Terrorismo, Gentiloni: “Rischio infiltrazioni da immigrazione”. Italiano “irreperibile” in Libia

22 gennaio 2015 | 00:00
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Terrorismo, Gentiloni: “Rischio infiltrazioni da immigrazione”. Italiano “irreperibile” in Libia

 "Ci sono di rischi di infiltrazione, anche notevoli, di terroristi dall'immigrazione. Per fortuna i nostri apparati di sicurezza sono allertati e funzionano, ma questo non ci consente di abbassare minimamente il grado di preoccupazione. Ma nessun Paese democratico può avallare alcuna confusione fra fenomeni migratori e terroristici e diffondere l'idea che dietro i barconi di disperati che approdano sulle nostre coste si annidi il terrorista col kalashnikov. Sarebbe un errore culturale, oltreché improbabile, dal punto di vista tecnico". Così il titolare della Farnesina, Paolo Gentiloni, a Londra per partecipare alla riunione, in formato ristretto, dei 21 ministri degli Esteri della coalizione internazionale anti Stato Islamico, alla quale partecipano il segretario di Stato Usa John Kerry e rappresentanti di Ue e Onu. Si discuterà dei temi militari nel conflitto contro il "califfato", del fenomeno dei foreign fighters, del contrasto ai sistemi di finanziamento dell'Is e di aiuti umanitari.

La riflessione di Gentiloni sul rischio di importare terroristi sulle vie dell'immigrazione giunge nel giorno in cui un cittadino albanese è stato arrestato all'aeroporto di Catania con documenti falsi e una drive-pen contenente foto in cui imbraccia il kalashnikov, mentre lunedì è stato espulso un kosovaro di 22 anni residente nel cremonese, che aveva esultato sui social network per la strage di Charlie Hebdo, dicendosi pronto ad "atti estremi" per difendere l'onore del profeta e di essere intenzionato a partire per la Siria per unirsi all'Is. 

Quanto al contrasto all'immigrazione illegale, il ministro è convinto che più della forza serva la cooperazione. "I flussi migratori dai Paesi dell'Adriatico e dall'Albania non sono stati risolti schierando le truppe, ma con strategie, accordi e cooperazione" ha osservato Gentiloni, che poi ha citato il caso della Tunisia: "Paese dal quale nel 2014 abbiamo avuto pochissimi arrivi. Lì c'è stata una ripresa dello Stato e accordi di cooperazione con l'Italia". Diverso, per la complessa situazione interna, "il caso della Libia, da dove nel 2014 sono transitate e poi arrivate in Italia circa 140mila persone in 826 sbarchi".

Da chi arriva dalle aree calde della terra agli italiani che in quei luoghi viaggiano e operano. Lo stesso Gentiloni, reduce dal rilascio delle cooperanti Vanessa e Greta, ha confermato il caso di un italiano scomparso in Libia, senza sbilanciarsi sull'eventualità di un sequestro. Secondo indiscrezioni, l'uomo sarebbe un medico operante nel Paese nordafricano. "Seguiamo il caso con il riserbo che è consueto in questi casi", ha spiegato il ministro. Sulla possibilità di una legge sui viaggi a rischio, "valuteremo – ha aggiunto -, se ci sono proposte. Serve grande chiarezza nelle regole, nelle indicazioni, e nei divieti, dopo di che lo Stato alla fine interviene anche a salvare i suoi cittadini".

A Lancaster House, a pochi passi da Buckingham Palace, si incontrano i capi delle diplomazie dei Paesi occidentali e arabi più coinvolti nella lotta agli jihadisti dell'Is, in una coalizione a cui aderiscono circa 60 paesi. In particolare, i ministri degli Esteri di Usa, Regno Unito, Australia, Bahrein, Belgio, Canada, Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Iraq, Italia, Giordania, Kuwait, Norvegia, Paesi Bassi, Qatar, Arabia Saudita, Spagna, Turchia, Emirati Arabi. I risultati del vertice verranno poi presentati in una conferenza stampa al Foreign Office britannico. Il ministro Gentiloni, dopo la riunione, tornerà subito in Italia, per la riunione del Consiglio dei ministri che discuterà appunto di terrorismo, missioni internazionali e progetti di cooperazione.

Prima dell'inizio dei lavori, Gentiloni ha assicurato che "al momento l'impegno italiano" contro l'Is in Iraq e in Siria "è considerato adeguato. Siamo il secondo Paese più importante nell'addestramento delle forze che combattono sul terreno e lavoriamo molto sulla ricognizione aerea". Per quanto riguarda il Kurdistan iracheno, "abbiamo già importanti progetti di cooperazione per 24 milioni di euro", ha aggiunto Gentiloni, "e faremo ancora di più". Dal ministro è arrivata la conferma che "oggi il Consiglio dei ministri approverà i finanziamenti" degli aiuti per il 2015.

Se l'impegno italiano è adeguato, il ministro degli Esteri si aspetta piuttosto, soprattutto dopo i fatti di Parigi, "il rilancio di un impegno" nella lotta agli jihadisti "anche da parte dei Paesi a maggioranza islamica, pure loro bersaglio del terrorismo. In Occidente c'è un moltiplicarsi e un rafforzarsi dell'impegno contro queste nuove forme di terrorismo, un terrorismo che si fa Stato, con anche Al Qaeda che torna prepotentemente e con Boko Haram che in Nigeria fa cose terribili. Quanto ci si aspetta anche dai Paesi islamici. E' anche una battaglia culturale. Per esempio, in Egitto si sta lavorando sull'interpretazione del Corano. Ma non è una cosa facile: questi governi hanno a che fare con un'opinione pubblica divisa sul contrasto al terrorismo". La conferenza di oggi, ha specificato Gentiloni, è anche un modo per "coordinare" i Paesi arabi.

Repubblica