Sarri,Confermato fino al 2020: «Ringrazio De Laurentiis Mi ha proposto un contratto generoso, sono onorato»

28 maggio 2016 | 00:00
Share0
Sarri,Confermato fino al 2020: «Ringrazio De Laurentiis Mi ha proposto un contratto generoso, sono onorato»

Il progetto è forma, è contenuto, è un’idea che fiorisce, un ponte che s’allunga (praticamente) all’infinito: qua la mano, per altri quattro anni ancora, per continuare assieme, felici e (possibilmente) vincenti. La filosofia (aziendale) è un’arte, è scienza, è l’espressione d’una identità – persino di una «diversità» – che Aurelio De Laurentiis e Maurizio Sarri esprimono scegliendosi (almeno) sino al 2020, infilandosi nel futuro attraverso il proprio concetto di calcio ch’è raffigurato dalla continuità d’un contratto rinnovato dentro e fuori, riscritto pari-pari e ricostruito nei dettagli per trasmettere serenità assoluta ad un allenatore raggiante. «E’ stato un gran gesto del presidente, che mi ha fatto sentire parte integrante delle famiglia-Napoli». 

L’UNIONE, LA FORZA. Il tempo è il galantuomo che guarisce qualsiasi incomprensione e De Laurentiis ha lasciato che scorressero lievi i giorni, che la calma avesse il sopravvento sulla irrazionalità, che ci fosse un briciolo di normalità per rimuovere qualsiasi (eventuale) attrito e lanciare il Napoli in un orizzonte limpido: le differenze interpretative – le cosiddette opzioni – diventano, all’ora di pranzo, carta straccia; e la cifra su quel contratto del giugno scorso (700mila euro) e raddoppiata, anzi di più (un milione mezzo) e arricchito da una serie di premi ad obiettivi che scuotono Sarri e lo mandano in diretta radiofonica, su Kiss Kiss, emozionato per la manifestazione di stima ricevuta e il riconoscimento tangibile che invece è certificato. «De Laurentiis mi ha sottoposto un contratto di livello, in cui riconosco generosità e affetto. Apprezzo e sono onorato di tutto ciò: il presidente non era tenuto a comportarsi in questo modo, se sono arrivato ad allenare a questi livelli è grazie a lui. Mi suona ancora strano parlare di Champions, pensare di andare in panchina in una manifestazione del genere, immaginare l’atmosfera e quel clima: spero, in quei momenti, di avere la miglior lucidità possibile. So che quella musica moltiplicherà l’effetto nostro e quello della nostra gente. Tonelli? Difensore di grande fisicità e di grande rapidità; deve migliorare tecnicamente e lo farà». 

PARLIAMO. Amici miei, atto secondo, va in scena rapidamente, ed è un sequel di ciò che accadde nell’estate scorsa: la telefonata di avvicinamento (all’alba), l’invito a pranzo, la chiacchierata senza fronzoli, diretta. A Roma, l’appuntamento è tra Aurelio De Laurentiis, suo figlio e vice presidente Edoardo, l’ad Chiavelli, il ds Giuntoli, Maurizio Sarri e il suo amico e manager Alessandro Pellegrini. E quando la fumata è azzurra, il tweet di Adl riassume la scelta: «Cari tifosi, ho incontrato a Roma, come avevo fatto nei giorni scorsi, Sarri. Abbiamo messo le basi per quattro anni straordinari». Due ore e mezza e non c’è alcuna traccia di perplessità, ma il desiderio di guardare avanti, di godersi i dodici anni che hanno portato dalla C alla Champions, pensando a quel che potrà accadere ancora fondendo le energie d’un club che ha voglia di espandersi. «Un grazie anche a mio figlio Edo, che è stato prezioso. Io spero presto adesso di poter comunicare altro, ma per comprare e vendere bisogna essere in due. Possiamo stare sul collo a chiunque, ma poi sono gli altri a dover decidere: a casa mia, bastano tre minuti per farlo…Altrove forse non è così. Io non insisto: se Napoli chiama, bisogna correre. E se uno non capisce Napoli, resti pure dov’è. In questi giorni ho avuto ospiti cinesi, con cui ho parlato di cinema e televisione; poi mi sono dedicato al Napoli e sono carico a pallettoni». 
Chiari riferimenti anche al mercato, quindi. Vecino? «Chissà, vediamo: ce ne sono anche altri…» svela De Laurentiis a Radio Kiss Kiss, lasciando i pensieri correre agli altri profili selezionati, tra i quali spicca l’olandese Klaassen: «Eh si, i pittori fiamminghi spesso hanno soggiornato qui (a Napoli, ndr)». 

Lo scetticismo iniziale spazzato via a suon di risultati

 E poi i salmi finiscono in gloria. Perché è stato un sogno, attraversato da tre settimane di perplessità, ma s’è capito rapidamente (tra il 17 e il 20 settembre) d’essere piombati in un calcio affascinante, accecati dai bagliori del tridente (dieci reti tra il Bruges e la Lazio), illuminati dall’ampiezza di quel football un po’ tiki-taka e un po’ all’olandese. E’ stato bello, per nove mesi, persino nelle sconfitte: perché c’è stata un’idea (trasgressiva, rivoluzionaria), il desiderio di recitare un ruolo attivo, l’assoluta assenza del rifiuto, del calcolo, della speculazione: 4-3-3, palleggiando a lungo, disegnando la favola che ha raccontato una stagione nella quale ci sono il maggior numero di punti di sempre, la squadra più prolifica dei novant’anni, di avere il capocannoniere che ha demolito il record di Nordahl: di perdersi, insomma, in una serie di primati alla fine fagocitati dal secondo posto ch’è valso la Champions.  C’è voluta una Juventus epica per «oscurare» quel calcio che però rimane nell’immaginario collettivo, perché il Napoli è stata la Grande Bellezza. Eppure era cominciata maluccio, persi nell’afa di Reggio Emilia, sconfitto dal Sassuolo – che Sarri annunciò come sorpresa: «Vedrete, arriverà tra le prime sette» – prigioniero del rombo, del trequartista, d’una manovra accattivante ma non esplosiva: 2-2 con la Sampdoria, alla seconda; 2-2 anche ad Empoli, alla terza, portandosi dentro un dubbio poi trasformato in magìa. «E se rinunciassi a me stesso e provassi con quel tre là davanti…?». Il Napoli di Sarri extralusso nasce un lunedì mattina, tra le pieghe delle riflessioni del post-partita, smontando una tesi appena svelata («con il tridente temiamo di soffrire il regista altrui, perché faremmo fatica a marcarlo») e rivoltandosi umilmente: Hysaj da sinistra a destra; Ghoulam dalla panchina alla corsia, mancina; Jorginho in mezzo al campo al posto di Valdifiori; e davanti, senza dubbi, Callejon-Higuain-Insigne, sapendo d’avere anche Mertens, il miglior «dodicesimo» cui si potesse ambire. E’ stato uno spettacolo a cielo aperto, l’esibizione del modernismo partenopeo in cui c’è il senso del calcio di Sarri, la pienezza del divertimento, la voglia matta di stupire innanzitutto se stesso, poi uno stadio incantato: «Un giorno all’improvviso». Fu quando Napoli si innamorò del Napoli.