Da Sorrento a Palmanova, il 23 maggio scorso Consegnate delle medaglie a ricordo di Caduti Grande Guerra 1914-18.
Palmanova 23 maggio 2016 Consegnate le medaglie Ricordo Grande Guerra 1914-18, inscritti nell’Albo d’Oro del Commissariato Generale Onoranze Caduti presso il Ministero della Difesa Palmanova e Sorrento, gemellate per un giorno in commemorazione dei caduti nella prima guerra mondiale. Lunedì 23 maggio scorso, s’è tenuta presso il sacello ai caduti, in Piazza Grande a Palmanova la cerimonia di consegna delle medaglie dell’Albo d’oro, voluta dalla Regione Friuli Venezia Giulia in occasione del centenario dalla prima guerra mondiale, per ricordare le vittime del primo conflitto mondiale. La cerimonia, organizzata dall’Associazione Arma Aeronautica sezione di Palmanova, guidata dal cav. Romeo Dentesano. Anche noi, dalla Penisola Sorrentina, come già accaduto lo scorso giugno 2015 ad Udine, con un gruppo di venti persone, tra le quali i rappresentanti delle associazioni Combattenti e Reduci della Penisola Sorrentina, Mutilati ed Invalidi di Guerra di Sorrento e Sottufficiali d’Italia, ci siamo recati a Palmanova, insieme a parenti di giovani che hanno perso la vita tra le trincee, si è ritrovata per ricordare chi non c’è più. La giornata è cominciata alle 9.45 in Piazza Grande presso il sacello ai caduti, dove c’è stata la consegna delle medaglie. «Due comunità si uniscono nel ricordo dei loro cari – ha affermato il presidente dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci di Sorrento Cav. Michele Gargiulo – Le persone che ci hanno lasciato rimangono nelle nostre comunità: è un dovere civico ricordarle». «L’avere dato la vita non è stato vano», ha rilevato il comandante della brigata Ariete, mentre il presidente di Palmanova dell’Associazione Arma Aeronautica ha sottolineato l’importanza di «usare il dialogo, il confronto, non il conflitto» affinché tragedie come la prima guerra mondiale non abbiano più a ripetersi. Dopo la cerimonia, si è tenuto un piacevole “Vin d’onor” presso la sede dell’A.A.A. con lo scambio reciproco di doni. Nei giorni precedenti il nostro gruppo ha effettuato la visita di alcuni importantissimi sacrari Militari Friulani; tra i quali quello di Udine presso la chiesa monumentale di San Nicolò, presso il quale riposano le spoglie di alcuni nostri conterranei. ma la visita più pregnante è stata, per l'ennesima volta, quella al Grande Sacrario Militare di Redipuglia, dove abbiamo fatto celebrare, nella cappella, una messa in suffragio di tutti i caduti della Penisola Sorrentina e d'Italia. Ma Redipuglia è ancora più importante per noi della penisola Sorrentina e non solo, poiché è frutto dell'opera incessante di un nostro grande concittadino, Don Michele Massa Cappellano capo della Terza Armata. Di seguito un breve sunto sulla sua opera al servizio dei Caduti e della Patria., a cura di Luigi Garbo. I TRENT'ANNl DI MONS. MICHELE MASSA FRA LE TOMBE DI REDIPUGLIA. Prendete una carta geografica dell'Italia settentrionale e un compasso; e con quest'ultimo – centro Gorizia – tracciate sulla carta geografica un arco a partire, poniamo da Mantova verso il nord. L'arco vedrete, abbraccerà Verona, Trento, Bolzano taglierà Bressanone. Qui fermatevi. Completate il settore congiungendo il centro con le due estremità dell'arco tracciato e osservate l'ampiezza, veramente imponente del territorio che avete delimitato e comprendente il Friuli, la Venezia Giulia, parte delle Dolomiti, parte della Venezia Tridentina. Un territorio i cui nomi corrispondenti a città, a paesi, a fiumi, a valli, a vette, a colli, a valichi non vi riusciranno