Per la criminalità organizzata ora il vero business è il turismo.

19 agosto 2014 | 00:00
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Per la criminalità organizzata ora il vero business è il turismo.
Per la criminalità organizzata ora il vero business è il turismo.
Per la criminalità organizzata ora il vero business è il turismo.

di Salvatore Caccaviello

Non è passato inosservato l'allarme lanciato da "il Fatto Quotidiano" di ieri 18 Agosto circa la situazione che da tempo si è ormai consolidata nel Salento, un'area dalle bellezze uniche che attira ogni anno migliaia di turisti sia da altre parti Italia che dall'estero. Un 'economia turistica condizionata dalle regole dettate dalla malavita organizzata che inevitabilmente ne bloccherà lo sviluppo.Un monito per altre regioni ed aree turistiche meridionali compreso la penisola sorrentina dove il contrasto alle infiltrazioni malavitose nel tessuto socio economico deve iniziare per forza di cose dal rispetto delle regole che la Legge impone.

Sorrento – Oggi abbiamo ritenuto opportuno pubblicare,per i lettori della penisola sorrentina ,l’interessante  articolo di Tiziana Colluto dal quotidiano on line Il Fatto Quotidiano.it ,diretto da Peter Gomez. Una attenta analisi di ciò che si sta verificando da tempo in una regione vicino al nostro territorio, la Puglia. Dove la malavita organizzata sembra farla da padrone mettendo le mani  sull’unica attività ancora in attivo nel nostro Paese , il turismo. Un articolo che va letto con attenzione, dal quale si potrebbe dedurre che ormai tra le tante altre attività da cui trarre loschi guadagni la criminalità organizzata è orientata verso tale settore. Il turismo e con esso il patrimonio storico culturale dell’intera nazione rappresenta una grande ricchezza per il popolo italiano e probabilmente rappresenta l’unica ancora di salvezza su cui aggrapparci per risollevare le sorti di questo nostro Paese. Una situazione,quella pugliese così come in altre splendidi territori meridionali,che potrebbe essere da monito anche per il nostro territorio. Pertanto urge, se non è troppo tardi, che le Istituzioni e le autorità locali preposte al controllo del territorio e l’intera cittadinanza, di fronte a tali allarmi,oltre ad una attenta riflessione, si rendano conto del pericolo a cui si è esposti e correre  eventualmente ai ripari. Come è noto in  penisola sorrentina ed in costiera amalfitana,l’economia turistica, mantiene da sempre uno standard alquanto elevato ed indisturbato che ha permesso nel corso di decenni alla popolazione locale un certo livello di  benessere ma che di fronte a tali realtà, senza opportuni accorgimenti ,potrebbe essere seriamente messa in discussione. I nostri amministratori varie volte ci hanno assicurato che Sorrento e la penisola sono assolutamente immuni da tali fenomeni, che la malavita organizzata si mantiene lontana poiché il nostro  è un territorio alquanto controllabile e che quindi sia gli imprenditori che i cittadini possono dormire sonni tranquilli. Mai nessuno verrà a bussare alle nostre porte! Sarà proprio così? Ciò nonostante in molti rimpiangono i tempi andati. La nostra città e con essa l’intero territorio peninsulare, negli ultimi anni sono afflitti da fenomeni che non ci appartengono. In netto contrasto con la nostra storia, con i tradizionali modi sorrentini di praticare quel buon turismo che ci ha reso famosi in tutto il mondo. Uno spalancare le porte ad una moltitudine di pseudo imprenditori provenienti dai paesi limitrofi con un continuo aprirsi e chiudersi di nuove attività; rilascio con una certa facilità di licenze ed autorizzazioni; una scarsissima vigilanza lungo l’intero territorio con un successivo continuo violare delle più elementari norme del vivere civile, figuriamoci del fare ospitalità. Una città sempre più caotica,dal mare inquinato e dall’aria talvolta irrespirabile. Un totale abbandono delle nostre strade, delle piazze che di notte si trasformano in terra di nessuno. Se al modo con il quale viene trattato il  nostro patrimonio artistico culturale, il continuo assalto al nostro verde pubblico ,praticato così come in altri settori, da ditte dell’Hinterland che vengono favorite ai nostri giovani imprenditori,aggiungiamo una continua speculazione edilizia mai contrastata concretamente,si può facilmente dedurre che il nostro territorio si avvia verso quel degrado irreversibile tanto temuto ma mai contrastato. Un territorio senza un vero controllo , dove anche le Forze dell’ Ordine la cui azione oltre alla mancanza di mezzi, sembra essere sempre più limitata. Dove invece furbastri dell’ultima ora, talvolta appoggiati da assurdi  comportamenti di chi è chiamato ad applicare le leggi continuano indisturbati nelle loro attività illecite. Strafottendosene  di qualsiasi norma o ordinanza varata dalle autorità. Visto la stagione esempi lampanti come Recommone , la Pignatella la costa di Marciano ed altri ancora stanno a dimostrare che lungo il nostro territorio la mancanza dell’imporre il rispetto delle regole, unico e vero rimedio contro qualsiasi infiltrazione malavitosa, sono segnali che stanno ad indicare che si può fare come si pare, una sorta di Eldorado a cui ognuno sembrerebbe invitato. Un terreno fertile, appetibile a chi senza alcuna competenza, ma con forti capitali, di dubbia provenienza,potrebbe accingersi a dare un vero e definitivo assalto al territorio sorrentino. Situazione che a quanto pare al momento non sembra interessare alle Autorità locali,alle Istituzioni ne tantomeno ai nostri storici imprenditori…- Si augura pertanto una buona lettura senza escludere una seria riflessione. 19 Agosto 2014 – salvatorecaccaviello positanonews.

