Grande successo a Sorrento per Eleonora Di Maio con La casa di Bernarda Alba. Recensione di Carlo Alfaro.
Grande prova d’arte drammatica per i giovani performer dell’Accademia On Broadway, diretta con indefessa professionalità e smisurata passione da Eleonora di Maio, al Teatro Sant’Antonino, il 27 e 29 maggio, con la tragedia-capolavoro di Federico Garcia Lorca, “La casa di Bernarda Alba”, a detta di molti critici la più importante opera del teatro spagnolo contemporaneo. La piece, l’ultima completa del poeta e drammaturgo spagnolo simbolo della “generazione del '27”, un’avanguardia artistica che vergò una nuova pagina della cultura della prima metà del Novecento, prima di essere fucilato a Viznar, suo paese natale, nell’agosto del 1936, perché di sinistra e omosessuale, si apre nella casa del titolo, una ricca magione di campagna piena di muffa e segreti, la cui situazione oppressiva è chiara metafora dell’atmosfera politica della Spagna dell’epoca, pronta a precipitare nel regima franchista. Le due serve di casa, la più giovane e sbarazzina(una spigliatissima Alessia Ruocco, sempre perfettamente “dentro” la parte) e l’anziana e saggia Ponzia (cui è toccato a Pierpaolo Aprea il non facile compito, per un uomo, di impersonarla) hanno allestito una veglia funebre in onore del secondo marito di Bernarda Alba, la protagonista, interpretata dalla eccellente e sensibile Claudia D’Avanzo, che, sempre padrona della scena con le armi del suo indiscusso talento, con questo lavoro si diploma dalla prestigiosa accademia sorrentina, pronta al lancio sui palcoscenici nazionali. Bernarda governa la propria casa con piglio duro e militaresco, come un vero e proprio dittatore, disponendo di tutto e tutti affinchè ogni cosa sia accomodata secondo la sua volontà, senza alcun sentimento umano o pietoso, interessata solo di salvaguardare le apparenze per mantenere intatta l’onorabilità della propria famiglia. Pressoché tutte le donne del paese (Maria Francesca Buonocunto, Sarah Gambardella, Federica Cappiello, Carmen Maria Maresca, Eliana Sannino) sono venute a portare le loro condoglianze alla ricca e potente vedova, ma in realtà sia il dolore delle conoscenti, sia il lutto di Bernarda, sono solo dei sentimenti di facciata: a Bernarda preme di far colpo su di loro, schiacciandole con lo sfoggio delle sue ricchezze, mentre le comari sono lì tanto per cercare nuovi argomenti ai loro pettegolezzi quotidiani. Con Bernarda vivono le sue cinque figlie, costrette dalla dispotica madre ad un triste zitellaggio: la maggiore, Angustias, figlia del primo letto, matura e malaticcia(un’ottima Martina Stinga, altera e sofferta al punto giusto), unica ereditiera di tutti i terreni e le ricchezze del casato, le infelici e sottomesse Maddalena (la brava Claudia Beato), Amelia (la fresca Michela Maresca), Martirio(la bella Giuliana Falconieri), e la più giovane e ribelle, l’indomita Adele(un’eccezionale Marcella Jo Pirillo, straordinaria e sempre a suo agio in scena, nonostante la giovanissima età). Completa il quadro familiare la vecchia madre, Maria Josefa(Chiara Gargiulo, cui va il mio personale “oscar alla miglior attrice non protagonista”), apparentemente folle e per questo costretta al silenzio, rinchiusa nella sua stanza, ma in realtà unica voce della verità. E’ Angustias, solo per le sue ricchezze, ad essere chiesta in sposa da Pepe Romano, il più bel giovane del paese, oggetto di desiderio di tutte le sfortunate sorelle. Come pretendeva la dura consuetudine di quell’epoca, alle altre quattro figlie, prive di dote, spetta invece un grigio avvenire speso tra le soffocanti mura di casa, padrone solo di rubare brandelli di vita del mondo dalle grate delle finestre delle loro stanze-prigioni. Ma Adele non si piega a questo crudele destino, provoca Pepe Romano e ne conquista segretamente il cuore, per cui il giovane, dopo gli incontri di prammatica con Angustias, si attarda di nascosto fino a notte alta alla sua finestra. Un segreto che a poco a poco scoprono tutti, escluse la povera Angustias e l’ottusa Bernarda, preoccupata solo di salvaguardare l’ipocrito onore di facciata della casa. L’atteggiamento duro, repressivo, violento e anaffettivo della madre spinge via via le sorelle, recluse e sopraffatte dal pieno delle loro emozioni, a scannarsi tra loro con parole sempre più taglienti, fino alla ineluttabile tragedia finale, preannunciata quando una ragazza del posto viene prelevata dalla propria abitazione e linciata perché aveva dato alla luce, e poi ucciso per nasconderlo, un bimbo frutto di una relazione clandestina: è solo Adele, la prossima vittima predestinata, ad implorare pietà per la povera giovane, mentre le altre donne chiedono, assetate di sangue e morte, la sua testa. La situazione precipita una notte, quando Adele esce per incontrare Pepe, ma viene scoperta e bloccata da Martirio, pazza di gelosia perchè pure lei innamorata dell’uomo. Le grida delle due sorelle svegliano il resto della famiglia, serve comprese. Bernarda, furente di rabbia perché la situazione è sfuggita al suo cieco controllo, imbraccia il fucile e spara a Pepe Romano, senza colpirlo, ma crudelmente lei e Martirio fanno credere ad Adele che sia morto, e la giovane si chiude in camera e si impicca, scegliendo la morte di fronte al destino di una vita senza amore. Al ritrovamento del corpo esanime di Adele, Bernarda reagisce con il solito, algido perbenismo, ossessionata solo dall’idea che si precisi che sua figlia è morta vergine. Bernarda è l’emblema della borghesia i cui limiti sono implacabilmente denunciati da Garcia Lorca: ipocrita, egoista, materialista, superficiale e ottusa. Le figlie sono invece le vittime del “sistema”, mentre l’autore affida agli ultimi nella scala sociale il ruolo di voce della coscienza: è la serva Ponzia ad avere il sentore della tempesta in atto tra le mura domestiche, mentre la vecchia madre di Bernarda, solo apparentemente demente, nei suoi vaneggiamenti aveva previsto che nessuna delle figlie si sarebbe sposata. Il personaggio più positivo è Adele, che come il poeta, patente per una omosessualità all’epoca molto difficile da far accettare socialmente, è simbolo di libertà e coraggio, che aspira all’amore e lotta e si ribella contro le ipocrisie della società, e arriva a scegliere la morte in alternativa allo squallore di una vita solitaria. I miei personali complimenti all’Accademia “On Broadway musical theatre & dance”, che si conferma officina laboriosa e fertile di tecniche e talenti, e alla regia di Eleonora Di Maio, che maneggia il testo in punta di dita, con assoluto rigore e devoto rispetto per la scrittura del grande Lorca. Una interessante esperienza per i giovani allievi della scuola il confronto con la dura condizione della donna del primo novecento, sottoposta al copione della vita quotidiana, angusta e senza speranza, mera merce di scambio senza dignità di replica alcuna.