I Comitati per le case di necessità della Regione Campania MICHELANGELO SCANNAPIECO SCRIVANO AL PRESIDENTE MATTEO
All’Ill.mo Sig. Matteo RENZI
Presidente del Consiglio dei Ministri
Illustrissimo Signor Presidente,
rappresentiamo i Comitati per le cc.dd. “case di necessità” della Regione Campania e vorremmo rappresentarLe che, tranne interessate attenzioni elettorali, finora nessuno degli interlocutori con cui ci siamo rapportati ha inteso seriamente approcciare il problema per risolverlo in modo equanime: lo stile fattivo e schietto che Lei ha introdotto nella palude della politica ci fa ben sperare.
Come forse saprà, tra pochi giorni alla Camera dei Deputati inizia l’esame del disegno di legge, già approvato dal Senato, per la “graduazione” della esecuzione delle sentenze penali che, unitamente alla condanna, irrogano anche la sanzione accessoria dell’ordine di demolizione della costruzione abusiva: ancorchè meritevole, tale legge sarebbe un palliativo, non la soluzione del problema !
Vorremmo rammentarLe che noi cittadini della Regione Campania, in questa caso senza nostra colpa, non abbiamo potuto di fatto fruire del condono edilizio introdotto dall’art. 32 della legge 326/03 per effetto della L.R. 10/2004, poi dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 49 del 6 febbraio 2006, che aveva sostanzialmente azzerato l’operatività della norma: nelle more della pubblicazione della sentenza della Corte, però, era ovviamente spirato il termine perentorio del 10 dicembre 2004 per la presentazione delle domande e nessuno lo ha più riaperto !
Ciò premesso, interrogarsi, oggi, sul perché il fenomeno dell’abusivismo edilizio di “necessità” sia stato così diffuso in Campania, fino ad assumere il contorno di vera e propria emergenza sociale, ha poco senso: quello che ci sentiamo di esternarLe è il nostro senso di disagio nascente dalla consapevolezza di essere cittadini che hanno vìolato la legge e che oggi devono confidare in un provvedimento di clemenza per risolvere il problema, altrimenti drammatico, di non avere più la disponibilità di un alloggio primario e, spesso, anche il posto di lavoro per vivere dignitosamente.
Siamo consci che ciò debba avvenire senza “mortificare” lo Stato e senza incrinare l’indefettibile principio del “chi sbaglia paga”: ma proprio su tale principio vorremmo che si innestasse un ragionamento, sereno e pacato, per la fiscalizzazione dell’abuso.
Signor Presidente, abbiamo seguito con attenzione ed apprezzato la sensibilità umana mostrata dalla maggioranza di governo nel licenziare il c.d. decreto “svuota carceri”, in ciò recependo le doverose istanze per porre rimedio, come anche ripetutamente denunciato con forza dal Presidente Napolitano, all’indegnità di uno spettacolo che “.. non fa onore all’Italia ..” e ne “.. ferisce la credibilità internazionale ..”: ci perdoni l’ardire, ma non riteniamo che la nostra sia una condizione per la quale ogni ragionamento debba essere escluso a priori, anzi La invitiamo per un attimo ad immaginare le tremende conseguenze che deriverebbero dalla esecuzione delle decine di migliaia di demolizioni, con la difficoltà, probabilmente insormontabile nell’attuale congiuntura, di reperire ingentissime risorse economiche non solo da destinare alla materiale attività di “ripristino”, ma anche a fronteggiare l’emergenza socio/assistenziale per procurare alloggio a centinaia di migliaia di senza tetto.
Per tacere, poi, delle negative ripercussioni anche in campo occupazionale per la perdita dei posti di lavoro conseguente alla “eliminazione” delle aziende operanti in strutture non sanabili e, non ultimo, il problema del reperimento e della gestione di idonei siti per il conferimento dei materiali di risulta.
Non vorremmo, Signor Presidente, ingenerare il dubbio che il nostro sia il tentativo di forzare una scelta paventando disastri o scenari di tensione o, peggio ancora, innominabili commistioni od inquinamenti di malaffare: per tali profili, ci sentiamo di rassicurarLa perchè rappresentiamo un ampio spaccato di cittadini che, sbagliando, hanno “autonomamente” tentato di soddisfare l’aspirazione all’accesso al lavoro ed alla proprietà dell’abitazione, teoricamente garantiti e tutelati dagli articoli 3 e 47 della Costituzione.