da il Fatto Quotidiano del 18agosto 2014

Salento, la Sacra Corona Unita cambia pelle: ora il vero business è il turismo.

Non solo droga ed estorsioni, ma anche e soprattutto gestione dei parcheggi privati, servizi di guardia e security per lidi, discoteche e bar: così la quarta mafia ha messo le mani sull'economia più fiorente del Sud Italia. Lo rivelano le inchieste della procura di Lecce. E sullo sfondo c'è l'ombra della camorra

di Tiziana Colluto | 18agosto 2014

Quando cammina tra gli ombrelloni, sotto il sole cocente, ha passo sicuro e ripete quel che deve dire: “Cocco fresco, cocco bello!”. Ha un chiarissimo accento campano e quando gli chiedi che ci fa su quest’altra sponda, lui, il venditore ambulante, risponde con nonchalance: “Questa zona è nostra, l’abbiamo presa noi”. Melendugno, Lecce. Agosto 2014. E’ una frase che potrebbe raccontare molto di quanto accade sulle spiagge italiane più ambite degli ultimi anni, quelle del Salento. Dalle spie di appetiti camorristici, tutti ancora da esplorare, ai tentacoli della mala locale, già accertati e in parte spezzati: dei soldi i clan seguono l’odore, che in estate, da ormai un po’ di tempo, conduce dritti nel Tacco d’Italia. Lo conferma il tris di operazioni che dall’inizio dell’anno la Procura di Lecce ha portato a maturazione. Lo ribadiscono le intimidazioni ai danni di gestori di lidi e locali da ballo lungo la costa: proiettili in busta e roghi nella notte. L’allerta ha calamitato nel Salento, lo scorso febbraio, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e ha indotto la Prefettura a stilare appositi protocolli. La lotta è su più fronti: oltre alla strada giudiziaria, si cercano sponde tra gli amministratori e imprenditori. Non sempre si trovano. Anzi, l’atto d’accusa lanciato a più riprese da Cataldo Motta, timoniere della Dda leccese, è un macigno: “Ci sono vittime che anziché denunciare chiedono addirittura protezione alla criminalità. E’ la cultura dell’omertà”. – Uno schiaffo per la terra che, tranne in alcuni casi, ha saputo isolare da subito le devianze, non concedendo alla mafia il terreno del consenso sociale. Da una Sacra Corona Unita tutta bombe e pistolettate alla ‘Scu spa‘ il passo è stato breve. Conserva i traffici di droga, certo; ricicla denaro sporco, ovvio; ma ha fiutato l’affare del presente e del futuro della Puglia meridionale: il turismo. Almeno nell’ultimo triennio, ha provato a spremerlo ‘offrendo’ suoi servizi attraverso società dal volto in apparenza pulito. E’ così che ha conquistato il quasi monopolio della gestione dei parcheggi privati in località rivierasche gettonate e, soprattutto, si è accaparrata i lauti guadagni della security di stabilimenti, discoteche, bar. A Gallipoli, ha obbligato un’agenzia di vigilanza a farsi da parte e l’ha sostituita con le proprie. Nessuno degli imprenditori ha detto no; tutti si sono adeguati in maniera tranquilla e indolore alle indicazioni provenienti dal clan Padovano. – Nel Capo di Leuca, ha taglieggiato gli operatori balneari. E questi, paradossalmente, hanno in parte risposto pagando il pizzo preventivamente, perché “da stasera possiamo stare tranquilli”, come confida uno di loro ad un amico. E’ il particolare più difficile da digerire quello che emerge dal verbale delle intercettazioni di “Tam Tam”, la prima controffensiva in questo settore, quella che il 18 febbraio ha portato dietro le sbarre quindici uomini. Non c’è stato un esposto a dare impulso alle inchieste della Procura. Sono tutte e solo figlie di indagini di mafia già in piedi e capaci di captare il nuovo corso, assolutamente inedito, della Scu. L’unico a decidere di denunciare è stato Gianluca De Giorgi, collaboratore locale della Az Securteam di Napoli, colui che operava in maniera quasi totalitaria nel settore della sicurezza dei locali di intrattenimento a Gallipoli, costretto poi a fare un passo indietro dopo una rapina ad una discoteca da lui vigilata, i colpi di fucile contro l’abitazione della madre, i furti in casa e l’incendio del suo box auto. – Per il resto, ha regnato il silenzio. Ed è questo uno dei due pilastri che ha consentito alla quarta mafia di fare il salto di qualità. Emerge senza equivoci anche dall’ordinanza con cui lo scorso 17 luglio il gip Giovanni Gallo, su richiesta del pm Antonio De Donno, ha disposto l’arresto di altre quindici persone, nell’ambito dell’operazione del Ros denominata “Baia Verde”. Scrive il magistrato: “Proprio il ‘silenzioso e meccanico’ adeguamento degli imprenditori balneari alla (neanche tanto implicita) indicazione proveniente dai capi del clan Padovano costituisce l’elemento più preoccupante, in quanto chiarisce che, come accade nelle vicende tipicamente mafiose, l’intimidazione si estrinseca in un sentimento diffuso e avvertibile nella popolazione che, consapevole delle violenze o minacce perpetrate nel passato, vive in uno stato di assoggettamento che rende inutili gli atti di violenza. […] Si tratta di un modo di operare che conferma un mutamento delle modalità operative della criminalità salentina, la quale non risulta essere più dedita solo al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni, ma è capace di inserirsi nell’attività imprenditoriale e spazzare via la concorrenza, non disdegnando, per raggiungere i propri obiettivi, di fare pressioni sulle amministrazioni pubbliche, come dimostrano in maniera eclatante le intimidazioni subite dal sindaco di Gallipoli”.

