Intervista a Mario Martone regista affermato, presente al Positano Premio Ruccello, domenica

3 agosto 2016 | 00:00
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Intervista a Mario Martone regista affermato, presente al Positano Premio Ruccello, domenica

Il regista Mario Martone, che domenica sarà presente al Positano Teatro Festival, l'intervista di Ilaria Urbani su Repubblica «Trovo nutrimento artistico dalle periferie napoletane, sono una risorsa: sono felice di portare Eduardo a San Giovanni a Teduccio a febbraio con la produzione della compagnia di Luca De Filippo». Dopo anni di successi in giro per l’Europa, a teatro e al cinema, Mario Martone ritrova ispirazione nella sua terra. Il regista partenopeo, direttore artistico dello Stabile di Torino, tornerà l’anno prossimo a febbraio a Napoli a dirigere la giovane compagnia del teatro Nest con il celebre testo di Eduardo “Il sindaco del rione Sanità”. Intanto Martone, che poi il 27 aprile porterà in scena al teatro Mercadante anche “Morte di Danton”, domenica (20.30) ritirerà il Premio Annibale Ruccello al Positano Teatro Festival sul sagrato della Chiesa Madre. Il riconoscimento intitolato al drammaturgo stabiese, scomparso prematuramente nel 1986, è un’opera di Ernesto Tatafiore.

Martone, cosa ha rappresentato per lei agli esordi l’incontro con Annibale Ruccello?
«Ci siamo conosciuti purtroppo per breve tempo, ma un tempo molto denso di conversazioni e scambi. Annibale era una persona meravigliosa. Dialogavamo a lungo, abbiamo immaginato tante cose da fare insieme, purtroppo non abbiamo fatto in tempo. È un pezzo mancante della mia vita. Ho lavorato con Enzo Moscato, eravamo la post- avanguardia: il Teatro Studio di Caserta con Toni Servillo e noi con Falso Movimento, era un teatro fatto d’immagini, forte, con poco testo. E poi c’erano Annibale ed Enzo che creavano una drammaturgia nuova, fatta di parole. Eravamo su due lati opposti, e come tutti gli opposti c’era grande attrazione, era inevitabile l’enorme curiosità».

Che persona era Ruccello?
«Ricordo un ragazzo di una cultura immensa, amava Proust e si era formato molto anche con le ricerche di Roberto De Simone. Io allora non avevo ancora letto la “Recherche” e devo dire che Annibale mi ha molto stimolato a leggerla. Aveva una grande attenzione per il teatro popolare, per la dimensione antropologica, e una sensibilità mitteleuropea. Prova ne è “Ferdinando”, un testo fortissimo, fatto di carne e sangue, e di grande raffinatezza linguistica. Annibale non era autoreferenziale, era un artista fortemente radicato a Napoli, ma aveva la testa in Europa, era speciale. Il premio a lui intitolato che riceverò a Positano, diretto da Gerardo d’Andrea, mi emoziona».

Pensa di portare in scena un testo di Ruccello prossimamente?
«Sicuramente: non so quando ma un giorno o l’altro lo farò. Conoscevo la madre che curava con amore e intelligenza la sua eredità artistica. Ho conosciuto Annibale con Alessandra Golia, nostra amica comune, subito è scattata un’immediata simpatia, un trasporto. È stata una grande perdita la sua morte per il teatro, un rimpianto. L’unico conforto è che, pur essendo morto così giovane, Annibale ha lasciato una produzione artistica notevole. Arturo Cirillo ha il grande merito di aver riscoperto il patrimonio artistico di Ruccello, anche i testi meno conosciuti, più acerbi. L’anno scorso sono riuscito a convincere Torino a portare in scena “Notturno di donna con ospiti” con Giuliana De Sio, Gino Curcione e Rosaria De Cicco, nonostante lo scetticismo per il testo in dialetto: è stato un successo, questo dimostra che il teatro di Ruccello è vivo. Annibale ha consegnato al teatro italiano una drammaturgia entrata nella Storia».

Il 28 febbraio debutterà al teatro Nest di San Giovanni a Teduccio la sua regia di “Il sindaco del rione Sanità” di Eduardo. Protagonista Francesco Di Leva. Cosa significa per lei oggi debuttare in un teatro di periferia?
«Questo grande testo di Eduardo segna il mio ritorno a Napoli, mi interessa molto San Giovanni a Teduccio, una realtà che ha così grande capacità di reagire al disagio e questo giovane gruppo di attori che hanno dato vita al Nest. Credo che Napoli, come le grandi città nel mondo, abbia la necessità di espandersi verso le periferie, non solo perché è giusto dal punto di vista sociale, ma perché sono un grande nutrimento artistico. Non bisogna più guardare alla periferia come disagio, sofferenza, la città si allarga:

 è una risorsa. Da un lato ricevi una ferita, dall’altra un arricchimento. Non bisogna pensare che intorno a Napoli ci siano le mura. Non vado a San Giovanni a Teduccio con lo spirito di dare una mano, ma con l’idea di ricevere tanto, con un rapporto alla pari».

A quando il suo ritorno al cinema?
«Spero che l’anno prossimo di questi tempi sarò sul set a girare. Questa volta Napoli non c’è».