Sogno Champions Lione -Juventus ore 20,45 Pjanic la sfida al Lione un affare di cuore
Pjanic «E’ stato un passaggio importante per la mia carriera Sono felice di tornare, ma ora voglio solo aiutare la Juve»
Allegri: Juve, serve il massimo
«In Champions ogni gara è complicata. Noi brutti? Per me conta solo il risultato finale»
L’Olympique non è solo un avversario, un ostacolo da superare per la qualificazione, un passo verso il sogno Champions che ha orientato la scelta bianconera. L’Olympique Lione, per Miralem Pjanic, è un album da sfogliare, un’isola di ricordi e di emozioni. Arrivò appena diciottenne, dopo aver scalato il Metz fino alla prima squadra, una stagione per stregare la Francia e proporsi come uno dei migliori talenti d’Europa. Jean-Michel Aulas investì 7,5 milioni, ripagati da tre stagioni d’alto livello, trampolino di una carriera in continua ascesa dipanata tra Roma e, adesso, Torino. «Ho un buon ricordo – sorride il presidente -: arrivò ch’era un ragazzo ed è diventato un grande professionista. Tecnicamente, è sempre stato superiore: molto simile a Juninho, magari non con la stessa tecnica di tiro, ma vicino. Un giocatore eccezionale».
STADIO. «E’ stato un passaggio importantissimo per la mia carriera – racconta il centrocampista bosniaco -: sono felice di tornare e ritrovare facce amiche. Molto, ovviamente, è cambiato: voglio congratularmi per lo stadio, davvero bello». C’erano, nel suo Lione, Karim Benzema, Anthony Reveillère e Hugo Lloris. C’era Fabio Grosso, campione del mondo azzurro, e Miralem lo guardava accarezzando un sogno più piccolo, ma per lui enorme: portare ai Mondiali la Bosnia, il Paese che sentiva suo pur essendo andato via bambino, fuggito in Lussemburgo con la famiglia dopo lo scoppio della guerra perché papà, calciatore, aveva rimediato un contratto. L’avrebbe realizzato, quel sogno, piangendo lacrime di gioia, ma allora era solo una promessa. Oggi Fabio Grosso allena la Primavera della Juve, capita che s’incrocino a Vinovo, e ogni tanto, immancabilmente, il ricordo di quell’Olympique è affiorato.
PROBLEMA. C’era anche Jean-Alain Boumsang, che aveva giocato nella Juve: l’aveva voluto Didier Deshamps, gli aveva dato una mano a vincere la B, poi però s’era fatto male e aveva scelto di tornare in Francia: Miralem ascoltava i suoi racconti bianconeri, non immaginava, allora, di vestire mai quella maglia. E c’era Juninho, il mago delle punizioni che non nascondeva i suoi segreti a quel ragazzino educato e sveglio: si fermavano, dopo l’allenamento, a calciare in porta per ore, dai bordi dell’area o da più lontano, parabole morbide o legnate violente. Ha imparato, Miralem, è diventato uno specialista, anche se alla Juventus, finora, non ha trasformato nessun piazzato in oro. Sabato con l’Udinese C’è riuscito Paulo Dybala e allora è lecito chiedersi a chi dei due toccherebbe un’eventuale punizione dal limite: «Vediamo chi se la sente – risponde Pjanic -, può anche essere un altro compagno: tra noi non c’è alcun problema, l’importante è che la Juve abbia buoni tiratori».
DIFFERENZA. Sei anni dopo, Miralem è «un altro calciatore, più maturo. E’ bello tornare qui, ma l’unica cosa che mi interessa è aiutare la Juventus a vincere. Non sarà un mach facile, loro vengono da un periodo difficile, ma so, conoscendo questa realtà, che i momenti bui non durano mai a lungo. Ad ogni modo, noi vogliamo andare avanti: la doppia sfida con il Lione è importante per il futuro, guardiamo innanzitutto a questa che potrebbe già permetterci di fare un bel passo avanti». C’è anche tempo per l’elogio di Buffon: «E’ il nostro capitano, non penso stia attraversando un brutto periodo: resta il numero uno mondiale, saprà fare ancora la differenza».
