NAPOLI- LA CITTA’ CHE SOFFRI’ PIU’ BOMBARDAMENTI E DISTRUZIONI IN ITALIA.
Riporto questo articolo che descrive fatti divenuti ormai storici, per ricordare a quelli che l’hanno vissuto, il triste periodo della II guerra mondiale e per i più giovani che hanno avuto la fortuna di non aver vissuto la fame, la sete, la paura e le conseguenze dei bombardamenti, le notti nei ricoveri antiaerei, il razionamento dei generi alimentari, le privazioni, il mercato nero, le 4 Giornate, le infezioni, l’occupazione alleata, il decadimento morale per fame di molte donne napoletane (le segnorine) e quant’altro legato ad un conflitto che generò morti e distruzioni di massa. Io quel periodo l’ho vissuto da bambino e so bene cosa significò per gli italiani e particolarmente per i napoletani.
Alberto Del Grosso
Giornalista Garante del Lettore
Sono i cosidetti “Cento bombardamenti” di Napoli, una delle città più provate dal massiccio bombardamento aereo alleato della Seconda Guerra Mondiale.
I ruderi inclusi nel centro storico, dichiarato partimonio dell’UNESCO interrompono di fatto il tessuto urbano entro la maglia regolare del nucleo più antico della città, con la piazza del Gesù Nuovo ed il vicinissimo pallonetto a Santa Chiara nella sua specifica forma urbana.
Tuttavia, le macerie che segnano la storia, son state lasciate in piedi a loro posto in un serrato rapporto con la questione contemporanea dell’oggi, principalmente come testimonianza della drammatica storia europea del Novecento, ed anche come lacune di forme urbane irrisolte, affinchè possano implicare, esse stesse, la necessaria riflessione sul ruolo che possono assumenre nella città presente.
I danni più significativi, rimasti storici, si attestano nell’area portuale, con: le Officine Avio dell’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco, il Silurificio di Baia, i Cantieri Navali di Castellammare di Stabia e quelli della Società Bacini e Scali Napoletani di Napoli, lo spolettificio di Torre Annunziata, ed anche: il quartiere di Fuorigrotta, la Mostra d’Oltremare ai Campi Flegrei e l’ILVA di Bagnoli.
I primi aerei a sorvolare la città furono i ricognitori inglesi a caccia di fortificazioni tedesche installate dentro e sotto le chiese della città antica e vecchi palazzi con naturali fondi e cavità nascoste tra le fondamenta, cogliendo la città, la notte del 1° novembre 1940, impreparata alle tremende sollecitazioni delle bombe, con pochissimi ricoveri pubblici per lo più estratti dal variegato mondo antico del sottosuolo di Napoli.
Effettivamente scarse le comunicazioni d’appoggio, scadenti la risposta tecnica dell’ U.N.P.A l’Unione Nazionale Protezione Anitaerea organizzata appena con qualche cantina trasformata in rifugio antiaereo da muri paraschegge, l’impossibilità di un buon governo delle aree sottoposte a legislatura d’emergenza di stampo fascista e la difesa dai cannoni delle navi alternate a guardia nel porto di Napoli. I bombardamenti inglesi si protrassero fino a tutto il novembre del 1941
Il primo bilancio degli effetti postumi al bombardamento napoletano del 1940 furono più di 900 morti, distrutte, dal passaggio degli aviatori, Borgo Loreto, i Granili e le infrastrutture civili di San Giovanni a Teduccio devastando gli stabilimenti della società “Alecta”, della “Precisa”, della “Agip” e della fabbrica di legno “Feltrinelli”; un numero enorme di edifici a residenza popolare lungo il il Rettifilo, da San Pietro ad Aram presso il quartiere della Duchesca a San Pietro Martire a Mezzocannone ad un passo fuori Borgo degli Orefici e di lì fino a Pozzuoli.
Solo più tardi al primo semestre dei bombardamenti del primo anno il Comune e le organizzazioni umanitarie non governative destinarono l’uso di molti spazi nel sottosuolo napoletano per il rifugio di persone contro l’incessante cadere delle bombe.
Censiti dal Comune di Napoli nel Rilievo centro studi del 1972 vennero individuate, su 561 cavità artificiali, 149 adattate a ricoveri antiaerei e 136 non attrezzate, ricavate altresì da spazi aperti al pubblico; la Galleria del IX Maggio intitolata alla “Festa dell’Impero” oggi alle Quattro Giornate, sotto la Collina di Posillipo, la galleria della Vittoria comunicante via Acton con via del Chiatamone, le gallerie ferroviarie di Mergellina e dei Campi Flegrei, la linea storica del Metrò detta anche la sotterranea, nelle piccole stazioni sommerse di piazza Cavour, Montesanto e quella del Rione Amedeo
La vita nei ricoveri era gestita dalle circolari fasciste indulgenti solo appena con le partorienti e i nascituri. Ai maschi sani dell’età compresa tra i 16 ed i 70 anni venne dato ordine di distribuirsi i compiti di guardia alle fungaie umane, stabilire orari e responsabili sulla manovalanza attiva per l’approvvigionamento d’acqua e derrate, esclusi i medicinali e le custodia preventiva delle cialde da aggiungere alle maschere antigas fino a tutto il giugno del 1940 reperibili nei negozi al costo di 35 lire.
