ancora di più l’acquisizione diretta del fatto e ancora di più rende la redazione prigioniera di fatti raccontati da altri. Ma i giornalisti cosa pensano di quello che sta accadendo e possa accadere? Non è una novità che la professione ha cominciato da anni ad affrontare il processo di cambiamento in corso, spinto dal progresso delle tecnologie ma anche dai mutamenti della società. “Nel primo rapporto sulla comunicazione in Italia”,  il Censis ricordava di aver già spiegato nel 1995 che la moltiplicazione delle strutture di offerta dell’informazione e l’accresciuta varietà delle competenze e delle mansioni di chi lavora nel settore imponeva un allargamento della definizione di giornalista. Interpellati nel 2001 il 54% rispondeva “crescerà il ricorso a “service”e a fornitori di servizi completi; il 51.6% “crescerà il ricorso ai “free lance” liberi professionisti: il 43,4%  “ci sarà una figura più ampia di comunicatore;” e c’era anche un 3,3% che diceva : “non ci saranno più giornalisti”.
Le prime incertezze, i primi dubbi, i primi sospetti furono confermati dai nomi, più o meno seri, più o meno scherzosi, che cominciarono a circolare sui giornalisti “on line”; “ giornalisti digitali”, “ cibergiornalisti”, “netinformers”, “infomediari”, “onlineisti”. La definizione più terribile, è stata “costruttore di connessioni”.
Nello stesso Rapporto del Censis tutti i giornalisti, appartenenti in maggioranza a settori tradizionali, si resero conto della novità: internet e i “new media”sono “ un inevitabile cambiamento”, sono “un’ opportunità”,  sono “una vera rivoluzione “, sono “ una scommessa”, sono “ uno strumento di democrazia”.
C’erano, per la verità, anche dei pessimisti: “ è un’ incognita rischiosa”, è “la fine dell’informazione approfondita”.
Circa le responsabilità della redazione “on line”, parliamo della definizione sopra riportata: il giornalista come “costruttore di connessioni”.
Nell’ultimo dopoguerra migliaia di giornalisti hanno cominciato a lavorare tagliando e incollando su quella che veniva chiamata “carta da bozze” pezzi di notizie di agenzia o di comunicati, aggiustandone i testi solo in parte o riscrivendoli; e altre migliaia di giornalisti, negli anni successivi, hanno fatto le stesse operazioni avvalendosi non della carta ma della macchina da scrivere.
Il giornalismo veniva chiamato “ taglia e incolla”. In un certo modo anche quei redattori erano dei “costruttori di connessione”.
Sbarazziamoci poi di un ‘antico mito duro a morire: che il giornalismo è scrittura e che giornalista è uno che scrive. Nel campo della informazione tradizionale il giornale è stato sempre fatto non solo dai giornalisti che scrivono e che firmano, dando sicuramente alla loro testata autorità e prestigio, ma soprattutto da quelli che anonimamente e silenziosamente lo costruiscono, curando il giornaliero progetto, stabilendo scelte e gerarchie dei contenuti, preoccupandosi dell’architettura delle pagine, rivedendo i testi e a volte completandoli. (Il giornalismo di desk)
La differenza è soltanto che nei quotidiani “on line” è minore il lavoro esterno e maggiore il lavoro di “desk”. Il lavoro in redazione è maggiore anche perché è più ampio il flusso delle informazioni a monte, più complessa l’opera di selezione e di controllo, più specialistica la presentazione in Rete, e tutto con un linguaggio multimediale. Nel giornalismo “on line” la funzione istituzionale di mediazione assume addirittura una responsabilità più pesante. Si tratta di volerla esercitare o di farla esercitare.
Purtroppo, come sempre, non sono i giornalisti a decidere; e un’ editoria preoccupata soltanto del profitto, può vedere con interesse un’ informazione “ assemblata a pacchetti”, cioè messa insieme con materiale di varia provenienza e priva di un qualsiasi marchio di garanzia; e trasmessa senza opportuni controlli di veridicità.

Alberto Del Grosso

Giornalista Garante del Lettore

del giornale on line Positanonews