Hamilton Torna a vincere dopo sette mesi con lucidità e coraggio Rosberg evapora. Ferrari, stavolta manca pure il podio
Altro che telai, altro che aerodinamica, altro che motori e – addirittura – altro che gomme: il Gran Premio di Monaco è stato una questione di nervi, dall’inizio alla fine. Tutto giocato, vinto o perso, sul filo della tensione.
I nervi d’acciaio di Lewis Hamilton che ha saputo aspettare, osservare, subire anche, fino all’istante in cui ha potuto gettarsi in picchiata sul Mondiale. Un rapace e il suo movimento perfetto, quello che la natura gli ha insegnato. Ha sacramentato dietro a Nico Rosberg per dieci giri fino a che la Mercedes ha autorizzato il sorpasso che per Nico è stato la resa.
I nervi a pezzi di Rosberg, certo, che sulle strade di casa sua ha dovuto farsi da parte e ha visto la macchina gemella subito allontanarsi, diventare piccola e sparire. Un’umiliazione di cui Nico non ha retto il peso, dopo lo sciagurato errore con l’elettronica in Spagna.
PERFEZIONE. Lewis usa più di ogni altro le gomme da pioggia pesante, fino a farle diventare lisce quando l’asfalto si è asciugato: perfetto nella scelta di saltare alle ultrasoft – tattica rischiosissima e sul momento incomprensibile perché sembra condannarlo a un’altra fermata, che invece non ci sarà -, riprende il controllo delle operazioni e la guerra psicologica al compagno.
Lo fa indirettamente, coprendo di elogi Daniel Ricciardo.
«Bravissimo, grandissimo, uno dei migliori avversari che abbia mai avuto, spero di tornare a lottare presto con lui».
Non una parola per Rosberg che ancora lo precede in classifica, non più di 39 ma di 24 punti.
I nervi a fior di pelle di Ricciardo, che fa tutto per bene fino a quando la squadra lo chiama per il secondo pit stop e lo lascia, semplicemente, senza ruote.
I nervi scossi della Red Bull: nell’istante che vale tutto, sbaglia. Il viavai di pneumatici nel garage trova un ordine logico dopo dieci interminabili secondi che costano a Ricciardo la vittoria: rientra secondo dietro a Hamilton e non ci sarà più modo di superarlo, neanche con un attacco da pirata alla chicane dopo il tunnel, respinto con durezza inusitata.
ERRORACCIO. I nervi fin troppo distesi di Kimi Raikkonen, che al pronti via dietro safety car viene attaccato e superato dalla Haas di Esteban Gutierrez (sic), dopo tre giri di gara vera sbaglia in staccata al Loews, rompe l’ala e la sbriciola per ottocento metri, ritirandosi.
«Detesta questa gara, fosse per lui neanche bisognerebbe correrla», lo ha giustificato Arrivabene, fin troppo paternalistico. La Ferrari, ieri il quarto team (Sebastian Vettel preceduto da Mercedes, Red Bull e pure dalla Force India di Perez), ha mancato il minimo sindacale del podio.
I nervi fragili e acerbi di Max Verstappen, che dopo aver vinto a Barcellona ha pensato di avere il mondo in mano: ha toccato sul guard rail sabato mattina al Massenet e gli è andata di lusso, lo ha fatto più duramente in qualifica e gli è andata da schifo. Ha rimediato alla partenza in ultima posizione con sorpassi in serie – uno spettacolo – fino a spalmare la macchina contro le protezioni, nuovamente al Massenet.
Sempre parlando di nervi, ecco, ci ha dato sui nervi veder partire il gran premio dietro alla safety car, rimasta in pista per ben sette giri. Correre e scattare al via sotto la pioggia è un’abilità che rapisce il cuore dei tifosi e che dà un senso forte alla Formula 1, come testimonia l’immagine di Ayrton Senna che nel diluvio del 1984 dà la caccia ad Alain Prost: un ricordo vivo nonostante sia passata l’enormità di trentadue anni.
