I miracoli
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I MIRACOLI
Al prof. Moscati dopo la morte furono attribuite molteplici guarigioni miracolose che anche ora si susseguono ininterrottamente.
PRIMO MIRACOLO –
E’ la guarigione del maresciallo degli agenti di custodia Costantino Nazzaro, vissuto in perfetta salute fino al 1923 quando ebbe un ascesso freddo alla radice della coscia destra e dolori alla colonna vertebrale. Ricoverato nell’ospedale militare di Genova e poi dimesso senza aver ottenuto alcun risultato positivo, durante la convalescenza ebbe un indolenzimento e un ingrossamento dell’epididimo destro di origine tubercolare.
Nonostante le cure il Nazzaro non solo non guarì ma l’affezione gli si propagò a sinistra. Le sue condizioni fisiche peggiorarono e la diagnosi dopo una visita medica fu “morbo di Addison”. In tutti i trattati di patologia medica tale patologia era considerata rara, dalla prognosi sempre sfavorevole, con l’esito di sicura morte. Poiché non si conoscevano casi di guarigione la terapia serviva solo a prolungare la resistenza del malato. Nonostante le cure infatti il Nazzaro non migliorava. Nella primavera del 1954 l’ammalato, entrato in chiesa del Gesù Nuovo prego' dinanzi la tomba di San Giuseppe Moscati tornandovi ogni 15 giorni per quattro mesi. Giunse intanto l’estate ed una notte tra la fine di agosto e l’inizio di settembre del 1954 il Nazzaro sognò di essere operato dal prof. Moscati il quale sostituì la parte atrofizzata del corpo con tessuti vivi e gli disse di non prendere più alcuna medicina. Svegliatosi si trovò perfettamente guarito e presto tornò al suo posto di lavoro. I sanitari che visitarono l’ammalato non riuscirono a spiegare l’imprevista guarigione.
SECONDO MIRACOLO –
Raffaele Perrotta fu guarito istantaneamente da meningite cerebrospinale meningococcica tra il 7 e l’8 febbraio 1941. Come si nota dalle date Costantino Nazzaro guarì oltre tredici anni dopo Raffaele Perrotta, però la congregazione per le cause dei santi esaminò prima la guarigione del Nazzaro che perciò viene indicata come primo miracolo. Al Perrotta da piccolo, in seguito a lancinanti dolori al capo, fu diagnosticata la patologia già in forma grave. L’ammalato stava così male che il professore che lo aveva visitato lo accompagnò a Napoli precisando che al suo ritorno difficilmente lo avrebbe ritrovato vivo. Le sue condizioni si aggravarono ulteriormente e , vista la situazione disperata, la madre del piccolo invoco Giuseppe Moscati. Sotto il guanciale fu messa la sua immagine. Passate alcune ore il ragazzo riprese conoscenza e la malattia, dopo alcune visite di controllo, fu dichiarata non più presente nel suo corpo. La diagnosi dei medici fu la seguente: “ A parte discussioni cliniche del caso due sono i dati incontrovertibili: la gravità della sindrome che faceva prevedere la prossima fine del giovane e l’immediata e completa risoluzione della malattia”.
TERZO MIRACOLO –
Alla canonizzazione di Giuseppe Moscati era presente anche Giuseppe Montefusco, il terzo miracolato, 29enne. All’età di venti anni, agli inizi del 1978, cominciò ad accusare astenia, pallore, vertigini, inappetenza. Nel 1978 fu ricoverato all’ospedale Caradarelli di Napoli e la diagnosi fu “leucemia acuta mieloblastica”, una patologia che portava a breve termine alla morte. La madre, sconfortata per la diagnosi negativa fatta al figlio una notte vide in sogno la fotografia di un medico in camice bianco. Anche lei si unì ai fedeli che vedeva fare offerte . Al mattino raccontò tutto al parroco e poichè questi le disse che certamente si trattava del prof. Moscati, andò nella chiesa del Gesù Nuovo . Parenti ed amici iniziarono a pregare ininterrottamente dinanzi l’immagine del prof. Moscati e Giuseppe in meno di un mese guarì perfettamente. I medici dissero: “ Nella nostra esperienza sopravvivono ancora oggi da poco più di cinque anni solo 12 pazienti su 1600 casi di leucemia acuta. Una consulta medica nominata per l’esame del caso, dopo aver attentamente vagliato la documentazione clinica si pronunziò all’unanimità sulla straordinarietà della guarigione del sig. Giuseppe Montefusco e inviò ai consultori teologi e poi ai cardinali la relazione che esprimeva il parere positivo e affermava che si poteva parlare di guarigione non spiegabile.
LA FESTA LITURGICA
La morte per i cristiani è la nascita al Cielo e per questo le feste dei santi si celebrano nel giorno della loro dipartita dal mondo. Anche la festa di San Giuseppe Moscati doveva tenersi il 12 aprile di ogni anno, ma per motivi pastorali si è ottenuto dalla Congregazione per il Culto Divino di celebrarla il 16 novembre. In questo giorno, infatti, nel 1930, i resti mortali del Santo furono trasferiti nella chiesa del Gesù Nuovo e riposti sul lato destro dell’altare di San Francesco Saverio, dove ancora si conserva la lapide. Nel 1977 furono collocati sotto l’Altare della Visitazione, nell’urna scolpita dal prof. Amedeo Garufi.
I motivi pastorali sono dettati dalla coincidenza delle prime due settimane di aprile con la settimana santa o con il periodo della risurrezione del Signore.
