La “Volpe Pescatrice” autentico Logo civico-territoriale della Costiera amalfitana e dei Monti Lattari
La "Volpe Pescatrice" autentico Logo civico-territoriale della Costiera amalfitana e dei Monti LattariLe figure di animali sono spesso utilizzate nei cosiddetti “stemmi parlanti”, per il preciso significato simbolico delle caratteristiche peculiari proprie dell’animale raffigurato: il leone per il coraggio, l’istrice per la prudenza, l’aquila per la vittoria ecc. Sulla parete del campanile della Chiesa Madre di Positano, è presente uno dei simboli dell’identità territoriale della Costiera Amalfitana ovvero un bassorilievo medievale raffigurante l’affascinante viluppo animalesco di una battuta di caccia, in una trasmutazione di scena acquatica di pesca marina: in primo piano la "Pistrice Immane", mitico mostro dalla testa di canide-volpe e coda cefalopode, nell’atto di mordere uno dei pesci, sette come il magico numero sacro, affiancata da una piccola volpe. La “Pistrix” è all’origine dell’antico mito greco-romano del leggendario mostro marino, spesso presente nelle mappe nautiche fino al Rinascimento a scongiurare la paura dell'ignoto, successivamente si trasforma in un ibrido essere tra volpe e serpente marino, la cosiddetta “Volpe Pescatrice” la cui raffigurazione è presente localmente su tutto il territorio dei monti Lattari, a Positano, Ravello e Scala, a simboleggiare la consumata abilità, sia per terra che per mare, degli uomini di questo territorio. L’analogia deriva probabilmente dall’asprezza delle maestose rupi, habitat ideale della volpe ma anche di briganti e personaggi poco convenzionali che vi trovarono rifugio poichè nella tradizione cristiana del medioevo la volpe ebbe una connotazione ambivalente: creatura furba ed ingegnosa, a volte sleale e legata a bizzarrie su come procurarsi il cibo, non di rado identificata anche al demonio, ed i suoi imitatori anch’essi peccatori ed esempio di amoralità. Fu proprio l’asprezza delle sue rupi montuose, peculiarità del territorio amalfitano, a moderare la minaccia dei barbari invasori, favorendo il progredire dell’arte della navigazione e la proverbiale furbizia per i commerci e fu proprio quella stessa natura astuta, “di necessità virtù”, ad ispirare l’ingegnoso sistema di sfruttamento razionale dell’esiguo suolo a disposizione, mediante la realizzazione dei “terrazzamenti”, sorta di vasche a zigurat di muri a secco, riempite dal fertile terreno di fondo valle, da adibire alla coltivazione di pregiate colture adatte alla redditizia esportazione via mare. La vita locale si svolge sin dall’antichità tra costa e monti: per le attività commerciali trova origine qui il codice marittimo “Tabula de Amalpha”, sorta di diritto societario adottato in tutto il Mediterraneo unitamente all’uso della bussola magnetica “a secco”, perfezionata dagli amalfitani rendendola più stabile. Il valore dell'astuzia come risorsa indispensabile alla sopravvivenza è una costante dell'immagine della volpe nella tradizione occidentale, non a caso incarna la “metis” cioè una sorta di intelligenza obliqua, basata su prontezza d’azione ed elaborazione di trucchi, tale da consentire al debole di trionfare sul forte. Emblema di razionalizzazione nella celebre favola di Esopo, “La volpe e l’uva”, in cui la volpe reagisce alla sconfitta sostenendo di non aver mai desiderato la vittoria e disprezzando il premio non ottenuto; presa ancora come esempio dal Macchiavelli, per l’uso sapiente dei suoi modi al servizio del potere, tant’è che “il principe deve essere furbo come la volpe e forte come il leone”; negli animali parlanti del Casti, nel ruolo politico di consigliere del sovrano, nella Volpe di Renart, nel segno di Zorro di McCulley fino al volpesco Robin Hood di Walt Disney ecc. Il profilo di marginalità sociale, tipico della volpe, la sua preferenza del mondo della notte, l'habitat selvaggio a cui non