Ai morti delle bombe, effettivamente già quell’anno vennero registrati decessi avvenuti proprio nei rifugi, per mala condizione d’igiene, il diffondersi delle malattie legate alla vita umana nelle cavità divenute dei reclusori; si ricordano dalle fonti storiche le grotte tufacee di Posillipo o di Fuorigrotta, sotto le pendici dei Camaldoli, nelle spelonche delle Fontanelle nell’omonimo quartiere, a Piazza S. Gaetano ai Tribunali, al Cavone, al palazzo del Red Star Club di Piazzetta Augusteo, ai Quartieri Spagnoli, lungo il tracciato viario di Spaccanapoli, alle catacombe di San Gennaro, le catacombe di San Gaudioso sotto la chiesa del Monacone al Rione Sanità.
La prima incursione aerea del 1941 avvenne la mattina dell’8 gennaio proseguendo ininterrotta fino al tramonto con la distruzione totale dell’area della Stella Polare al corso Arnaldo Lucci, la raffineria di via delle Brecce a Ponticelli e i Rioni Stella, Platania e Speranzella.
Il 9 novembre di quello stesso anno presi di mira la stazione ferroviaria di Napoli Centrale oltre al tragico epilogo della gente di piazzetta della Concordia rifugiati nel viscere di un ricovero e morti sepolti sotto le macerie di una palazzina in superficie crollata.
Sei furono invece i bombardamenti del 1942 ed il 4 dicembre di quello stesso anno fu il giorno più terribile: decollati dai porti dell’Egitto bombardieri Liderator affondarono l’incrociatore leggero Muzio Attendolo; gravi danni subiscono altri due incrociatori l’Eugenio di Savoia e il Raimondo Montecuccoli; distrutte le vie Monteoliveto, Vittoria Colonna, Protopisani e la zona di Porta Nolana.
L’ultimo del 1942 fu quello del 15 dicembre, che distrusse l’ospedale Loreto Mare, il Gasometro, i bacini della Navalmeccanicae l’incrociatore Arborea, soltanto due giorni dopo il discorso tenuto dal Duce Benito Mussolino alla “Camera dei Fasci e delle Corporazioni” sulla reale necessità di “sfollare” le città sottoposte alle rappresaglie aeree dalla munita piazzaforte inglese di stanza sull’Isola di Malta.
Soltanto per il mese di dicembre del 1942 i morti contati dalla Prefettura napoletana furono 1886 e 3.332 feriti, di cui 838 deceduti pochi giorni dopo il gennaio del 1943, l’anno in cui vennero registrati in scaletta 181 bombardamenti solo sulla città di Napoli. Fu l’apoteosi delle morti e delle distruzioni in seguito ai bombardamenti aerei accanitisi contro le zone di Battistello Caracciolo, Piazza Canneto, via Girolamo Santacroce e via Salvator Rosa, con un altissimo numero di vittime, destinato ad aumentare pochi giorni dopo, quando altre massicce incursioni devastarono il Ponte della Maddalena, insieme ai Pontili Elena d’Aosta e Vittorio Emanuele, nonché la zona litoranea, dai Granili a via Benedetto Brin. Tuttavia ancora si proiettava all’Alambra “La maestrina”, al Diana “Addio Kira”, al Modernissimo “Malombra”, al Bellini “Romanticismo”.
L’11 gennaio di quell’anno solo a Napoli 23 morti dopo una rapida incursione; seguirono le notizie di 100 morti in un sol giorno a Cagliari e 119 morti con 332 feriti il 20 febbraio e solo il giorno dopo verrà ricordato come la ”strage di via Duomo” con la sistematica distruzione delle “Case basse ai Mannesi”, in prossimità della chiesa di San Giorgio Maggiore.
Il mese di marzo si aprì col sabotaggio e l’esplosione della nave Caterina Costa, adibita ai viaggi per il trasporto di viveri e munizioni6.
Ad aprile seguirono le distruzioni di settore, all’Anticaglia, a Forcella, fuori Porta San Gennaro, il crollo dell’albergo Russia al Borgo Santa Lucia, la casa dell’architetto Astarita alle spalle del Grand Hotel Vesuvio; distrutto completamente il Molo Pisacane, il Molo Siglio ed i piroscafi Sicilia, San Luigi e il Lombardia. Il 4 aprile in un’incursione ad ampio raggio coinvolse le città meridionali di Siracusa e Palermo e Carloforte in Sardegna compresa la città di Napoli caduta di 222 morti solo quel giorno. Il 30 maggio, la sessantesima incursione aerea sulla città, provocò altri 200 morti ed il 12 luglio distrutto per intero il rinomatissimo Caffè Vacca alla Villa Comunale .
