Giugliano. Nella Terra dei fuochi mattoni realizzati con i rifiuti. Scoperte due cave pirata, in 14 ai domiciliari

26 maggio 2016 | 00:00
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Giugliano. Nella Terra dei fuochi mattoni realizzati con i rifiuti. Scoperte due cave pirata, in 14 ai domiciliari

Giugliano. Le cave come caveau pronte a ingoiare di tutto, per arricchire qualcuno. Le cave di San Severino e Neos per un’area di oltre 50mila metri quadri nel comune di Giugliano, dove veniva portato materiale di risulta di lavori edili da ditte senza gli indispensabili permessi amministrativi e, soprattutto, senza alcuna preparazione a monte. Un’altra inchiesta della Dda di Napoli, con delega affidata ai carabinieri del Noe di Caserta e alla polizia metropolitana, scopre ancora ditte e imprenditori che speculano sul risparmio nello smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi. E ci guadagnano. Un ammontare totale di 107.500 tonnellate di materiale depositato nelle due cave che, solo nei mesi da gennaio a settembre del 2014, ha significato un giro di affari calcolato in un milione e centomila euro, divisi in 650mila per la cava San Severino e 450mila per la Neos. Gli indagati sono 39, in 14 sono finiti agli arresti domiciliari, 4 hanno l’obbligo di dimora. Al centro del traffico illecito consulenti ambientali, società di intermediazione, di trasporto, di gestione cave con la San Severino ricomposizioni ambientali srl in testa. Intercettazioni, sequestri e pedinamenti in un’indagine su cui scrive il gip Eliana Franco che ha firmato l’ordinanza in cui ha respinto le richieste del carcere per alcuni indagati: «Dal flusso dei trasporti effettuati emerge che la San Severino ricomposizioni ambientali srl dal novembre 2011 al settembre 2014 fatturava la somma totale di 329.476 euro, ritirando 13.317 carichi per 200mila tonnellate di rifiuti con una media di 15 tonnellate a carico». Enrico Micillo è socio della «San Severino» e proprietario della cava. Suo socio è Massimo Capuano, che è anche direttore tecnico. Con loro, accusati dalla Dda di associazione a delinquere, anche Toni Gattola titolare di fatto della Omega srl società di consulenza ambientale, Salvatore Liccardi titolare di una ditta di autotrasporto e della società Eusa Edilizia srl, Crescenzo Catuogno gestore di fatto della società Tevin. La Dda ha ipotizzato l’aggravante mafiosa per alcuni indagati, ma il gip ha respinto questa richiesta perché, scrive a proposito di Crescenzo Catuogno detto «motosega» di cui parlano tre collaboratori di giustizia: «Tali dichiarazioni appaiono fragili, perché non univoche nel poter ritenere che Catuogno gestisse la Tevin nell’interesse del clan Polverino di Marano-Quarto». Era la San Severino ricomposizioni ambientali a dover certificare le analisi dei detriti che le ditte edili dovevano smaltire. La principale era la Eusa Edilizia srl. Nelle intercettazioni traspare la preoccupazione sulla documentazione alterata. Tra il materiale smaltito in maniera irregolare ci sono i rifiuti del cantiere edile della società Decumani servizi srl che doveva realizzare parcheggi alla via Pallonetto a Santa Chiara a Napoli. Alla cava San Severino nel 2014 sono arrivate 46mila tonnellate di rifiuti di ben 14 ditte impegnate in lavori edili tra Napoli e provincia, oltre ai rifiuti dei lavori di pulizia nella vasca di via Crocillo a Quarto. Un giro che fa sorgere interrogativi sui costi e il rispetto delle norme ambientali nelle ristrutturazioni e nei cantieri privati dell’intera area metropolitana. Anche per Eugenio Liccardi, socio e direttore tecnico della Eusa edilizia srl, la Dda ipotizza l’aggravante mafiosa per contatti con il clan Polverino, ma anche in questo caso il gip è stato di parre differente. Varie le vicende e i traffici di rifiuti, slegati tra loro. Come il trasporto di materiali speciali alla discarica Maruzzella di San Tammaro in provincia di Caserta, su cui sono accusati Eugenio, Salvatore e Francesco Liccardi. O, ancora, lo smaltimento di rifiuti dell’azienda conserviera Calispa di Castel San Giorgio in provincia di Salerno, su cui devono rispondere Angelo e Diego Aliperti con l’amministratrice unica della San Giorgio agricoltura srl, Franca Giacometti. Intercettato su questa vicenda, Salvatore Liccardi dice: «Si deve andare a spostare un rimorchio perché puzza la roba sopra. Hai capito?». E Diego Aliperti aggiunge: «La gente ha rotto le palle giustamente». Ancora Salvatore Liccardi viene accusato, con Luigi Carannante e Biagio Iliano soci della cava Neos, di aver miscelato rifiuti da risulta edile con pozzolana da consegnare alla ditta di mattoni Moccia di Montesarchio e al cementificio Moccia di Caserta. Una miscelazione per fare volume e guadagnare di più, anche se la pozzolana risulta mista a rifiuti e di pessima qualità. I titolari della ditta Moccia si arrabbiano per il danno ricevuto, che ha portato alla Neos guadagni per 450mila euro. In un’intercettazione il geometra Giuseppe Pancione dello stabilimento Moccia di Montesarchio alza la voce con Biagio Iliano: «Faccio questo mestiere da 40 anni e da voi non me lo sarei mai aspettato. Qua c’è scarto di frantumazione di rifiuti e quant’altro. Avete mischiato la roba dentro la vostra cava, dove vengono a scaricare i camion, parliamoci chiaro». Un esposto anonimo ha fatto partire l’indagine. Nella busta senza mittente c’era anche un video in un Dvd e due foto digitali. Conclude il gip Eliana Franco: «I soggetti coinvolti variano di volta in volta e non può cogliersi l’esistenza di un’unica programmazione ascrivibile all’intero gruppo». Insomma, un business di rifiuti smaltiti in maniera illecita, senza un’unica mano o una sola organizzazione. (Gigi Di Fiore – Il Mattino)