LEGGIAMO I MURI è UN ARTICOLO DI Ada Sibilio Murolo sul sommo poeta Salvatore Cerino

15 novembre 2013 | 11:46
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LEGGIAMO I MURI  è UN ARTICOLO DI Ada Sibilio Murolo sul sommo poeta Salvatore Cerino

LEGGIAMO I MURI  è UN ARTICOLO DI Ada Sibilio Murolo sul sommo poeta Salvatore Cerino

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

LEGGIAMO I MURI

Di Ada Sibilio Murolo

      Il passante napoletano non troppo frettoloso sarà certo attirato in piazza Sannazaro da una breve lapide apposta ad un antico palazzo, proprio sopra una rinomata pizzeria.

Nacarezza d’aria ‘e mare, nu suspiro ‘e Dio me pare” Salvatore  Cerino, così recita la lapide.

       Essa ricorda due magnifici versi, irripetibili, di un nostro  grande Poeta, l’ultimo della gloriosa schiera che segnò la stagione d’oro della Poesia partenopea, quella di Di Giacomo, Galdieri, Murolo, Bovio: Salvatore Cerino.

       Salvatore Cerino,  “il poeta di Mergellina” , nacque in quel palazzo di Piazza Sannazaro e lì visse la sua prima giovinezza. Fu il  cantore genuino , fresco, sincero di Mergellina, Posillipo, cantò il mare, il sole, la natura tutta con una vena inesauribile e sempre limpida, armoniosa, densa di sentimento. Il suo verso armonioso, talvolta estemporaneo, lasciava il segno. La poesia di Salvatore Cerino impegnava tutti i sensi, egli cantava la voce del mare,

ti faceva avvertire sulla pelle il tepore del “suo” sole, ti dipingeva tramonti, albe, assolate campagne  e campagnoli, belle donne sorridenti e procaci, o ti faceva avvertire il profumo dei fiori, dell’erba fresca, ti faceva assaggiare il gusto dei frutti appena colti.

“  ‘E Pusilleco songh’io   e  Pusilleco è d’’o mio” si vantava ben meritatamente. Amava quei luoghi, venerava la memoria del Sannazaro. Cantò l’armonia della natura in tutte le sue belle opere, prime fra tutte, il Poemetto “ ‘E qquatto stagione”. Il suo verso inneggiò sempre alla meraviglia del Creato, con una sua insita religiosità , basterebbe leggere la lapide già citata e l’altra  che citeremo tra breve.

    Anche se talvolta, vivendo egli pienamente il suo tempo, mai avulso dalla realtà che lo circondava, ebbe espressioni amare in un suo poemetto  “Lassammo perdere”, non vi fu mai nei suoi canti la disperazione, ma sempre una grande fede e sempre una speranza nel Signore.

     Il Comune di Napoli , nel luglio del 2000, con una commossa e imponente cerimonia fece apporre in Piazzetta del Leone a Mergellina, al palazzo ove il Poeta visse e morì., un’altra lapide  che è  uno splendido

Inno al Signore:            ( Tutt’’o criato/ è n’armunia che canta !/ mentr’io ncantato/ saglio ncielo e sento”.

    Ed anche qui il passante non frettoloso non può non fermarsi.

Inserito da Alberto Del Grosso

Giornalista Garante del Lettore

del giornalepositanonews