4 Agosto 1943
Fu il giorno in cui l’aviazione militare alleata attivò un incursione aerea estesa all’area perimetrale del Sud Italia in una processante spedizione di bombardamenti durata, a Napoli, un’ora ed un quarto, frutto delle mani e del lavoro dell’Uomoe dell’ operosa flotta aerea composta di 400 mezzi della Mediterranean Bomber Command, agli ordini del Comando militare States di stanza sulle coste africane, incalzati dall’ordine supremo vigente in tutta Europa affisso dall’allora Presidente Roosvelt convinto che con tal pratica avesse potuto più facilmente sollevare il popolo d’Italia contro gli oppressori tedeschi causa prima delle sofferenze loro inflitte.
Venne bombardata a tappeto, tutta via Toledo, tutta l’area del Monte Echia, Santa Lucia al Monte, rase al suolo il monastero delle Clarisse di Santa Chiara, parte delle strutture prospicienti la via di Benedetto Croce del Palazzo Filomarino della Rocca, il Palazzo Gaspare Capone, il palazzo Carafa della Spina ed il palazzo Petrucci ed i palazzi Sansevero e Corigliano a piazza San Domenico Maggiore; una bomba inesplosa si conserva ancora nella chiesa del Gesù Nuovo; ingenti i danni per il Palazzo Monteleone e Carafa di Maddaloni; spazzati via per sempre il cinema Coronaa Via dei Mille e gravissimi danni strutturali all’Ospedale dei Pellegrini alla Pignasecca8.
Crollato nello stesso giorno l’edificio della Centrale dei telefoni di Stato a via Depretis.
Parte del collegio dei Padri della Missione e della chiesa di Santa Maria al Borgo dei Vergini.
Danneggiata oltremodo la navata destra della chiesa Basilica Pontificia di San Giacomo degli Spagnoli a piazza Municipio.
L’incursione aerea più lunga di quel mese è datata 6 agosto 1943, che anticipò di un sol giorno l’incursione del 7 agosto, la più breve, durata pochi minuti ed un solo morto. L’ultima fu quella dell’8 settembre all’indomani dell’armistizio. Prima dell’arrivo delle incursioni tedesche del ‘44; la più lunga e la più tragica di tutte con 300 morti su Napoli, è datata 14 marzo, alla cui lista dei decessi andarono ad aggiungersi le morti e le distruzioni per il risveglio del Vesuvio qualche giorno dopo.
Le conclusioni
Gli esiti di quegli anni, la conta dei morti, il calcolo dei danni subiti hanno rilevato senza dubbio che l’Italia ancor meno Napoli, non furono preparati a sopportare una guerra di dimensioni globali, e, che il Duce ebbe erroneamente creduto fosse stata di breve durata e soprattutto fruttuosa per gli immensi interessi che le gravitarono attorno a partire dalla capitolazione francese del 1940.
I bombardamenti anglo-americani a tappeto sull’Europa e sull’Italia cessarono per decreto sugli accordi del 3 settembre del 1943 sull’onda dello sbarco degli alleati a Sud; tuttavia le incursioni aeree oltre a quelle tedesche continuarono anche dalla forza di liberazione: si ricorda il bombardamento del 7 settembre del 1944, inutile e fuori tempo rispetto alla fine dei combattimenti. Fonti di studio autorevole giustificano quel singolo episodio di attacco aereo alleato9 come intenzione inglese e americana di prostrare prima ed esasperare poi il popolo italiano all’odio fascista, poichè le guerre non si possono vincere senza convincere; gli studi condotti sulle ultime incursioni aeree alleate nelle ore immediatamente dopo il termine della guerra, porteranno maggior luce sulle responsabilità politiche di quelle azioni non autorizzate dal Comando; verrà fatta emergere l’intima volontà di personalità afferenti la Casa Reale, la Massoneria italiana, sottoposti ed amici politici del Maresciallo Badoglio e certi substrati clericali, nascosti a controllare le informazioni nelle impenetrabili sale della Biblioteca Vaticana in Roma, di vessare ancora e gratuitamente il popolo; supremo atto contributivo esplicato essenzialmente nell’intento di sortire la nuova specie italiana, epurata primariamente della sostanza nazista, del suo omologo fascista e specie nei ranghi militari estinguere il sentimento tedescofilo nei subalterni che sono più a diretto contatto con la truppa.
Spazio note
(1) Liberamente estratto da: Napoli durante la II guerra mondiale ovvero: i 100 bombardamenti di Napoli. Lucia Monda; vedasi anche: Direzione ed Archivio Storico de “IL MATTINO” di Napoli “Noi dobbiamo sottoporre la Germania e l’Italia ad un incessante e sempre crescente bombardamento aereo. Queste misure possono da sole provocare un rivolgimento interno o un crollo” (lettera di Roosevelt a Churchill, del 25 luglio 1941 – Doc. 67, pag. 151 – Loewenheim – Langley – Jonas, Roosevelt and Churchill; Vedasi anche: “Bombardare, bombardare, bombardare… io non credo che ai tedeschi piaccia tale medicina e agli italiani ancor meno… la furia della popolazione italiana può ora volgersi contro intrusi tedeschi che hanno portato, come essi sentiranno, queste sofferenze sull’Italia e che sono venuti in suo aiuto così debolmente e malvolentieri…” è ancora il pensiero del Presidente USA (Ib. del 30 luglio 1943, doc. 246, pag. 358).]
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