Per il resto gara mossa e avvincente con incidenti, imprevisti, sorpassi, quattro safety car virtuali, il cambio di pista da bagnata ad asciutta e gomme di cinque colori diversi: tutti i tipi e tutte le mescole disponibili sono stati usati. Peccato che l’unico rosso davvero protagonista sia stato quello delle supersoft.
fonte:corrieredellosport
al Mondiale
Rosberg evapora. Ferrari, stavolta manca pure il podio
I nervi d’acciaio di Lewis Hamilton che ha saputo aspettare, osservare, subire anche, fino all’istante in cui ha potuto gettarsi in picchiata sul Mondiale. Un rapace e il suo movimento perfetto, quello che la natura gli ha insegnato. Ha sacramentato dietro a Nico Rosberg per dieci giri fino a che la Mercedes ha autorizzato il sorpasso che per Nico è stato la resa.
I nervi a pezzi di Rosberg, certo, che sulle strade di casa sua ha dovuto farsi da parte e ha visto la macchina gemella subito allontanarsi, diventare piccola e sparire. Un’umiliazione di cui Nico non ha retto il peso, dopo lo sciagurato errore con l’elettronica in Spagna.
PERFEZIONE. Lewis usa più di ogni altro le gomme da pioggia pesante, fino a farle diventare lisce quando l’asfalto si è asciugato: perfetto nella scelta di saltare alle ultrasoft – tattica rischiosissima e sul momento incomprensibile perché sembra condannarlo a un’altra fermata, che invece non ci sarà -, riprende il controllo delle operazioni e la guerra psicologica al compagno.
Lo fa indirettamente, coprendo di elogi Daniel Ricciardo.
«Bravissimo, grandissimo, uno dei migliori avversari che abbia mai avuto, spero di tornare a lottare presto con lui».
Non una parola per Rosberg che ancora lo precede in classifica, non più di 39 ma di 24 punti.
I nervi a fior di pelle di Ricciardo, che fa tutto per bene fino a quando la squadra lo chiama per il secondo pit stop e lo lascia, semplicemente, senza ruote.
I nervi scossi della Red Bull: nell’istante che vale tutto, sbaglia. Il viavai di pneumatici nel garage trova un ordine logico dopo dieci interminabili secondi che costano a Ricciardo la vittoria: rientra secondo dietro a Hamilton e non ci sarà più modo di superarlo, neanche con un attacco da pirata alla chicane dopo il tunnel, respinto con durezza inusitata.
ERRORACCIO. I nervi fin troppo distesi di Kimi Raikkonen, che al pronti via dietro safety car viene attaccato e superato dalla Haas di Esteban Gutierrez (sic), dopo tre giri di gara vera sbaglia in staccata al Loews, rompe l’ala e la sbriciola per ottocento metri, ritirandosi.
«Detesta questa gara, fosse per lui neanche bisognerebbe correrla», lo ha giustificato Arrivabene, fin troppo paternalistico. La Ferrari, ieri il quarto team (Sebastian Vettel preceduto da Mercedes, Red Bull e pure dalla Force India di Perez), ha mancato il minimo sindacale del podio.
I nervi fragili e acerbi di Max Verstappen, che dopo aver vinto a Barcellona ha pensato di avere il mondo in mano: ha toccato sul guard rail sabato mattina al Massenet e gli è andata di lusso, lo ha fatto più duramente in qualifica e gli è andata da schifo. Ha rimediato alla partenza in ultima posizione con sorpassi in serie – uno spettacolo – fino a spalmare la macchina contro le protezioni, nuovamente al Massenet.
Sempre parlando di nervi, ecco, ci ha dato sui nervi veder partire il gran premio dietro alla safety car, rimasta in pista per ben sette giri. Correre e scattare al via sotto la pioggia è un’abilità che rapisce il cuore dei tifosi e che dà un senso forte alla Formula 1, come testimonia l’immagine di Ayrton Senna che nel diluvio del 1984 dà la caccia ad Alain Prost: un ricordo vivo nonostante sia passata l’enormità di trentadue anni.
Per il resto gara mossa e avvincente con incidenti, imprevisti, sorpassi, quattro safety car virtuali, il cambio di pista da bagnata ad asciutta e gomme di cinque colori diversi: tutti i tipi e tutte le mescole disponibili sono stati usati. Peccato che l’unico rosso davvero protagonista sia stato quello delle supersoft.