E’ questo novello core business, la capacità della Scu di mimetizzarsi nel mondo economico e di trarne linfa senza incontrare ostacoli ciò che più incupisce gli inquirenti. La loro lente ha scrutato anche dell’altro: la pax mafiosa aiuta gli affari dei clan, che hanno smesso di farsi la guerra che bagnò di sangue gli anni Novanta per intrecciare una forte collaborazione. E’ la seconda colonna portante alla base della holding criminale. I grani del rosario, il simbolo della Sacra Corona Unita, si stringono a corte. Non è un semplice evitare di pestarsi i piedi a vicenda. E’, anzi, il mutuo soccorso nel rincorrere insieme il flusso di soldi che genera l’industria turistica, che per quest’anno premia di nuovo la Puglia come regina delle vacanze italiane. “Tam Tam”, che ha svelato il sistema estorsivo imposto ai titolari di stabilimenti nel basso Ionio, ha confermato l’esistenza di un patto di ferro tra i Montedoro, operanti nel Sud Salento, e il clan Vernel, i cui presunti referenti sono i fratelli Antonio, Andrea e Gregorio Leo, attivi sul versante adriatico, tra Calimera, Vernole e Melendugno. – Anche in quest’altra zona, i proprietari dei lidi erano costretti a versare il 25 per cento dei ricavi alla mala e concederle in esclusiva la gestione dei parcheggi nelle zone limitrofe, i servizi di vigilanza e di guardiania. E’ ciò che hanno appurato le indagini dirette dal pm Guglielmo Cataldi nell’ambito dell’operazione “Network”: il 26 febbraio scorso, nei guai sono finite 43 persone. Sono stati tre collaboratori di giustizia, tra cui Alessandro Verardi, esponente di vertice dei Vernel, a rivelare l’architettura di ulteriori rapporti: con Salvatore Rizzo, capo storico della Scu, per i traffici di droga da e per la Spagna; con i gruppi di Roberto Nisi e Pasquale Briganti nel capoluogo e con quello di Bruno De Matteis a Merine. “Baia Verde”, invece, ha ribadito la sussistenza dell’asse storicamente forte tra il sodalizio gallipolino e i Tornese di Monteroni. Dopo l’omicidio di suo padre Salvatore su ordine del fratello Pompeo Rosario, il 25enne Angelo Padovano ha preso in mano le redini degli affari grigi nella “città bella”. – E’ l’accusa per cui è stato arrestato a luglio assieme a Roberto Parlangeli, compagno della sorella e legato, appunto, ai Tornese. E’ questo il contesto in cui probabilmente vanno calate anche recenti intimidazioni eccellenti: la busta con tre proiettili ritrovata davanti al lido del presidente della Camera di Commercio di Lecce, Alfredo Prete, e le pallottole recapitate al responsabile del Sindacato italiano locali da ballo, Maurizio Pasca, che ha puntato il dito contro “i ritrovi non autorizzati, eventi molto appetibili per la criminalità”. Di certo c’è che ha avuto finora una spiccata impronta autarchica questo business, orchestrato dalla Scu e a danno dei salentini. Non si esclude che possa far gola anche ad altri. Il riserbo è totale. Ma qualche “cocco bello” sospettato di essere la punta di un nuovo iceberg inizia ad essere notato, come accadde già nel 2010 sulla riviera romagnola e poi su quella veneta.Da “Il Fatto Quotidiano” del 18 agosto 2014.