Terrazzamenti Costiera Amalfitana: La Comunità della Terra per fermare il “Land Grabbing”

24 marzo 2015 | 00:00
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Terrazzamenti Costiera Amalfitana: La Comunità della Terra per fermare il “Land Grabbing”

L’Expo 2015 sta già dando vita a dibattiti, articoli, trasmissioni televisive ed iniziative legate all‘alimentazione ed all’agricoltura, alla luce degli scenari globali: la genuinità degli alimenti come necessità sociale da riconoscere universalmente e la diffusione di prodotti agro-alimentari come valore economico primario del futuro.
La terra è l’affare del secolo ed il territorio assume un ruolo centrale come anche qualità e genuinità del cibo e la tradizione nella coltivazione agricola locale, quale frutto di esperienze millenarie si innesterà alle innovazioni scientifiche e tecnologiche.
L’Italia è al primo posto nel settore dell’alimentazione di qualità quindi è una priorità rendere consapevole il consumatore su quanto effettivamente ci sia di “italiano” nelle produzioni made in italy.
La produzione agricola non riesce più a soddisfare la domanda ed ormai appare chiaro che gli agricoltori non possono produrre di più e che le filiere vanno ridimensionate se si vuole pagare prezzi più remunerativi agli agricoltori e favorire la ripresa delle aziende agroalimentari locali, in sostanza non può più rappresentare solo un’utopia quella di una filiera operante come un’unica grande impresa, sul modello aziendale “produzione-trasformazione-vendita” rivolta direttamente al consumatore.
Il nuovo strumento del “Distretto Rurale”, introdotto nel 2001 e riconosciuto dalla Regione Campania purtroppo solo da qualche mese, offre qualche imput in tal senso, visto che è rivolto a sistemi locali di forte ruralità nelle dinamiche socio-economiche e nella struttura paesaggistica, con un’identità storica e territoriale omogenea, frutto di integrazione fra attività agricole e altre attività, con presenza anche di produzioni particolari. Non si tratta però di un semplice “contenitore” di imprese ma di un vero e proprio sistema di collaborazione produttiva e commerciale in una rete di servizi comune con un obiettivo condiviso.
L’elemento indispensabile ma anche quello più a rischio è rappresentato proprio dalle “persone” e da quanto risultano disposte, nella competizione-collaborazione, a condividere saperi e creare relazioni per affrontare sfide che altrimenti non sarebbero capaci di gestire singolarmente.
La condivisione di problemi e la divisione di profitti avviene normalmente nell’evoluzione dell’identità delle comunità locali ma necessita anche di fisiologici tempi di crescita per riuscire a sviluppare un linguaggio comune, favorire la convergenza di interessi, conoscenze ed informazioni avvalendosi solo in parte del sostegno di specifiche politiche locali.
La Costiera Amalfitana rappresenterebbe l’ideale più qualificante di “Distretto rurale” la cui identità, strutturata sul “terrazzamento” è la sintesi perfetta di tutte le filiere agricole, forestali ed alimentari, ed il suo principale obbiettivo dovrebbe scongiurare la piaga delll’abbandono agricolo. I terrazzamenti rappresentano infatti l’essenza del paesaggio stesso della costiera ed il contadino-custode, il vero protagonista del territorio, già riconosciuto dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità e che punta ora ad ottenere anche il riconoscimento di Riserva Mondiale della Biosfera.
L’agricoltura dei terrazzamenti ha subito un drastico ridimensionamento per lo sviluppo di una economia turistica di tipo avanzato che unitamente all’incremento dei costi di produzione agricoli ha portato al loro progressivo abbandono e al conseguente degrado ambientale. Storicamente nelle stagioni con minor fabbisogno, la forza lavoro disponibile era impegnata nella realizzazione e sistemazioni dei terrazzamenti e lo spopolamento ed i problemi relativi alla manutenzione, incompatibili con la meccanizzazione e proibitivi per l’elevato costo della manodopera, hanno comportato una progressiva intensificazione dei fenomeni di erosione e dissesto idronologico .
Il particolare contesto socio-rurale costiero tuttavia offre ancora ampi spazi di ripresa grazie alla sopravvivenza di particolari comparti agricoli tradizionali, associati a prodotti tipici regionali di particolare pregio, oggetto di crescente interesse sui mercati internazionali per i marchi di tutela DOP e IGP: il settore della viticoltura di specie autoctone e quello dello sfusato amalfitano, specificità che usciranno rafforzate anche dalla candidatura della Costiera amalfitana a “Riserva Mab”, finalizzata proprio alla salvaguardia dell’ecosistema e della sua biodiversità.
