Il Salone Margherita e la mossa.

22 agosto 2014 | 00:00
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Il Salone Margherita e la mossa.

Il cafè chantant più famoso d’Italia fu inaugurato la sera del 16 novembre 1890. E’ notte, da rotocalchi nella città internazionale  delle piume, dei costumi, delle mode, dei motivi musicali faranno presto il giro del mondo. Soluzioni tecniche di avanguardia, acustica perfetta, ottima visione da ogni posto, artisti numerosi chiamati ad abbellire pareti e palchetti. Ma dove non poté l’architettura intervenne la bellezza e il desiderio: sogni d’amore trasgressivo e d’avventura. Nessun rammarico per le Folies Bergère o il Moulin Rouge, Uomini ricchi e famosi preferiscono la capitale partenopea, le si concedono corpo e anima rimettendoci spesso il cuore. Passeggiare per la Galleria Umberto aiuterebbe l’immaginazione, ma scendere giù al Salone Margherita, respirare quell’aria di licenziosa perdizione,sarebbe l’ideale. L’antico foyer, al civico 65 di via Santa Brigida, una delle tre storiche entrate del salone, è diventato il Barbaro Cafè, un riflesso di innumerevoli specchi restituisce una parte di quell’atmosfera. Il resto è custodito nel ventre della Galleria,in attesa di essere riaperto. Soffitti altissimi di stucchi imbiancati e dipinti eccessivi, di lampadari brillanti che danno luce alla sala. A chiudere gli occhi xembra ancora di sentire l’esplosione alla fine di ogni esibizione: lanci di fiori sul palco, grida e applausi, seduzioni alimentate da sguardi compiacenti, baci elargiti con le mani agli spettatori. Il pubblico bramoso si scalda, con nomi sconosciuti, in attesa della celebrità da cartellone. Il francese si spreca sul menù, sui manifesti pubblicitari, sui contratti degli artisti: giovani vedette se improvvisano francesine, provette nei loro nomi nuovi e luccicanti. Rispondono in una lingua d’occasione, a camerieri in livrea, spettatori, amanti e ammiratori. E importava poco se la chanteuse diventasse sciantosa per un errore di pronuncia o la maggior parte di queste provenisse dai quartieri, dai vicoli, dalle strade più cupe e malfamate di Napoli. Erano bellissime, piene di energia e voglia di emanciparsi, tutto il resto si perdeva nella frenesia della notte. Il mondo passa da qui: la bella Otero, regina del cinema muto, Clèo de Mèrode, Armand’Ary, Consuelo Tortayata, Lucy Nanon, donne dal fascino indiscusso, che al ritmo di cancan fanno perdere la testa a principi e sovrani di mezza Europa. Moltissimi altri partono da questo palco: Lina Cavalieri, la donna più bella del mondo, Anna Fougez, l’aristocratica Lydia Johnson, ma anche Ferdinando Russo che, scampato alla guapparia, ironizza su gagà e signorini perbene perduti per ballerine senza scrupoli, o l’esploit dello straordinario Viviani figura maggiore, insieme a Eduardo, del teatro  napoletano del novecento. Storie d’amore e tradimenti si consumano dietro le quinte del teatro. Donne, soprattutto ballerine leggere di corpo e di animo, sorprendono per la tenerezza delle loro storie; Amelia Falcone, prima chanteuse napoletana, declinò l’invito privato di Vittorio Emanuele, perché si muoveva  solo se scortata dalla mammà, la celebre regina Eugenie Fougère che si innamorò perdutamente del giovane Vincenzo Scarpetta, che a lei preferì Napoli. Non è più tempo di Parigi, alla capitale francese manca qualcosa: lo stile liberty, le mode, le ballerine, gli spettacoli non bastano più, adesso c’è il calore partenopeo che spopola, la canzone, la macchietta, la mossa, Maria Campi, artista romana, un pomeriggio raggiunge Maria Borsa al teatro Partenope in via Foria. Si dice che qualcosa di sconvolgente accada durante i suoi spettacoli, qualcosa che obblighi spesso l’intervento delle forze dell’ordine. Oltraggio al pudore. Nasce la mossa. Il corpo ondeggia, seno e fianchi si muovono su un crescendo di tamburo. Il risultato è un’esplosione dei sensi. Neanche a dirlo, al salone Margherita è un trionfo. Quel colpo laterale dell’anca sconvolge il buon costume e fa il giro del mondo. Quella mossa ha un potere esorcizzante, allontana il male attraverso il riso. Un inno alla procreazione osceno e imbarazzante, recuperato nei meandri del corpo femminile. Si dice sia nata per propiziare riti di fertilità o per strappare un sorriso a una dea arrabbiata, e allora, tutto torna.