di certo nuovi anche se non avete studiato geografia; purché abbiate, però, dai cinquanta ai sessanta, e la memoria che vi assiste ancora. Ebbene, se vi capiterà di transitare – domani o tra un mese o tra un anno – per dette regioni, provate a domandare ad un qualunque essere umano che incontrerete sul vostro cammino se per caso ha mai conosciuto un sacerdote, certo Don Massa. Questo qualunque essere umano vi guarderà dapprima con aria di meraviglia, e poi vi risponderà cosi come rispose a noi pochi mesi or sono: «Ma lei vuol riferirsi a Monsignor Massa? E chi non lo conosce! Diamine! È il Cappellano di Redipuglia!››.. Monsignor Massa, nato a Piano di Sorrento il 17 gennaio 1888, fu nominato Cappellano militare con il grado di Tenente il 20 aprile del 1915, prestando ininterrottamente servizio fino al 18 gennaio 1953, per raggiunti limiti d'età. Egli fu in zona di guerra al seguito della Terza Armata del Duca d'Aosta dal giugno del 1915, distinguendosi per assoluta abnegazione al dovere, per intrepido coraggio ed esplicando con generoso zelo, specie durante la sua destinazione all'ospedaletto n. 68 di prima linea sulle pendici del Carso, e con fervido cuore di apostolo la sua nobilissima missione. Al termine della guerra, nel 1918, anziché far ritorno, congedato, nella Penisola sorrentina, com'era nel suo diritto, chiese ed ottenne dall'Ordinariato militare di seguitare, comunque e dovunque, nella sua missione di fede e d'amore; per cui fu addetto con mansioni direttive, ai primissimi reparti destinati alla faticosa e delicatissima opera di recupero della salme dei Caduti in guerra nei tormentati settori dell'Asiago, del Cengio, del Grappa, del Piave, del Cadore. Ed a questa opera che fu definita nelle pratiche burocratiche di «Risanamento dei Campi di battaglia», don Michele Massa, non ancora Monsignore, ma già Capitano Cappellano, dedicò tutto se stesso. Fu l'epoca in cui sulle bocche di migliaia e migliaia di mamme appartenenti ad ogni condizione sociale, correva, venerato, il suo nome; l'epoca in cui migliaia e migliaia di italiani dai congiunti caduti o dispersi, lo invocavano, lo benedicevano, lo incoraggiavano nella sua santa opera di recupero e di identificazione, con lettere commoventissime provenienti da ogni regione, da ogni paese o borgata d'Italia. E Monsignor Massa, queste lettere di mamme, di spose, di figli, invocanti il possesso delle spoglie del loro caro caduto per la patria, o di un semplice lembo della uniforme che indossava, o della medaglina che portava appesa al collo, le conserva tutte o quasi tutte. Sono migliaia e migliaia. A volerle ordinare e pubblicare, darebbero corpo alla piú grande e commovente opera di esaltazione patriottica e di fede cristiana che sia stata mai scritta. Per cui non vi fu metro quadrato di terra guerreggiata che Don Michele Massa non esplorò, non rimosse, non scavò, personalmente, con le mani e con gli attrezzi, incurante del pericolo in agguato ad ogni passo per la presenza di mine inesplose alla ricerca ed al recupero di ossa umane insepolte. Nel 1931, sotto l'Ordinariato militare di Monsignor Bartolomasi, venne nominato Cappellano titolare del monumentale Cimitero di Redipuglia; quel Cimitero al quale, fin dal suo sorgere, dieci anni prima, aveva apportato già il suo prezioso contributo di operosità materiale e spirituale. E nella nuova importantissima carica rifulsero ancora e meglio le prerogative del Sacerdote; pietà, amore, spirito di sacrificio, parola calda e animatrice e suscitatrice di fede profonda e soprattutto di vivo patriottismo. Come abbiamo già accennato, oltre centomila furono le salme