Un paio di anni fa, quando Sarri allenava l’Empoli, la sua squadra aveva un modo, una strategia, per uscire dal pressing avversario che ricordava quella di Spalletti alla Roma, il primo Spalletti. Tocchi rapidi, avanti e indietro, e in un attimo l’Empoli era fuori dall’assedio.
Durante un’intervista gli chiedemmo se quella sensazione era giusta, se avesse preso quel sistema da Spalletti. E Sarri, serenamente, disse che poteva pure essere così, perché il suo calcio era un insieme di idee di diversi tecnici e fra questi c’era anche Spalletti.
Oggi il calcio di Sarri produce spettacolo come accadeva (e accade) alla Roma con Spalletti. Hanno la stessa impostazione mentale: si vince giocando bene. Facile a dirsi, ma per loro, almeno in certi momenti, facile anche a farsi. La differenza di questa sfida, da cui verrà fuori con forza la vera anti-Juve, sta nel cammino pieno di inciampi della Roma e in quello più spedito del Napoli. Per dire questo, inseriamo nel discorso anche le coppe, autentica disperazione per la Roma, somma goduria per il Napoli. Che ha perso a Bergamo per la prima volta in questo campionato, ma dopo aver entusiasmato la sua folla con un’ora di calcio stellare contro il Benfica in Champions League.
LA MOSSA DI SARRI
Senza il Pipita ha avanzato tutti i giocatori
All’inizio della sua storia a Napoli giocava con lo stesso modulo di Empoli, il 4-3-1-2, con una forzatura evidente: Insigne trequartista. Era così poco adeguato quel cambio di ruolo e di posizione che Conte, all’epoca ct, se ne infischiava e chiamava Insigne in Nazionale per farlo giocare ancora da esterno. Quel Napoli, per dirla alla Sarri, «non aveva l’occhio contento». Dopo le iniziali difficoltà, lo ha cambiato col 4-3-3 e da quel momento non ha più toccato il modulo. Molti allenatori, quando le partite si complicano, modificano il modulo, Sarri mai. Più che un modulo, si tratta di un codice.
A SINISTRA. Il Napoli pende a sinistra e poco c’entrano le inclinazioni politiche del suo allenatore. Attacca da quella parte perché il trio che si muove su quel lato ha tecnica (Hamsik), spinta (Ghoulam), sprint (Mertens) o colpi (Insigne). Ma se da quel versante rifinisce, dall’altro conclude. Non è un caso che Callejon sia il capocannoniere del Napoli in campionato con 5 gol. La fascia destra, a Sarri, serve essenzialmente per due aspetti: la conclusione dell’azione e l’equilibrio della squadra. Sotto questo profilo, Callejon è uno dei giocatori più dotati di tutta la Serie A. Mette la sua corsa al servizio della squadra, rende sicura la parte destra che ha già un efficace controllore difensivo in Hysaj e un forte interditore in Allan. E in più arriva a concludere. Lo schema più efficace, e anche più bello, nell’attacco del Napoli è il gol che nasce da un esterno e si concretizza con l’altro, da Insigne a Callejon come è già accaduto. In quel momento, Sarri si sente un allenatore realizzato.
AL CENTRO. La partenza di Higuain ha modificato l’atteggiamento e il movimento del Napoli in attacco, portando almeno una delle due ali (Mertens e Insigne più di Callejon) qualche metro più al centro. L’infortunio di Milik spingerà ad altre modifiche. Per ora a Sarri resta solo Gabbiadini come centravanti di ruolo, ma non è la produzione offensiva che può preoccupare il tecnico di Figline. Ha creato questa squadra pensandola come una formazione d’attacco e quest’anno, partito il Pipita, ha spinto tutti quanti un po’ più avanti. Un pezzetto di ciascun attaccante ha riempito il vuoto dell’argentino.
CON ZIELINSKI. Il passo in avanti di Sarri, rispetto alla scorsa stagione, è la nuova ricchezza dell’organico impreziosita dall’arrivo di Zielinski.