Sappiamo bene, Signor Presidente, che tra i valori fondamentali della Carta Costituzionale vi è anche la tutela del paesaggio che noi, con la nostra attività, abbiamo invece contribuito a degradare: però vorremmo rappresentarLe che se tutto ciò è stato possibile, evidentemente non è dipeso soltanto dall’incultura di chi, come noi, ha agito in spregio alla legge, quanto, piuttosto, dall’inadeguatezza di una classe dirigente che non ha saputo né dare corso ad un’efficace azione di governo, né finanche approntare e mettere in moto un sistema sanzionatorio idoneo a stroncare la devianza.
Se ci si chiede come tutto ciò sia stato possibile si corre il rischio di cadere nella retorica, ma è nondimeno indispensabile per mettere a fuoco il problema: tutti, oggi, abbiamo il dovere di approcciare con sensibilità e responsabilità l’argomento per delineare una soluzione sostenibile ed idonea a scongiurare un dramma sociale dai contorni vastissimi.
Vorremmo dunque confidare nel Suo ascolto, Signor Presidente, per essere capaci di rappresentare, senza muovere sentimenti pietisti o di commiserazione, che anche noi viviamo una situazione molto simile a quella dei detenuti per i quali il Parlamento, massima rappresentazione della sovranità popolare, ha speso la propria attività per alleviarne le sofferenze: se non lo meritiamo, se non siamo degni di attenzione, Le chiediamo di esprimersi con la Sua consueta franchezza e di liquidarci pubblicamente.
Non riteniamo di meritare una simile sorte, anzi Le suggeriamo di valutare, paradossalmente, i benefici che ne verrebbero dal licenziare un sostenibile provvedimento di regolarizzazione: ci stupisca, Signor Presidente, con un decreto che, mantenendo certamente ferma l’insanabilità assoluta per le opere ricadenti in aree a rischio idrogeologico [idraulico e da dissesto da versante], a rischio vulcanico od in quelle protette naturali, preveda la dismissione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale, analogamente a quanto previsto di recente dall’art. 3 del decreto legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, in legge 29 gennaio 2014, n. 5, in tal caso, però, alienandoli con prelazione a favore dei soggetti realizzatori e con possibilità di rateizzare il pagamento, per rendere realisticamente sostenibile l’operazione, in un arco temporale variabile da 5 a 25 anni a seconda delle richieste degli aventi titolo, nonché di prevedere eventualmente uno sconto per coloro che, invece, abbiano eventualmente la disponibilità per provvedere in unica soluzione.
Ha idea, Signor Presidente, del flusso di entrate che verrebbe allo Stato dalla tassazione degli atti di trasferimento sulla base delle aliquote attualmente vigenti ?
Ha idea, Signor Presidente, del formidabile indotto economico che si innescherebbe nel comparto edile per effetto dell’obbligo di completamento funzionale degli immobili, che andrebbe imposto ai beneficiari del trasferimento contestualmente alla dismissione, prevedendosi negli appositi regolamenti comunali di ornato il ricorso a tecniche di bioedilizia ed alle fonti energetiche rinnovabili ?
Ad un’ipotetica obiezione che il solo l’annuncio di un provvedimento di clemenza già farebbe riacutizzare il fenomeno dell’abusivismo ci consenta, Signor Presidente, di obiettare che sotto il profilo tecnico i fotogrammi satellitari acclarano oramai con certezza il momento di realizzazione dell’abuso,mentre sotto il profilo squisitamente repressivo il decreto legge ben potrebbe modificare anche il vigente articolo 31 del testo unico dell’edilizia (D.P.R. 380/01), prevedendo la sanzione automatica della confisca per la realizzazione di nuove opere abusive ed imponendone la eliminazione, ad horas ed in danno del realizzatore, da parte del Genio Militare.
Un sistema così ridisegnato potrebbe forse rappresentare un giusto punto di equilibrio tra la pretesa punitiva dello Stato, che non può venire del tutto meno a fronte di un comportamento comunque scientemente in violazione di norme penali, e la concreta possibilità di eseguirla a costi sociali ed economici ragionevoli: per noi interessati, la fiscalizzazione dell’abuso rappresenterebbe la giusta pena ed il contestuale ristoro per la collettività lesa in un suo bene primario, quale il paesaggio nella sua accezione più ampia, da ripristinare anche con le risorse recuperate.
Confidiamo, Signor Presidente, nella Sua disponibilità per lo meno ad ascoltarci: se neanche questo ci vorrà concedere, non ci perderemo comunque d’animo e ci rivolgeremo anche a Sua Santità Papa Francesco, sperando di trovare in Lui un giusto conforto e l’ispirazione per unire le nostre forze in vista della battaglia politica per far emergere la vera natura del nostro problema e la dignità dei bisogni che chiediamo di considerare meritevoli di tutela.
Con i sensi più profondi della nostra stima.
Roma,
I Comitati per le case di necessità della Regione Campania
MICHELANGELO SCANNAPIECO (Utente dal Web)