Al figlio del fiordo Anna Magnani regalò le prime caramelle del dopoguerra
È il ricordo più vivo di Pietro Cavaliere, “o nostromo”, che da sessant’anni è il custode sentimentale di Furore. I litigi tra Rossellini e l’attrice nelle casupole dei pescatori. 200308-10-1m 200308-10-2mOcchi di mare in tempesta, un sorriso trattenuto, poche parole. Per lui ogni roccia è memoria, ogni barca un ricordo. Su in paese, a Furore, lo chiamano “o nostromo”. Ma, da quando è nato, Pietro Cavaliere è semplicemente il figlio del fiordo. La sua è una storia di un uomo semplice che ha scelto come amante la solitudine di un villaggio di pescatori incastonato sul fianco di rupi scoscese tra Conca dei Marini e Praiano. Un amore lungo quasi sessant’anni, fatto di remoti silenzi e di una conchiglia appoggiata all’orecchio per vincere la nostalgia di mareggiate, vento in faccia e poesie scritte sulla sabbia. “Sono nato qui, su queste sponde, battezzato da questo mare. Sono cresciuto qui, guardando ogni mattina i pescatori farsi il segno della croce prima di salire in barca e sfidare il mare. Qui ho vissuto tutta la mia vita. Conosco il segreto di ogni piccola insenatura, la forma di ogni ciottolo, il mistero di ogni sua creatura. C’è un non so che di magico, come una forza arcana e misteriosa, che mi trattiene qui, nel fiordo. Da sempre”. La voce di Pietro diviene un sussurro, c’è emozione nei suoi occhi e una malinconia di lacrime mai piante. Poi, l’improvviso silenzio cede ai ricordi. Su tutti quello di Anna Magnani e Roberto Rossellini che vissero proprio qui, tra la “Villa del Dottore” e la “Villa della Storta”, due casupole di pescatori situate nella gola del fiordo. Qui vissero la loro tormentata storia d’amore. “Ero un bambino e mio padre mi raccontava sempre che uno dei principali motivi di litigio tra i due era legato al fatto che Rossellini, in piedi fin dalle prime luci dell’alba, non sopportava che la Magnani rimanesse a letto fino alle due del pomeriggio. Lei cercava il contatto con la gente del posto, soprattutto con le donne del villaggio con cui spesso si fermava per scambiare quattro chiacchiere o raccogliere qualche confidenza”. Ciò che rende incancellabile il ricordo della Magnani nella memoria di Pietro è un episodio verificatosi intorno agli anni Cinquanta, quando aveva appena cinque anni. “Non rammento perché stessi piangendo, quel giorno. Ad ogni modo, vedendomi disperato, la Magnani si avvicinò chiedendomi che cosa fosse successo e regalandomi alcune caramelle. Le mangiai senza nemmeno badare a scartare la carta che le avvolgeva. Furono quelle le prime caramelle che si videro a Furore negli anni del dopoguerra”. Sorride, Pietro, mentre il fiordo si addormenta tra le ombre del tramonto. La sua barca è sempre al suo posto, adagiata sulla riva come in una perenne attesa. Al contrario di tanti altri luoghi della costiera amalfitana, il fiordo non è cambiato. Certo, rispetto al passato, oggi viene più gente, ci sono più turisti, si vedono più bagnanti. Ma il mare è rimasto vergine. Il fruscio delle onde che corteggiano le barche dei pescatori dà ancora respiro al silenzio. La spiaggia è ancora una spiaggia libera. “Tante volte, nel corso della mia vita, mi hanno chiesto quale posto del mondo desiderassi vedere. In quasi sessant’anni, la mia risposta è stata sempre la stessa: se davvero desiderate vedermi felice, lasciatemi nel mio fiordo. Questo luogo rappresenta tutto il mio mondo, è parte di me”. Parole d’autore, messaggio d’amore firmato Pietro Cavaliere, il figlio del fiordo
di Carmine D’Angelo fonte http://www.lisolaweb.com/