Il difficile raggiungimento dei terrazzamenti se da un lato ha rappresentato motivo di abbandono della terra, dall’altro ne ha limitato l’antropizzazione, attutendo l’impatto sull’ecosistema e consentendone ancora un possibile recupero nonostante gli interessi economici legati alla globalizzazione del turismo siano diventati sempre più veloci e pressanti. Il rischio da scongiurare anche qui è quello della “gentrification”, ovvero della ristrutturazione sociospaziale dei luoghi e delle comunità, fenomeno inizialmente partito dai centri storici di pregio e che sta ora dilagando anche ai siti a vocazione turistica.
Il sito «gentrificato» è un nuovo spazio “virtualmente tipico” dove tutto è più costoso di prima e dove lentamente lo spazio fisico e sociale si modifica, perdendo il suo carattere tradizionale locale per conferirsene uno globale dove la popolazione locale gradatamente viene estromessa dai propri spazi abitativi e perde l’identità originaria.
Per l’ecosistema una similitudine è quella definita “land grabbing” ovvero l’accaparramento delle terre, la cui origine storica è quella coloniale. Esempi di land grabbing in Italia si trovano in Sardegna o anche nella provincia veronese dove recentemente il fenomeno dell’accaparramento dei terreni collinari è stato evidente, dovuto al mutamento dell’industria del vino, da artigianale a merce globale e che ha disintegrato intere famiglie di coltivatori che hanno preferito vendere la loro proprietà.
Le conseguenze del land grabbing sono sostanzialmente sempre quelle dello sconvolgimento del territorio con modificazione del paesaggio e dei terreni, dell’inquinamento derivante da agricoltura più o meno intensiva e della perdita o diminuzione dell’utilizzo collettivo del territorio, dovuto alla sparizione dei sentieri attraverso le proprietà private.
Un’oculata promozione turistica invece dovrebbe includere oltre all’offerta di prodotti enogastronomici locali, sani e di qualità anche un contesto ambientale ricco di sentieri, laghetti e cascate, terrazzamenti e gradinate in perfetta efficienza, flora e fauna protetta e tutta la gamma di biodiversità di cui è, nonostante tutto, ancora ricco il nostro territorio. In sostanza, tenuto conto anche della difficile congiuntura economica, dovrebbe essere in grado di competere con tutti gli altri, altrettanto belli, e ormai tanto facilmente raggiungibili, luoghi turistici presenti nel resto del globo.
Un turismo sviluppato intelligentemente in un territorio così ricco di storia millenaria e di strepitosi paesaggi come il nostro, potrebbe dare grande profitto e lavoro a molti ma per non rischiare di assistere ad un rincrudimento del processo di distruzione, richiederebbe un cambio di mentalità economico-agricolo-imprenditoriale abbastanza radicale.
Gestire il patrimonio di giardini e orti storici creati sui terrazzamenti della costiera nel corso di tanti secoli, privi oggi della forza lavoro del passato è quasi anacronistico, soprattutto se non si è disposti a preservarne l’immagine con inaccettabili tecnologie chimiche o attraverso un’artificiale gentrification turistica.
Non è impossibile individuare metodologie compatibili con la nuova consapevolezza ecologica tuttavia la vera sfida forse è quella di ideare soluzioni nuove che non siano necessariamente in competizione con lo spirito libertario della natura, a volte “sovversivo”ed indomabile nella sua anarchica e disordinata prepotenza, di erodere quando costruito artificialmente dall’uomo nell’ambiente, e ciò anche a costo di accettare l’inesorabile inselvatichimento che determina il lento smussarsi del disegno ordinato dello zigurat dei muri a secco, faticosamente realizzati dall’uomo nel corso dei secoli.
Il paesaggio naturale in effetti dovrebbe essere incompatibile con la nozione di museo, in quanto cosa viva, e qualunque specie di geniale “curatore”, sbaglierebbe irrimediabilmente a considerarlo come semplice architettura, facilmente manipolabile, senza correre seri rischi di produrre ferite insanabili.
In definitiva dunque è solo la sinergia tra una tipologia di agricoltura “innovativo-creativa” intelligente ed un turismo culturale di nicchia, più congeniale alla conformazione compatta di questi territori che non si possono permettere dinamiche turistiche di eccessivo sfruttamento dei luoghi più adatte ad estensioni territoriali generose ed orizzontali.
A conclusione di questo escursus sul tema “ambiente e agricoltura in costiera amalfitana” invito i lettori a partecipare all’interessante questionario on-line, proposto nell’articolo di Positanonews il 16/03/015 (Terrazzamenti sulla costa d’ Amalfi parte un sondaggio), sviluppato dall’Arch.A.Gravagnuolo e dal team di ricerca dell’Università “Federico II” che fornirà dati da inserire nel dossier “Candidatura Mab Unesco”.