E’ ancora presto per assegnargli l’incarico di protagonista di questo campionato, ha 22 anni e alle spalle ha un solo campionato intero da titolare in A, con l’Empoli, dove le pressioni sono vicine allo zero. Però questo è un tipo di giocatore che la Roma ha perso, è una specie di Pjanic per adesso in formato ridotto. Per adesso. Quando la partita ha bisogno di una scossa, quando il gioco rallenta, Zielinski lo strappa. Palla al piede prende sempre più velocità. E’ una delle soluzioni che Sarri si giocherà di sicuro contro la Roma se non riuscirà a piegarla prima, in un altro modo.
la mossa di spalletti
Un’ala in meno e così Dzeko ha più spazio
Sotto una pelata che nelle notturne gli luccica così tanto che sembra attirare i chilowatt di tutti i riflettori dell’Olimpico, Luciano Spalletti ha una specie di vulcano. E quando erutta idee di calcio (solo di calcio) incenerisce chiunque. In attesa che accada anche quest’anno, possiamo ripartire dalla stagione scorsa, quando ha preso la Roma e l’ha rimessa in piedi. Con mosse chiare, ma soprattutto efficaci. La svolta è stata quella di Nainggolan al centro dell’attacco (o meglio, della fase offensiva) al fianco di Perotti, con due ali, Salah a destra ed El Shaarawy a sinistra. Il movimento perpetuo di Nainggolan confondeva qualunque difesa avversaria, incapace di reagire di fronte ai continui spostamenti del belga dovendosi preoccupare contemporaneamente anche di un talento come Perotti. Abbiamo racchiuso quella Roma in un 4-2-4, ma era talmente ben congegnato il movimento dei 4 giocatori d’attacco che non sapevi chi doveva difendere e chi doveva attaccare. Era una Roma bella, sicura, efficace.
CON DZEKO. Quest’anno Spalletti ha puntato su Dzeko. Vuole i suoi gol e soprattutto lo vuole cattivo. Così dalla formazione titolare è uscita un’ala (El Shaarawy, che non convince l’allenatore sul piano tattico) e a sinistra si è spostato Perotti. Dzeko deve scrollarsi di dosso il callonismo e il blissettismo che lo tormentano e lo confondono (Calloni e Blissett sono stati due attaccanti del Milan in epoche diverse ma ugualmente famosi per i catastrofici errori in zona-gol), deve segnare di più, questo è ovvio, ma sul piano del lavoro collettivo è per forza un giocatore che convince un allenatore come Spalletti. Contro l’Inter, la sua sponda continua (sui lanci di Szczesny, dei difensori e di De Rossi) ha funzionato perché dietro di lui usciva Miranda, sempre battuto sul tempo e sullo stacco dal bosniaco. A Napoli però avrà uno come Koulibaly e per lui diventerà l’esame dell’anno.
FLORENZI TREQUARTISTA. Proprio contro l’Inter, il vulcano di Spalletti ha trovato un’altra bella idea: Florenzi trequartista. E’ un giocatore stranamente sottovalutato sul lato tecnico (eppure le punizioni laterali sono sue perché ha un cross tagliatissimo) e soprattutto su quello tattico. Florenzi ha colto in un attimo il senso della sua posizione: al di là della fase difensiva, doveva raccogliere il passaggio di Manolas e di De Rossi e girarlo a Salah per il suo scatto. Questo tipo di movimento potrebbe diventare decisivo a Napoli perché Salah non avrà difficoltà a rosicchiare lo spazio alle spalle di un terzino che in realtà gioca da ala come Ghoulam.
E POI TOTTI. Napoli-Roma darà una piega al campionato, è la partita che pesa di più e in un giorno così decisivo servirebbero i giocatori decisivi. Uno prima degli altri: Totti. Mentre mezza Roma ha girato l’Europa e non solo con le nazionali, il capitano si è allenato sempre a Trigoria, sta bene e può diventare l’elemento che cambia il corso di una partita come questa. Se domani, al San Paolo, giocano i campioni, gioca anche Totti. Soprattutto Totti.
fonte.corrieredellosport michele d lucia