rinuncia, nonostante le sue incursioni nei territori civilizzati nonchè l’inquietante simbologia del “rosso” del suo mantello, contribuiscono a realizzare l’incarnazione dell’ingannatore ingannato, che da un lato la rende eroe culturale, dall’altro la vede spesso anche trickster, in un archetipo antropomorfo pronto a incarnarsi in molteplici avatars. Anche nelle culture extraeuropee, ad esempio in Giappone, la volpe “Kitsune”, più è vecchia e saggia, più è potente, può possedere fino a nove code e con l'età acquista poteri soprannaturali, tra cui quella di assumere le sembianze umane di una bella donna inoltre il suo ruolo di messaggera di Inari, dio della fertilità e del riso, la rende anche venerabile e propriziatrice di buona sorte tant’è che nel 1990 nella prefettura di Miyagi, è stato inaugurato il "Zao Fox Village", un parco-santuario con volpi in libertà, tra cui la volpe d'argento, di platino e la volpe rossa giapponese. Nella cultura dell’era informatica non a caso la volpe è stata scelta come protagonista del “Furry Fandom”, corrente di pensiero internazionale di quanti identificano nell’animale antropomorfo un mezzo simbolico per recuperare ed esprimere aspetti che la società tende a rifiutare e reprimere. Nel territorio della Costiera Amalfitana si raccontano molte storie sulle volpi, tra queste la più nota è quella della Volpe Foxy e di Vali Mayers, vissute insieme per quasi quindici anni a Positano, nel canyon tra le montagne detto Vallone Porto, tra gli anni ‘60 e ‘70. Un cucciolo, orfano della madre uccisa dai cacciatori, venne adottato dalla famosa artista australiana dai lunghi capelli rossi, nell’antico padiglione moresco che lei chiamava “tana” e che diventò l’eremo in cui vissero in simbiosi, tra la natura selvaggia, comunicando in “lingua volpe” dai suoni gutturali ed acuti. Vali amava ritrarla quando la volpe vanitosamente prendeva posto accucciandosi su di una sorta di trono dall’alto schienale, coperto di pellicce ed adornato da veli, fili di perle e paillettes e quando morì: “Foxy (1965-1979) la solo amata figlia di Vali Myers”, fu l’epigrafe sull’urna di castagno che l’artista dispose per la sua adorata amica. Altro aneddoto locale è quello narrato dall’antica storia, da cui deriverebbe il nome di una caratteristica e panoramica passeggiata che si inerpica tra la Chiesa di Sant'Elia ed il Fiordo di Furore, ribattezzata proprio con il nome di “Sentiero della volpe pescatrice”. Si tratta della scalinata all'ombra di un secolare carrubo che scende seguendo l'originario percorso del contadino-pescatore, dove una giovane ed astuta volpe, dal comportamento prudente, evitando incontri diretti, aveva imparato che ogni giorno i pescatori facevano ritorno al fiordo, carichi del loro bottino di pesca e lì si aggirava quasi ogni giorno, puntuale e guardinga, pronta a catturare qualche pesce abbandonato sulla riva o perso accidentalmente dagli uomini lungo il sentiero. La volpe Polly infine è la protagonista di una recentissima storia iniziata quando era un piccolo cucciolo trovato a zigzagava sulla statale amalfitana, temporaneamente cieco, dopo essere rimasto solo a seguito di un devastante incendio che aveva distrutto la tana dove viveva con la madre e gli altri suoi fratellini cuccioli. La piccola volpe, soccorsa da alcuni giovani di passaggio sulla strada statale, venne trasportata in un apposito centro adibito alla cura ed alla reintroduzione di animali selvatici nel loro habitat naturale, il WWF Penisola Sorrentina, riuscendo così a sopravvivere ed anche a recuperare la vista. Dopo un lungo periodo di acclimatazione, propedeutico alla sua rimessa in libertà, per il quale si rese necessario anche sfrattare temporaneamente delle galline dal loro isolato pollaio sui monti, finalmente è stata reintrodotta nel territorio, dove da qualche mese scorazza di nuovo libera e selvaggia sulle cime dei Monti Lattari.