La foto nel corpo del presente articolo che è un’antica immagine di Piazza Vanvitelli, riporta la mia memoria prima a scritti letti nel corso di vari anni e poi ai miei anni verdi.
Sul Vomero si è già scritto parecchio, mi limiterò quindi, in qualità di vomerese da oltre 40 anni, a brevi cenni che a mio avviso possano interessare i giovani su fatti ed origini a loro poco noti e riportare i vomeresi meno giovani ai loro ricordi.
La collina del Vomero, tra i secoli ‘500 e ‘600, rimase coinvolta in fatti politici quando sotto il dominio Spagnolo, Napoli da regno divenne viceregno.
Quando nel 1527, i Francesi ritentarono la conquista di Napoli, fu fortificata la cinta muraria, il Castel S. Elmo e furono costruite ad Antignano delle trincee piazzandovi a difesa cannoni e soldati.
Nel 1535, Carlo V ordinò la costruzione sulla collina di un forte che fu terminato nel giro di 3 anni. Esso fu costruito in modo da poter tenere sotto controllo tutta la Città.
Nel 1547, all’interno del forte, fu costruita una chiesa dedicata a S. Elmo. Il 13 Dicembre 1587 un fulmine colpì la polveriera di Castel S.Elmo che subì gravi danni. Il forte fu poi riparato nel 1599 da Domenico Fontana. A breve distanza, su uno sperone roccioso in posizione panoramica, sorge la Certosa di S. Martino, un grande convento edificato nel ‘300 e ristrutturato nel ‘500 e nel ‘600, tanto da risultare una delle migliori espressioni del barocco seicentesco napoletano. Oggi è sede del Museo Nazionale di S. Martino, nel quale si possono visitare opere del barocco napoletano, ricordi storici del Regno di Napoli, sculture, presepi con pastori del ‘700 ed altro.
Ai margini del Vomero c’è la Floridiana una splendida villa costruita nel 1819 per la moglie di Ferdinando I; all’edificio è annesso un grande parco verde con templi, terrazze panoramiche ed un palazzetto che ospita il Museo Nazionale della ceramica Duca di Martina.
Prima che la collina del Vomero subisse lo sviluppo edilizio che ne ha fatto un popoloso quartiere residenziale, era indicato come “il quartiere dei broccoli, delle ciliegie e del vino”.
Ricordo che negli anno 1947/48 frequentavo la casa di mio cugino che aveva la mia stessa età ed abitava in Via Conte della Cerra. Spesso da casa sua ci spostavamo in un grande terreno che sbucava vicino all’attuale Piazza Leonardo. Forse era quella l’ultima coltivazione dei “broccoli”.
Poi subentrarono le nuove costruzioni ed assorbirono tutta quell’area. Frequentemente organizzavamo balletti in casa, (all’ora non esistevamo le discoteche). Altre volte andavamo nella Floridiana che brulicava di mamme con bambini che conducevano a respirare aria salubre.
Bei tempi, puliti, spensierati e felici! Poi mio cugino ed io prendemmo indirizzi diversi e le nostre frequentazioni ebbero termine.
Su questa ridente collina verde, cambiamenti urbanistici ed edilizi dagli inizi degli anni 50 la trasformarono in un nuovo rione residenziale, ma quelli più stravolgenti avvennero tra gli anni 1950, 1970, 1980 e le tolsero quasi tutto il verde.
Nel tempo il Vomero ha dato figure più o meno nobili che hanno portato in se una impronta umana innegabile, ma ormai, nessuno di loro è più rimasto, forse ne esistono ancora solo i discendenti.
Quando venne purtroppo, il tempo in cui i broccoli furono soppiantati dal cemento ed il Vomero perse la propria fisionomia di collina dove ci si veniva d’estate per respirare aria pura, si realizzarono grossi insediamenti nella gran quantità di edifici costruiti a danno del verde e di questa tranquilla oasi collinare.
Secondo le testimonianze del Summonte e del Capasso la denominazione Vomero, deriva dal giogo del “Vomere”.
Il Vomero, pare fu costruito in forma di casale sviluppandosi lungo la “strada del Vomero” costituita dalle attuali vie del vecchio Vomero: Santo Stefano, Belvedere, Doria, Pitloo, Cifariello e Torrione S. Martino.
L’Arenella, che ebbe la stessa configurazione, prese il nome delle arene che la pioggia trascinava dai Camaldoli. La località Monte Donzelli prese il nome dello scienziato Giuseppe Donzelli.
Altro casale del Vomero Antignano, pare fosse attraversato dalla via Antiniana che scavalcava la collina, scendeva per Soccavo e raggiungeva Pozzuoli.
Il Vomero è ricco di antiche ed importanti chiese: “ il Prospetto all’Eremo dei Camaldoli, San Martino, la Piccola Pompei, S.M di Costantinopoli, S.M del Soccorso, S.M della Libera, S.M della Purità, Santo Stefano, Regina Paradiso, L’Addolorata, San. Gennaro, S. Francesco, S. Anna all’Arenella, Sacro Cuore di Gesù ed altre.
