GRAGNANO PASTA E PASTIFICI. CAMARDO E NOTOMISTA PRESENTANO IL LIBRO
Gragnano: Dalla valle dei molini alla città della pasta
Trasformazioni di un centro urbano tra il XVIII ed il XX sec.
A cura di Domenico Camardo e Mario Notomista
Il volume nasce dalla scoperta in una collezione privata di un’importantissima pianta a colori risalente alla seconda metà del 1700 dove è mirabilmente delineata la planimetria di Gragnano e soprattutto il complesso sistema arterioso degli acquedotti che collegavano i diversi casali di cui si componeva la città, ai quali era legati numerosi molini che traevano dall’acqua l’indispensabile forza motrice.
Analizzando la pianta non si può fare a meno di notare le profonde trasformazioni avvenute nella città, che però dagli stessi gragnanesi sono ormai collocate temporalmente in modo vago.
Appare soprattutto difficile disporre in modo cronologicamente corretto le profonde modificazioni urbanistiche che nel corso dell’ottocento hanno mutato il volto di Gragnano attraverso l’intervento pubblico per la regolarizzazione delle vie esistenti, l’apertura di nuove strade e la costruzione di ponti, e quello privato per l’edificazione di numerosi grandi pastifici; operazione che presupponeva l’esistenza di una ricca borghesia che già disponeva dei capitali sufficienti per tali costose operazioni.
Nel tentativo di ricostruire tali dinamiche di sviluppo abbiamo quindi deciso di realizzare un volume che ha come filo conduttore un percorso topografico e cronologico (tra il XVIII e il XX sec.) all’interno dei diversi casali che sono all’origine di Gragnano. Casali che erano originariamente separati ma che con il graduale sviluppo della città hanno finito per unirsi dando luogo all’immagine urbanistica di Gragnano che noi oggi conosciamo.
In questo percorso siamo stati aiutati in maniera determinante da alcuni amici, che amano la storia e le tradizioni del proprio paese, e che nel corso di decenni di paziente lavoro hanno raccolto degli straordinari archivi, ricchi di immagini e documenti inediti.
Le indagini storiche e iconografiche hanno mostrato che il motore di tutto il fenomeno di trasformazione urbanistica di Gragnano ha un nome preciso: la pasta.
Questa dinamica s’innesca nel corso del XIX secolo e porterà la città ad assumere un volto nuovo.
Sarà infatti nel corso di questo secolo che Gragnano si trasformerà da centro dedicato all’attività molitoria del grano, nella Valle dei Molini ma anche in numerosi altri molini sparsi nel territorio, a polo della produzione di pasta, dove si svilupperanno maestranze capaci di creare un prodotto di elevata qualità che è apprezzato sia in Italia che all’estero.
Nella prima fase di questo processo inizieranno a nascere una moltitudine di piccoli pastifici artigianali e poi, a seguito del moltiplicarsi della richiesta, inizieranno a sorgere grandi opifici dotati di spazi organizzati per permettere un ciclo produttivo vantaggioso.
Il fatto che questi pastifici vennero a concentrarsi solo in alcune zone dell’ampio territorio gragnanese indica che tale situazione fu organizzata e favorita, anche a livello politico, con la creazione di nuove strade che facilitarono il collegamento tra i diversi casali, e resero più rapido il contatto con il porto di Castellammare, punto di arrivo del grano e di partenza delle casse con la pasta.
Nel 1885 la creazione del ramo ferroviario che univa Gragnano a Castellammare aprì nuove prospettive per la movimentazione del prodotto a costi contenuti, liberando i pastifici dalla schiavitù di dover sottostare per il rifornimento di grano prima e per il trasporto delle casse di pasta poi, alla lenta teoria delle carrette che facevano la spola tra il porto di Castellammare ed i diversi pastifici.
Il treno rappresentò il futuro, così come l’energia elettrica spezzò il cordone ombelicale dei molini con gli acquedotti, consentendo la costruzione degli stessi presso i pastifici, che furono così collocati in posizione più vantaggiosa per realizzare nel modo migliore il ciclo produttivo.
E’ stata la pasta a dettare nel XIX secolo la forma urbana di Gragnano secondo direttrici e logiche che poi si sono smarrite nel corso del XX secolo quando con la crisi dell’arte bianca non vi sono stati più tentativi di pianificare uno sviluppo per la città.
Questa mancanza ha portato al sopravvento della logica dei grandi palazzi a 8-10 piani che nel corso degli anni 60 e 70 del novecento hanno finito per occupare Via Castellammare, che in origine era una strada punteggiata da poche masserie e che collegava Gragnano con il litorale, o Via Vittorio Veneto, dove un ambiente naturale di grande bellezza è stato sommerso da una vera colata di cemento.
Palazzoni che come vere e proprie ferite hanno finito per inserirsi anche in alcuni punti del tessuto urbano sette-ottocentesco come in piazza Aubry, in Via Pasquale Nastro o Via Nuova S. Leone, monito di una stagione d’insensate edificazioni che speriamo non abbia più a ripetersi.