che egli, con fulgido sentimento umano e cristiano depose, schierandole, sul sacro Colle di Redipuglia che è gloria e grandezza nazionale! Centomila e piú Altari viventi della patria. Ed oltre quarantamila furono le salme di soldati ignoti che riuscì, attraverso indagini lunghe e pazienti, a identificare. E fu appunto in questa opera di identificazione che Monsignor Massa si distinse in modo particolare, rivelando qualità di indagatore che nessuno, prima, gli indovinava. Un nonnulla, tal volta, gli bastò, che era appartenuto al Caduto, per giungere alla di lui identificazione attraverso interminabili carteggi con autorità militari, civili e religiose, sopraluoghi, interrogatori, confronti. Ma la vibrante generosità del suo cuore e la sua infinita bontà avevano bisogno di altri sbocchi, di altre manifestazioni di bene durature e feconde. Ed eccolo fondatore del fiorente «Istituto Terza Armata›› con fondi raccolti attraverso le cento vie che sempre – sempre! – la Divina Provvidenza apre in simili casi. Tale Istituto accoglie e prepara alla vita stuoli di infortunati bambini, orfani di Caduti, vittime innocenti dell'ultima guerra perduta! – È una piccola città di vivi, sul Colle di Redipuglia, di fronte al Sacrario, a guardia perenne della città dei morti! Nominato Cappellano Capo durante la seconda guerra rimase sul Posto, rischiando la vita pur di non tradire la sua missione e a detrimento della salute malferma. E rimase soprattutto perché custodiva, tumultuante, nell'animo, il testamento raccolto accanto ai Caduti, la visione incancellabile del loro sacrificio da lui curato con spirito ammirevole di abnegazione cosciente. Ed in mezzo al turbinio della morte, la impareggiabile figura di prete e di soldato dalla lena inesauribile, continuò ad esercitare il suo ministero di vita. Per cui ancora oggi continue ed incessanti manifestazioni di affetto, di riconoscenza, di gratitudine, si susseguono verso questa nobile anima che a migliaia di madri in trepidazione e in preghiera, seppe sostituirsi nelle cure, nell'affetto, nel sacrificio per la gioventú in arme e per la gioventù recisa, caduta sui campi di gloria! Egli resta, nel cuore di tutti coloro che lo conobbero, lo apprezzarono e lo amarono, il piú eloquente esempio della sublimità del Sacerdozio cattolico, la espressione piú ardente della carità e della rinuncia, il ritratto vero del Cappellano militare. Fu nominato Monsignore, dopo la fine dell'ultima guerra, sotto l'Ordinariato Militare di Mons. Carlo Alberto Ferrero di Cavallerleone. L’ultima onorificenza in riconoscimento dei suoi altissimi meriti, gli fu conferita nel 1952 da S. E. Luigi Einaudi, in occasione di una visita dell’allora Presidente della Repubblica a Redipuglia, Commenda al Merito della Repubblica Italiana. Il Commissariato generale Onoranze caduti in Guerra, riconoscente per la sua pietosa opera, pose nel Sacrario di Redipuglia una lapide a ricordo: “ALLA PIA MEMORIA DEL REV. MO MONS. MICHELE MASSA GIÀ CAPPELLANO DELLA III ARMATA CHE NELLA SUA PIETÀ SACERDOTALE RACCOLSE E COMPOSE IN NOME DELLA PATRIA LE SALME DI QUESTI 100.000 EROI”. A margine di quanto scritto sulle virtù ed i meriti di MONSIGNOR MICHELE MASSA, ci piace riportare il pensiero di due suoi amici, tratti da una pubblicazione dal titolo: “UN CAROTTESE E LA VITA” Ritornò tra noi nel febbraio del 1953. Il suo compito era finito, la sua missione compiuta. Poteva recitare il suo «Nunc dimittis». Il congedo dalla missione di cappellano, doveva quasi coincidere con la sua partenza da questo mondo. È vissuto in questi pochi anni di ricordi e desideri, con il pensiero costantemente