Addio a Giovanni Berlinguer. Docente e medico, una vita nel Pci e poi eretico di sinistra

7 aprile 2015 | 00:00
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Addio a Giovanni Berlinguer. Docente e medico, una vita nel Pci e poi eretico di sinistra

Giovanni Berlinguer è stato anzitutto un intellettuale comunista. Cioè un tipo di intellettuale che oggi non esiste più: impegnato allo stesso modo nella sua professione di docente e di medico come nella sua attività politica, capace di passare dall’una all’altra senza contraddizione e quasi senza soluzione di continuità. Deputato, senatore, poi deputato europeo, ma anche segretario regionale del Pci del Lazio e consigliere comunale di Roma. Più giovane di due anni di Enrico, col quale condivideva la sardità e l’amore per il mare, Giovanni aveva l’eleganza un po’ snob del figlio cadetto. Era un uomo di grande cultura, non solo scientifica; ma certamente il suo ruolo nel mondo della cultura comunista, orientata quasi esclusivamente in senso storico-filosofico-letterario, fu quello di un’apertura alle scienze naturali. Specializzato in Medicina sociale, era interessato in particolar modo alla diffusione della cultura scientifica e alle ricadute sociali della scienza. Fu infatti uno dei primi ad occuparsi di Bioetica in Italia. Autore di libri importanti come “Questioni di vita” (Einaudi 1997) e “Bioetica quotidiana” (Giunti 1999), fu presidente del Comitato nazionale di Bioetica dal 1999, distinguendosi per il suo approccio laico moderato e per il tentativo di sottrarre il Comitato allo scontro ideologico tra gli opposti fondamentalismi di laici e cattolici. Il suo libro forse più interessante e più originale è “Le mie pulci” (Editori Riuniti 1998), un’opera a metà tra la ricerca storica e la divulgazione scientifica, scritto con uno stile esilarante. Alcuni anni dopo, nel riprendere il libro per una nuova edizione, raccontava: «Quando gli Editori Riuniti, nel 1998, pubblicarono “Le mie pulci”, nella quarta di copertina l’editore lo presentò così: “Trattatello semiserio di un politico entomologo sulle proprie e le altrui pulci: questioni teoriche e pratiche su come l’autore divenne un esperto di pulci, le pulci fecero la storia, le arti videro le pulci, l’autore passò dalle pulci alle api e ritornò alla politica”. Mi parve allora una definizione appropriata al mio continuo andirivieni tra scienza e politica e al desiderio di evitare la pedanteria accademica». E spiegava così questa sua singolare vocazione allo studio delle pulci: «All’inizio degli anni sessanta mi prese un intenso prurito (intellettuale) per le pulci e decisi di studiarle a fondo limitando però il mio campo di ricerca (l’oggetto sarebbe stato, altrimenti, troppo vasto) alle pulci italiane». Tra le motivazioni della scelta di un campo di studio così singolare, il momento della sua carriera accademica. «Ero giunto alle soglie del concorso per la cattedra, ma – raccontava – la mia produzione era valutata alquanto compromettente, perché l’impronta sociale straripava da ogni lavoro. “Scriva qualcosa di scienza pura”, mi consigliavano». Lo studio delle pulci fu dunque quanto di più vicino alla scienza pura poté trovare. Il risultato è un saggio godibilissimo di storia della medicina sociale, non privo di puntate nella politica e nella letteratura. Come intellettuale, dunque, Giovanni Berlinguer è stato una figura importante e originale della cultura italiana. Come politico è stato un coerente militante del Pci e poi del Pds e dei Ds. Nel 2001, al congresso di Pesaro, vive la sua più audace e più controversa avventura politica, quando viene candidato dal cosiddetto “correntone”, un’area composita che si ispirava in parte a Cofferati in parte a Veltroni, alla segreteria del partito contro Piero Fassino. Nonostante la sua indubbia onestà e dirittura, era difficile non pensare che prestasse il suo nome a un uso strumentale per acquistare consenso. Dopo la vittoria di Fassino, Giovanni tornò nella sua elegante riservatezza. Scelse di non aderire al Pd. Senza di lui, la sinistra italiana è un po’più povera. (Claudia Mancina – Il Mattino)