Massa Lubrense, Marina della Lobra, riqualificazione o cemento?

30 maggio 2016 | 00:00
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Massa Lubrense, Marina della Lobra, riqualificazione o cemento?

Una storia infinita quella di Marina della Lobra a Massa Lubrense. che appassiona tutti in costa di Sorrento e oltre

Se siete appassionati diportisti, regatanti seriali o velisti d’assalto, navigando davanti a Massalubrense non lontano dallo scoglio del Vervece, mentre restate ammirati dalla bellezza dei luoghi, probabilmente non immaginate la vicenda che da oltre dieci anni tiene con il fiato sospeso gran parte dei residenti.
La questione riguarda il progetto di riqualificazione dell’area portuale di Marina della Lobra, che vede schierati davanti al Tar la società concessionaria dei lavori in project financing contro un nucleo di sette dissidenti tra cui Regione Campania, Soprintendenza, Pro Loco, Comitato civico e, ultimo in ordine di tempo, il WWF.
Negli anni si sono succeduti al bando pubblico del lontano 2001, atti amministrativi, conferenze di servizi, modifiche, ricorsi al Tar anche di piccole imprese e circoli nautici timorosi di perdere le attuali concessioni con la conseguente sospensione delle loro attività.
Chi sostiene il progetto originario ritiene che si tratta di un intervento di ampliamento dei posti barca e riqualificazione complessiva dell’area con, a monte, centro polifunzionale, parcheggio multipiano in parte interrato, solarium, piscina di acqua dolce, servizi.
Il WWF viceversa è convinto che il progetto, di fatto, concorrerà alla cementificazione e allo stravolgimento di uno storico borgo e di un angolo di paesaggio dalle considerevoli peculiarità storiche e ambientali.

“Si parla di ristrutturazione dell’area portuale – dichiara Claudio d’Esposito Presidente del WWF Terre del Tirreno – ma concretamente il progetto prevede una colata di calcestruzzo che non risparmierà le spiagge superstiti e un limoneto di tremila mq. per realizzare l’ennesimo mega parcheggio interrato, il tutto in un’area posta all’interno del Parco Marino di Punta Campanella e in un Sito di Interesse Comunitario sottoposto a numerosi vincoli.”

Si aspettava la sentenza, ma il Tar nel corso dell’udienza celebrata il 24 maggio, ha rimandato la decisione e solo nelle prossime settimane si saprà quale sarà la scelta tra due opzioni: nominare un consulente tecnico d’ufficio per analizzare i dettagli del progetto, oppure emanare il verdetto.
Senza voler entrare nel merito della questione e indipendentemente da essa, ci sembra di poter segnalare ancora una volta le perplessità di chi ritiene che un paese moderno debba dotarsi di regole per evitare procedimenti così lunghi. Non a caso l’Italia è piena di opere incompiute e di conseguenti inestricabili contenziosi in quanto l’immobilismo prolungato per lustri se non per decenni per qualsivoglia ragione, finisce per impattare contro mutate condizioni rispetto a quelle che la proposta originaria poneva a base dell’appalto. Le conseguenze diventano difficilmente gestibili.

Peggio ancora può succedere quando si fosse ottimisticamente dato il via ai lavori, ritenendo di poter espletare qualche adempimento mancante in corso d’opera. Non sono rari i casi in cui si presenta il classico granello di sabbia nell’ingranaggio, sotto forma di imprevisti più o meno consistenti. Partono allora le varianti alle quali bisogna comunque assicurare l’approvazione dei vari soggetti in campo, la cui visione o la cui composizione però potrebbe essere mutata nel frattempo. In sostanza è elevato il rischio di accumulare altri ritardi o addirittura il blocco dell’opera.

Non mancano voci di esperti che, alla luce delle esperienze pregresse, ritengono che ben prima di mandare in appalto i lavori vadano adottate misure atte a garantire la reale esecutività del progetto e il consenso certificato di tutti gli attori coinvolti nella realizzazione delle opere. Nel caso non dovesse essere possibile acquisire ciò entro un arco ragionevolmente breve di tempo, le proposte andrebbero messe da parte per norma, in favore di opere sicuramente cantierabili. Ma questa è un’altra storia di cui ci potremo occupare in seguito.
E’ certo però che uno sforzo comune andrebbe tentato da parte di enti, associazioni, imprenditori, stakeholder per programmare di comune accordo infrastrutture e servizi sostenibili, realizzabili in tempi brevi. Un territorio può essere reso attraente anche per piccoli passi, purché si abbia la visione condivisa del futuro. Vincenzo Iommazzo, Salernonews24