rivolto al colle di S. Elia, dove riposavano i suoi morti. Vibrava nel suo animo con eco profondo il mesto rintocco delle campane del Sacrario di Redipuglia. Lo ricordava bene quel concerto, lo sentiva quel dialogo delle due campane. – «Ogni rintocco susciti un ricordo›› – «Ogni ricordo susciti una preghiera» -. Ed il suo cuore vibrava ansioso a questi echi che risuonavano nei suoi ricordi. Ora la sua anima, liberata dai lacci del corpo, è volata verso. L’amplesso del suo Re Celeste. Mi piace immaginare che essa, prima di innalzarsi in volo verso l'Empireo, sia corsa anela verso il suo Sacrario di Redipuglia, verso le tombe dei suoi morti. Vedo una schiera di anime volargli incontro, per scortarlo verso l'alto dei Cieli: sono le anime dei suoi soldati, dei suoi caduti, che sono venute per fargli come una compagnia d'onore e presentare al Re dei re l'anima del loro Cappellano militare, dell'angelo pietoso che li aveva assistiti in vita e suffragati in morte. Sacerdote Alfredo Amendola. ex Cappellano Militare in Africa Settentrionale. Michele Massa, in abito guerriero, esaltò di commozione a quanto lo conobbero e apparve presagio di vittoria: l'Italia era tutta in piedi, maestosamente, solenne nei suoi valori; e si accingeva a conquistare altri confini della sua Libertà. Non si sbagliava; non a caso gli Eroi della III Armata scelsero e vollero custode delle loro salme il magnifico bimbo d'Italia: Michele Massa. Lo sapevano Essi, per quel misterioso linguaggio che accomuna le coscienze, lo spirito che meritava di aleggiare nel regno della loro augusta e conquistata libertà; mentre per i vivi i Suoi valori sono stati non troppo conosciuti, non troppo apprezzati, poco approfondito. Qualche mese prima della Sua dipartita, l'ho visto trascinarsi perché sofferente – per la strada di casa mia, Via Bagnulo; ho avuto ritegno di fermarlo: temevo di disturbarlo nella sua celeste conversazione. Era tutto intento a comunicare con quelle voci di spiritualità che l'Uomo ascolta allorché si appressa a lanciarsi negli orizzonti del divino. Lo seguii per un pezzo senza che se ne avvedesse, e meditavo quella eletta Esistenza che tanto pabulum aveva dato alla mia educazione! Pensavo: i 100.000 Eroi di Redipuglia, cosí religiosamente da Lui vegliati, gli aleggiano intorno e stanno per dirgli: «Fratello, tra breve sarai con Noi nei Cieli di una beatitudine eterna; Tu sei stato l'Eletto tra gli Eletti; gli uomini si educheranno alla Tua virtú››. Rincasavo e lacrimavo. Michele Massa, l'amico di collegio, era divenuto mio educatore: mi sussurrava all'orecchio: «Anche nel dolore l'Esistenza è fulgida quale raggio di sole se l'Uomo ha compreso la verità della vita››. Michele Maresca, suo compagno di collegio nel 1901/2. ALCUNE TESTIMONIANZE: Unanime il cordoglio della Stampa di tutta Italia, e in particolar modo di quella della Venezia Giulia. Ampie necrologie vennero pubblicate da «L 'Osservatore Romano››; «Il Gazzettino››; «Il Piccolo››; « Vita Nuova››; «II Roma››; «II Mattino››; La Riviera ecc. E cerimonie funebri oltremodo commoventi all 'ombra di cento bandiere, ebbero luogo nel Sacrario di Redipuglia alla presenza di tutte le Autorità del luogo e dei dintorni. Ebbe a pronunciare l'elogio funebre, radìodiffuso, alla presenza di una folla immensa, l'attuale Cappellano del Sacrario e successore di Mons. Massa, il reverendo Don Beppino Dovier. Commoventissime furono anche le esequie svoltesi a Piano di Sorrento, nella Basilica di S. Michele Arcangelo, sotto l’egida del parroco Don Francesco Saverio Sessa, che all’estinto era legato da particolari vincoli affettivi.
(Utente dal Web)