L’urna di bronzo che racchiude il corpo di San Giuseppe Moscati è composta da un trittico che raffigura tre aspetti significativi della vita del Santo. Il sette ottobre del 1990, dopo una solenne concelebrazione, è stata inaugurata la Statua di Bronzo opera dello scultore Luigi Sopelsa. Prima di giungere a Napoli la statua è stata benedetta da Papa Giovanni Paolo II a Benevento dove 110 anni prima era nato Giuseppe Moscati.
Hanno detto di lui
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“ Chi è colui che viene proposto oggi alla imitazione e alla venerazione di tutti? E’ un Laico che ha fatto della sua vita una missione percorsa con autenticità evangelica. E’un medico che ha fatto della professione una palestra di apostolato una missione di carità. E’un professore di università che ha lasciato tra i suoi alunni una scia di profonda ammirazione. E’uno scienziato d’alta scuola, noto per i suoi contributi scientifici di livello internazionale. La sua esistenza è tutta qui”.
PAOLO VI, il Papa che lo ha beatificato
“L’uomo che da oggi invocheremo come Santo della chiesa universale si presenta a noi come un’attuazione concreta dell’ideale del cristiano laico. Giuseppe Moscati, medico primario ospedaliero, insigne ricercatore, docente universitario di fisiologia umana e di chimica fisiologica, visse i suoi molteplici compiti con tutto l’impegno e la serietà che l’esercizio di queste delicate professioni laicali richiede. Da questo punto di vista il Moscati costituisce un esempio non soltanto da ammirare, ma da imitare, soprattutto da parte degli operatori sanitari. Egli si pone come esempio anche per chi non condivide la sua fede”.
GIOVANNI PAOLO II, il Papa che lo ha canonizzato
“ Mentre stavamo visitando gli ammalati in sala, fummo invitati ad andare nella sala delle autopsie; noi ce ne meravigliammo, non sapendoci spiegare il perché dell’invito, dato che quel giorno non c’erano autopsie da fare. Ma il prof. Moscati, dal quale partiva l’invito, si era già avviato e noi ci affrettammo a seguirlo. Sul tavolo anatomico non trovammo niente e quelli che ci avevano preceduto erano intenti a guardare in alto sul muro dirimpetto, sul quale si ammirava un crocifisso fattovi collocare dal professore con sotto la scritta “Ero mors tua, o mors” Noi eravamo stati invitati a rendere omaggio al Cristo, la Vita che tornava dopo lunga assenza in quel luogo di morte”.
ANDREA PIRO, alunno di Giuseppe Moscati
“ Appariva alcune volte stanco, ma il sorriso gli ritornava sulle labbra sempre che vedevasi tra gli amici sinceri, e più specialmente tra gli studenti, ai quali spezzava il pane dell’istruzione e infondeva quella fede così gigante nell’animo suo che che comunicava con largo seguito. Fu il vero credente che senza ostentare non nascondeva la sua Fede…”
FELICE PICCININI, alunno di Giuseppe Moscati
“ Egli godeva in mezzo ai suoi allievi nella sua famiglia spirituale, alla quale prodigava il suo sapere. In quel quotidiano contatto, in quelle dimestichezze di vita, egli plasmava non solamente la nostra mente, ma anche il nostro spirito. A noi tutti parlava di Dio, della divina Provvidenza, della Religione Cristiana ed il suo volto si irradiava di gioia quando noi lo seguivamo nelle chiese di Napoli ad ascoltare la Santa Messa. Usciti dall’Ospedale degli Incurabili, paghi del lavoro compiuto e con la soddisfazione dell’animo di aver aggiunto un’altra perla alla collana delle nostre lezioni, accompagnavamo fino a casa il venerato maestro e dall’Ospedale a Via Cisterna dell’Olio portavamo in processione questo grande benefattore, come se fosse una santo”.
SOCCORSO TECCE, alunno di Giuseppe Moscati
I suoi pensieri
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“Amiamo il signore senza misura, vale a dire senza misura nel dolore e senza misura nell’amore. Riponiamo tutto il nostro affetto, non solo nelle cose che Dio vuole, ma nella volontà dello stesso Dio che le determina”
“ Ma la vita fu definita un lampo nell’eterno. E la nostra umanità, per merito del dolore di cui è pervasa, e di cui si saziò colui che vestì la nostra carne, trascende dalla materia e ci porta ad aspirare una felicità oltre il mondo. Beati quelli che seguono questa tendenza della coscienza e guardano “all’ aldilà” dove saranno ricongiunti gli affetti terreni che sembrano precocemente infranti”
“Che cosa possono fare gli uomini? Che cosa possono opporre alle leggi eterne della vita? Ecco la necessità del rifugio in Dio. Ma tuttavia noi medici dobbiamo cercare di alleviare le sofferenze”
“La vita è un attimo;onori, trionfi, ricchezza e scienza cadono innanzi alla realizzazione del grido della Genesi, del grido scagliato da Dio contro l’uomo colpevole: tu morrai. Ma la vita non finisce con la morte, continua tutto in un mondo migliore. A tutti è stato promesso, dopo la redenzione del mondo, il giorno che ci ricongiungerà ai nostri cari estinti, e che ci riporterà al supremo Amore!”
“Esercitiamoci quotidianamente nella carità. Dio è carità; chi sta nella carità sta in Dio e Dio in lui. Non dimentichiamo di fare ogni giorno, anzi in ogni momento offerta delle nostre azioni a Dio, compiendo tutto per suo amore”
“Il dolore va trattato non come un guizzo o una contrazione muscolare, ma come il grido di un’anima, a cui un altro fratello, il medico, accorre con l’ardenza dell’amore, la carità”
Proposto da Alberto Del Grosso