Successo per la compagnia Scimone Sframeli che chiude la prima stagione di Casa del Contemporaneo
Di OLGA CHIEFFI
Due lettere A e B, in filo di neon bianco, un celato richiamo ad un precedente spettacolo della compagnia, “Bar”, oppure simbolo di un rebus da risolvere, che vanno ad illuminare la condizione disperata in cui Francesco Sframeli e Spiro Scimone protagonisti de’ “Il Cortile” si dibattono tra cumuli di spazzatura, sempre in attesa di qualcosa, che assumerà l'identità di un inquietante essere del sottosuolo dal trasparente nome di Uno (lo interpreta il bravo Nicola Rignanese). Un tipo che ha perso dopo vent'anni il lavoro, che non può più camminare e il quale intima che bisogna imparare a far pena agli altri, magari anche tagliandosi un braccio, che bisogna imparare a vomitare, che è necessario muoversi, strisciando come un verme, per cercare di raccattare un pezzo di pane nero ammuffito da dividere con la moglie. Il senso del dramma è nella sua mancanza apparente di senso, evidenziato dal fatto che il tutto coincide con la scomparsa del significato del linguaggio: l’elemento discorsivo viene trasformato nello strumento della propria assurdità. In quanto al luogo il cortile potrebbe essere un rifugio che ospita dei sopravvissuti, in cui l’umanità continua a vegetare dopo che sono accadute cose a cui in verità non possono sopravvivere nemmeno i sopravvissuti. Così i segni esteriori di un mondo in cui noi persone normali vediamo o intravvediamo ancora la bellezza, non deve ingannare su cosa di nasconde dietro la facciata. Se riusciamo a vedere al di là di essa, a risolvere il rebus, potremmo vedere come i rapporti sociali esistenti nel nostro mondo abbiano privato gli uomini del senso stesso dell’umanità. La realtà per ora, purtroppo è fatta soltanto di buio. Dopo la conclusione della stagione “regolare” con la prestigiosa rappresentazione de’ “Il cortile”, l’attività della Casa del contemporaneo prosegue con il neo-nato segmento “Rigenerazione”, pensato per offrire ai talenti giovani del territorio un “luogo” di confronto e un'occasione di dialogo con un pubblico diverso da quello che li segue abitualmente. Il primo (doppio) appuntamento di questa programmazione è previsto – sempre alla Sala Pasolini domani e giovedì, alle 21 con “Jernej”, una produzione Teatro dei colpevoli, Fondazione Campania dei Festival con la regia di Simone Giannatiempo. Lo “Jernej”, opera scritta all’inizio del Novecento racconta di un contadino che cacciato dal padrone chiede giustizia. Scritta in un periodo di pieno fermento politico-sociale il protagonista non mette tanto in discussione il concetto di proprietà privata, quanto l’origine della stessa: il duro lavoro contro una trasecolare e immeritata eredità. Negatagli la giustizia Jernej non potrà che affermare in un atto estremo la sua rivendicazione. Tenta l’estrema sintesi di un romanzo di Dostoevskij “Esse o non esse” vita ironica di Stavrogin e di altri demoni, lo spettacolo di Manovalanza in scena dal 20 al 22 Maggio (venerdì e sabato alle 21, domenica alle 18). Quella di Stavrogin è la storia di un grande potere messo al servizio del niente: Stavrogin si infervora per un’idea e poi per il suo contrario solo per vedere l’effetto che fa, su di sé e su gli altri. È il tiepido che gioca prima col ghiaccio e poi col fuoco. Irriverente, affascinante, indifferente, spaventoso. L’uomo del romanzo, l’attore sulla scena, il personaggio, l’umano che lo incarna, tutti sono il dio e al tempo stesso l’uomo nudo e inerme di fronte all’assurdo della vita. È il vuoto pieno di sé. Appuntamento finale di questo segmento, infine, “Pisci 'e paranza” (sabato 28 alle 21 e domenica 29 alle 19) progetto e regia di Mario De Masi, segnalazione speciale Premio Scenario 2015, che rivela un attento uso dello spazio, che compone e scompone le relazioni fra i personaggi giocate su dinamiche di sopraffazione, violenza, ma anche improvvise solidarietà. L'azione si svolge in una stazione. Luogo di interconnessione fra i luoghi, motore di un movimento incessante di persone e cose. Ciò che i più semplicemente attraversano, da alcuni è abitato. Quello che per molti è un corridoio, per altri è casa.