Nel vecchio Vomero c’era anche il villaggio delle lavandaie. Il Vico Acitillo (che pare tragga il nome dall’odore acido dell’acqua di bucato riversato al suolo) che lo attraversava in senso trasversale con una serie di lavatoi, che almeno dal XVIII sec. Costituivano il principale strumento di lavoro delle lavandaie, che con braccia e voce cadenzavano il ritmo di lavoro, costituì l’inno delle lavandaie: caro Cupido, famme’ no favore, o quella jèsce sole, che nata spontaneamente tra le lavandaie è stato saccheggiatp come tanti inni popolari.
Il Vomero è ricco anche di edicole votive che per ragioni di spazio, non elenco tutte e cito solo quella che ritengo la più significativa: il crocifisso ligneo dipinto, collocato sin dal XVII sec. All’incrocio tra Via Bernini e Torrione S. Martino.
L’immagine del Cristo in croce è contornata dai simboli della passione. Essa fu restaurata nel 1929 e nel 1987.
Il Vomero è stato importante anche nel campo della cinematografia. Infatti, nell’anno 1910 in Via Solimene sorse la “Partenope film” che produsse il primo film di Francesca Bertini “Primavera di Lacrime” e vari altri film tra cui “Testa per Testa” con Raffaele Viviani. Della sua attività si verificò la recessione tra il 1922 ed il 1926.
Nel 1914, in Via Cimarosa sorse la “Napoli film” dove si produssero vari film. Successivamente trasformata in “Titanius” la produzione si indirizzò verso film di ambientazione napoletana che riscossero particolare successo tra gli emigrati napoletani in America.
Nel campo della ristorazione del vecchio Vomero, Vincenzo Pallino ne fu il simbolo, mentre nel periodo successivo in Via Aniello Falcone sorse il ristorante D’Angelo di Alfredo Attolini, sempre affollato sino a tarda ora anche dagli artisti che recitavano al teatro Diana. Famosa fu la pizza “Cu’ o segreto” che contribuì a portare Attolini alla celebrità. Negli anni 50 vi si esibiva la “posteggia” più affermata della città che più tardi fu soppiantata dalle esibizioni di Fausto Cigliano alla Tavolozza, primitivo piano-bar annesso al ristorante.
Sul finire degli anni 50 le fiamme divorarono lo chalet ma Attolini in pochi mesi ricostruì la struttura in muratura. Negli ultimi tempi il locale aveva cambiato nome e gestione, ma ciò durò poco. Oggi, i Vomeresi hanno di nuovo D’Angelo in Via A. Falcone di fronte al mare di Napoli.
Anche Eduardo Scarpetta fu sensibile al richiamo del Vomero; infatti, egli fece costruire in Via Luigia San Felice una villa per se e la famiglia che prese il nome di Santarella. Sulla facciata fece apporre la scritta “Quì rido io”. Egli vendette la villa nel 1911 mentre la denominazione Santarella è rimasta nel tempo ad indicare l’intera zona.
I collegamenti tra il Vomero ed il centro del vecchio Vomero erano a piedi ed a dorso di mulo, poi nel 1899 esso fu collegato con linee tranviarie.
Nel 1956, a Napoli ci fu la più abbondante nevicata che io ricordi, con gli amici ci recammo a Piazza Vanvitelli dove c’erano ragazzi con slittini e sci, bambini che costruivano pupazzi di neve, battagliando tra loro con palle di neve. Le scuole sospesero le lezioni ed il fenomeno (tale era per Napoli) durò alcuni giorni.
Lo scempio edilizio che coinvolse il Vomero risparmiò fortunatamente la bellissima villa dei Casciaro che ammiriamo ancora in Via Luca Giordano. Giuseppe Casciaro, allievo di Palizzi e Morelli diede vita con altri artisti, al gruppo dei “pittori d’altura” che operavano al Vomero. Il figlio Guido proseguì nella scia paterna e verso il 1930 costituì il gruppo “Flegreo” distaccandosi dal tema paterno per dedicarsi a dipingere angoli caratteristici del Vomero.
Negli anni 68/69 nacquero vari gruppi musicali Rock e Pop che si esibivano al Club 55, al Bandiera gialla, al Seventh Sky ed al Niagara.
Nel 1978 partì la prima televisione privata “ Televomero” che prosegue tutt’ora la sua attività. Nel corso di questi ultimi anni con l’entrata in funzione del metrò collinare e del potenziamento dei mezzi di trasporto, il Vomero, è diventato un centro di grosso interesse commerciale. Numerosi i negozi di ogni genere, bar, ristoranti, pizzerie e abbigliamento. Si organizzano manifestazioni, mostre e spettacoli che hanno forse lo scopo di portare il Vomero in un “girone più alto”, ma l’obiettivo non è facile perché, a mio parere, c’è ancora molto da fare e da riguardare.
Anche la circolazione veicolare è diventata caotica ed alcune strade sono state chiuse al traffico.
Ritengo che il Vomero, per la sua storia pregressa, per le opere d’arte, per gli sforzi compiuti e che si vanno compiendo per valorizzare il quartiere, debba essere oggetto di più attenzione da parte di coloro che ne vogliono “sinceramente” sancire l’evoluzione da quartiere “ dei broccoli” a quello di grande centro commerciale e turistico.
Alberto Del Grosso
Giornalista Garante dei lettori
di Positanonews
Alcuni passi tratti da:
“C’era una volta il Vomero” di Sergio Zazzera – lettere italiane – Guida editore. Dal mensile “Vomero Oggi” edizione Febr -Mar 2002