Il Napoli non vince più. Tre ko: Atalanta e Roma in campionato, Besiktas in Champions
Il tecnico non ha perso serenità, ma il periodo nero forse gli ha messo qualche incertezza: la filosofia del giocare sempre in attacco? Quella non cambierà
Nelle ultime quattro partite la difesa azzurra ha incassato troppi gol: ben nove
Il passato sa di terra lontana: è stato bello, anzi bellissimo, ma quell’onda anomala, travolgente, s’è portata momentaneamente via il Napoli e il Calcio, che impietosamente avanza, ha lasciato sul ciglio della strada, tra l’Italia e la Champions, i resti d’una felicità grassa, le contorsioni (anche verbali) d’una Idea improvvisamente smarrita. Il tempo è un galantuomo ma anche no, perché gli umori, ed a volte i destini, sono frettolosamente consegnati alla traiettoria perfida d’un pallone: rigori sbagliati (Insigne), traverse nemiche (quella del Besiktas), errori (nel rispetto delle distanze tra reparti) e omissioni diventano dettagli, perché la sintesi è nei fatti, tre sconfitte (consecutive), sette punti dalla Juventus, la qualificazione in Champion League rimessa clamorosamente in discussione.
TUTTO E SUBITO. Si (ri)parte e le quattro giornate del Napoli, quelle in cui c’è racchiusa la verità, quasi tutta la verità e null’altro che la verità creano l’atmosfera un po’ greve, certo nevrotica, delle notti prima degli esami: perché da Crotone all’Empoli e poi dallo Juventus Stadium a Istanbul, in queste due settimane per uomini forti, il calcio di Sarri – e chi lo avrebbe mai detto? – si trova rimesso in discussione, sfregiato da quei ventuno giorni che hanno lasciato ferite da curare in fretta. Il campionato, la Champions, c’è un anno intero da risistemare e un clima che riconduca all’allegria sprigionata da una squadra, il Napoli, spesso prossimo alla perfezione, implacabilmente fascinoso, un esemplare di indiscutibile esercitazione stilistica, sfiorita tra le pieghe d’un turn-over a corrente alternata e tra gli scarabocchi d’una fase difensiva infarcita pure d’orrori.
CONTRACCOLPO. C’è un calcio, ed è da sempre così, che non ha pazienza, che si perde tra lo slabbramento delle diagonali e le interpretazioni dei centravanti: e sarà pure un paradosso – e lo è – ma del Napoli che al 70' della sfida con il Benfica poteva specchiarsi in se stesso per un 4-0 rutilante, esagerato, è sopravvissuta la scorza, quella Filosofia (anche) accecante di non buttarsi mai via (come Koulibaly con la Roma) e però pure una serie di incursioni estemporanee nel terreno minato del buon senso. C’è una certezza: ci sono partite, e le chiamano «sporche», che una squadra votata all’eleganza non sa affrontare; e ce ne sono altre, in cui sarebbe utile una spruzzata di strategia, nelle quali l’incapacità di gestire le fasi, non le tensioni ma i momenti, la fa da padrone.
TOCCA A SARRI. La garanzia del Napoli è nella ricercatezza delle giocate, nella varietà degli schemi, nella fantasiosa interpretazione offensiva: ma in quel calcio, che Sarri ha radicato rapidamente, innestando le proprie teorie su un terreno fertile e già «arato» (si dovrebbe dire allenato), va depurato dai limiti strutturali o occasionali, dall’appesantimento atletico che è in alcuni interpreti o dal fisiologico calo che può essere in altri. Il Napoli che ha incantato, con il palleggio in stile tiki taka e la somiglianza assai prossima al calcio olandese, s’è svuotato di se stesso rapidamente ma le assenze di Albiol e di Milik hanno rappresentato elementi d’una involuzione assai più ampia che, paradossalmente, a tratti contro il Besiktas è parsa superata con un gioco «fosforescente», abbagliante, almeno quanto alcune scelte divenute – a posteriori – decisamente dominanti.
Gli effetti nocivi della mini-valanga che s’è abbattuta tra l’Atalanta, la Roma ed il Besiktas sono visibili classifiche alla mano e Sarri, che conosce il Mondo del calcio per averlo attraversato dalla cupa periferia allo scintillante red carpet d’una Metropoli, è consapevole dell’esigenza d’interventi mirati nelle teste, nelle gambe in quattro giornate in cui c’è in palio parecchio, quasi tutto: il calcio non ha mai avuto memoria (né a zona, né tantomeno negli uomini) e persino il 4-0 (al 70°) al Benfica è una istantea che sbiadisce.
Insigne in lacrime, ora la crisi è profonda ?
Forza lorenzo
Lacrime napoletane. Dell'unico napoletano del Napoli: la partita con il Besiktas finisce, Sarri e i giocatori lasciano il campo e lui, Lorenzo Insigne, si isola in un pianto a dirotto rannicchiato in panchina. Da solo. Qualcuno a un certo punto si accorge di lui e lo va a consolare, ma le lacrime continuano a scorrere: il peso del rigore sbagliato, della sconfitta, dei fischi del San Paolo. E poi di un momento che, senza troppi giri di parole, sembra molto vicino a una crisi vera. Già, proprio così, però è inutile rimuginare: passerà. Il talento è quello di sempre: basta crederci.
IL PESO. E allora, l'ultima scena di una Champions complicata all'improvviso: quella bagnata dal pianto di Lorenzo, sconsolato a dire poco in una solitudine letteraria che in genere è riconosciuta ai numeri uno. Nel senso di portieri. Insigne ha giocato anche con il Besiktas ben al di sotto delle proprie possibilità e poi, nel momento clou, s'è fatto parare un rigore calciato maluccio: colpa di uno strano peso che lo schiaccia dentro. Per forza: non è che in un attimo ha dimenticato come si gioca. Lui che un anno fa, di questi tempi, volava e strabiliava, in questo scorcio di stagione ha regalato il meglio soltanto con il Palermo: una partita, troppo poco. Il gol, invece, manca da più di sei mesi: Napoli-Verona, 10 aprile. Troppo.
COSA SUCCEDE? La questione, insomma, è delicata: pensieri vari e la smania di dimostrare a suon di colpi a effetto. Di certo l'idea di aver perso la Nazionale, insieme con la serenità, e come se non bastasse l'esplosione di un Mertens che, nelle pieghe del testa a testa infinito, ha indotto Sarri a stravolgere le gerarchie. Uno più uno e Lorenzino s'è ingrigito: la pressione della giocata a ogni costo, che più ci pensi e meno ti riesce anche se fino a ieri fioriva naturale, e poi di un gol che in questa stagione non arriva neanche su rigore. Tutti fermi: resettare. E ripartire: perché Insigne il calcio ce l'ha nel sangue e il Napoli ha bisogno della sua classe. E' il momento di reagire.
SARRI E HYSAJ. Non soltanto Lorenzo, però: Sarri mercoledì ha parlato di un Hysaj in «difficoltà mentale, di applicazione e concentrazione». Da qui la scelta di puntare su Maggio con il Besiktas. E la conseguente risposta del manager del giocatore, Mario Giuffredi, a Kiss Kiss Napoli: «Non condivido assolutamente le sue parole: Elseid è tranquillo, forte e sereno. Caratterialmente è fuori dalla norma e non ha alcuna difficoltà mentale: è solo stanco, ha giocato due partite in Nazionale, e un turno di riposo ci sta. Lo stesso Sarri ha detto che alcuni giocatori subiscono il momento della squadra e questo vale anche per Hysaj: non si possono fare due pesi e due misure».
fonte.corrieredellosport michele de lucia