Napoli. La figlia della donna leucemica che ha contratto l’aviaria al II Policlinico accusa: c’è stata superficialità
Napoli. Un selfie scattato insieme prima del ricovero, con la promessa di pubblicarlo solo una volta uscita dall’ospedale. Nella foto Elena Petti, 56 anni tra un mese, e sua figlia Nicoletta. Un patto che la ragazza vuole assolutamente mantenere: «È successo il giorno prima che mia madre entrasse al Secondo Policlinico. Abbiamo riso e lei mi ha chiesto di pubblicare la fotografia su Facebook soltanto dopo la fine della cura». Ed invece Elena Petti lotta ora tra la vita e la morte, dopo aver contratto il virus dell’influenza aviaria. Un’infezione che secondo i parenti della donna sarebbe avvenuta in ospedale. La Procura ha già acquisito la cartella clinica, così come richiesto nella denuncia dai familiari, assistiti dall’avvocato Sergio Pisani. Al momento il fascicolo è a carico di ignoti. E non si esclude un’inchiesta interna all’ospedale universitario. Quasi un presentimento quello di Elena Petti, che non aveva alcuna voglia di sottoporsi ad un trattamento per innalzare le sue difese immunitarie. È affetta da leucemia linfatica e quella cura avrebbe avuto effetto sulle sue immunoglobuline. «Mia madre non voleva ricoverarsi, era preoccupatissima per le notizie che arrivavano dall’ospedale – racconta la figlia Nicoletta – continuavano a posticiparle la data del ricovero per l’aggravarsi di un altro paziente ricoverato nel reparto che avrebbe ospitato mia madre nei giorni successivi. Continuava a ripetere che non voleva andarci, poi si è convinta ma a malincuore». Da quel giorno la vita della famiglia è cambiata. «Fortunatamente siamo molto uniti, ma ognuno di noi ha dovuto mutare radicalmente le proprie abitudini. Una zia è arrivata dall’Egitto, dove vive; i nonni che abitano a Latina si sono trasferiti qui. Mia madre è il perno della famiglia e, nonostante la leucemia che l’ha colpita nel 2013, non si è mai abbattuta. Stava benissimo prima del ricovero, nonostante la leucemia che tra l’altro non era nemmeno così invalidante. Tanto che non ha mai dovuto sottoporsi a trattamenti particolari, come la chemioterapia. Però faceva di tutto per non andare incontro ad eventuali infezioni. Ha sempre continuato a svolgere una vita normale». Tre anni fa l’inizio della battaglia. Addio al lavoro di sempre, con la realizzazione di prodotti artigianali, per una più tranquilla vita da casalinga. «Era la prima volta che mia madre affrontava un trattamento come quello programmato al Secondo Policlinico – prosegue Nicoletta – non credo che ciò che le è accaduto sia dovuto alla sfortuna. Probabilmente c’è stata un po’ di superficialità da parte di qualcuno. Eppure sento di dover ringraziare tantissimo i medici e gli infermieri dell’ospedale per tutto ciò che stanno facendo adesso per salvarla. Se potessi parlarle le direi di continuare a lottare come ha sempre fatto e come ha insegnato a tutti noi, a me e a mio fratello. Ma sono sicura che lo stia già facendo». Dallo scorso 21 aprile Elena Petti è in coma farmacologico, ricoverata nel reparto di Rianimazione. È isolata da tutti, compresi i suoi parenti, gli stessi che hanno lanciato l’allarme subito dopo la scoperta del virus: «La malattia l’ha contratta in questo ospedale, trasmessa da un paziente ricoverato con la stessa patologia e che ha occupato la medesima stanza nei giorni precedenti». Pochi giorni dopo il ricovero le sue condizioni peggiorano nettamente. Ma non sarà facile capire perché il suo quadro clinico stia precipitando. Iniziano i controlli, tra i quali anche un prelievo attraverso tamponi faringei. Il primo di questi darà esito negativo, ma il secondo porterà con sé il peggiore dei risultati: la donna ha contratto l’influenza aviaria. Scatta immediatamente il protocollo previsto in questi casi, con l’isolamento totale del soggetto. Ma il sospetto, come detto, è un altro: il reparto non sarebbe stato «bonificato» a dovere dopo il contagio di un altro paziente. (Alessandro Napolitano – Il Mattino)