Attestò una falsa paternità assolto sacerdote di Vietri
Sabato alle 11 nell’aula consiliare il progetto “Falegnameria Sociale” promosso dall’associazione culturale “Tavole di Ponte” e dall’amministrazione comunale. Alla presentazione prenderanno parte il sindaco Francesco Benincasa, l’assessore alle politiche giovanili Mario Pagano, il consigliere comunale Luigi Avallone, ed il presidente dell’associazione Matteo Annunziata. Il progetto di falegnameria sociale si svolgerà ad Iaconti e coinvolgerà alcuni ragazzi del territorio vietrese.di Clemy De Maio wVIETRI SUL MARE Voleva solo aiutare quei due sposi che cinque anni fa parevano così innamorati, consentirgli di dire “sì” davanti all’altare e assicurare alla bimba di lei (avuta da un’altra relazione) un nuovo padre. Per questo un sacerdote di Vietri sul Mare fece firmare all’uomo un atto di riconoscimento della bambina e per questo è finito sotto processo insieme alla coppia, perché quello che avevano pensato come una mera assunzione di responsabilità è in realtà un documento che dispiega effetti legali e risulta viziato da falso. Ieri però il giudice Pietro Indinnimeo li ha assolti, dopo aver verificato nel corso di un processo abbreviato che nessuno dei tre imputati aveva inteso di aver commesso, con quell’impegno davanti a Dio, il reato di falso in atto pubblico contestato dalla Procura. Era il settembre del 2010 quando in una chiesetta del comune costiero l’anziano sacerdote celebrò il matrimonio. Lo sposo, allora 27enne, firmò un atto in cui riconosceva come sua la figlia della compagna trentenne e il prete procedette con la formula di rito. Pareva il classico finale da “vissero felici e contenti”, invece le cose sono andate in maniera diversa e dopo due anni la coppia era già davanti al giudice civile, in piena crisi matrimoniale. È stato allora che quel documento è tornato alla ribalta e che i coniugi hanno scoperto di avere sottoscritto una dichiarazione che aveva pieno effetto legale su questioni come l’asse ereditario e gli obblighi di mantenimento. Ad aprile del 2012 il religioso è stato chiamato a testimoniare ed è stato lui stesso a confermare di aver sempre saputo che quella dichiarazione di paternità non era veritiera, ma di averne mai considerato le conseguenze legali. A quel punto la vicenda è stata segnalata dal giudice civile alla magistratura penale, perché valutasse se vi fossero estremi di reato, e la Procura ha formulato una richiesta di rinvio a giudizio per falso in atto pubblico. Si arriva così ai giorni nostri, quando i tre compaiono dinanzi al gup e il difensore Michele Sarno chiede di procedere con un rito abbreviato condizionato, aggiungendo all’esame degli atti già nel fascicolo la deposizione del parroco. Quando il religioso si è presentato davanti al giudice ha spiegato che mai, nei suoi 77 anni di vita, ha pensato di violare la legge. «Volevo solo aiutare la bambina – ha sottolineato – e quei due ragazzi che ci tenevano a sposarsi in chiesa». Ieri la sentenza:il gup Indinimmeo ha assolto con formula piena sia lui che la coppia per mancanza dell’elemento soggettivo del dolo. (La città di Salerno)