OBIETTIVI. A Lione, Pjanic scoprì anche la Champions – debutto contro il Barcellona, primo gol all’Anderlecht -, oggi è punto fermo di una squadra che punta a vincerla: «Sto bene e non sento nessuna pressione se non quella di dare una mano, come tutti, per raggiungere gli obiettivi del club».
Impacci e impicci francesi non illudono Massimiliano Allegri, troppo scafato per fidarsi delle apparenze e immaginare una partita in discesa: «Il Lione ha disputato una buona gara a Siviglia. E a Nizza, nell'ultima di campionato, ha pagato il fatto d’essere andato subito sotto. In Champions le partite sono tutte complicate, vale per noi come per loro: sfideremo una squadra organizzata e veloce, con due bravi attaccanti come Fekir e Lacazette».
GIOCO. La Juve ha una statura tecnica superiore, la classifica della serie A lo testimonia. Non sempre brilla, ma all’allenatore importa il giusto, non bada a chi sostiene che la Juve vinca senza però giocare bene: «Non mi disturba affatto, anche perché in un campionato lungo 38 partite difficilmente vince la squadra che gioca male. Non capisco, forse non ci arrivo, cosa significhi giocare male, però alla fine conta il risultato finale, la posizione occupata il 31 maggio: bisogna essere in cima alla fine, perché nell’albo d’oro viene scritto chi ha vinto il campionato, non chi ha giocato bene. Detto questo, ci sono delle squadre che giocano veramente molto bene: il Napoli, il Milan che sta facendo un ottimo lavoro con ragazzi molto bravi ed è rientrato in lotta per i primi tre posti Champions, la stessa Roma sabato ha disputato un'ottima partita. Però ci sono momenti e momenti. La Juventus ha le sue caratteristiche tecniche e caratteriali e con quelle bisogna cercare di arrivare in fondo a tutte le competizioni alle quali partecipiamo per vincere. Questa è la cosa più importante. Poi noi lavoriamo per giocare meglio, a volte ci sono avversari che ti fanno giocare un po' peggio».
ASSENZE. Max fa i conti con assenze pesanti, l’infortunio di Mandzukic che si somma a quello di Pjaca lascia in attacco la coppia argentina Higuain-Dybala. Avrebbe schierato comunque loro, ma a gara in corso non potrà ricorrere alle alternative classiche: «Abbiamo Kean che è un ragazzo bravo – si consola – e Cuadrado può fare l'attaccante: in qualche modo sistemiamo le cose. Non sono preoccupato per le assenze, nel corso della stagione può capitare di avere un momento in cui magari ti mancano tre-quattro giocatori. Nessuno vorrebbe che succedesse, ma fa parte del calcio. Dispiace per Mandzukic che si è fermato in mattinata, l’importante è che non sia nulla di serio, che possa tornare a disposizione, se non da sabato, da mercoledì con la Sampdoria. Chiellini dovrebbe rientrare a breve e Marchisio si sta riavvicinando ai campi di calcio: sicuramente, al di là di chi gioca, la squadra farà una prestazione importante».
ORGOGLIO. Dubbio in regìa, Hernanes o Lemina: «Quel ruolo è specifico, occorrono caratteristiche ben precise: Hernanes si avvicina, come Lemina seppur in maniera diversa, Pjanic alla fine andrà a giocare là, Marchisio dà copertura e ordine: devo sempre scegliere perché abbiamo una partita ogni tre giorni, ogni tanto bisogna che faccia rifiatare qualcuno». Ultima nota sul percorso della Juve da Berlino a Lione con annessa domanda su cosa inorgoglisca più Allegri: «La crescita europea della squadra è costante: abbiamo disputato la finale nemmeno un anno e mezzo fa e sono cambiati sedici giocatori. Lavorare sui nuovi dà molti stimoli, fortunatamente la società mi ha messo a disposizione giocatori di spessore. Il mio orgoglio? Se la Juve si qualifica, sono sette anni di fila che le squadre che alleno passano il girone».
Benatia per chiudere il fortino
La Juve ha la rete inviolata in Champions, Chiellini out. Hernanes-Lemina, rebus al centro
Nelle pieghe di un momento triste, il Lione scova un dato che dà coraggio: in quindici partite giocate al Parc Olimyque, a cavallo tra le due stagioni, ha sempre segnato almeno una rete. E stasera riabbraccerà Maxime Lacazette, la sua punta di diamante. L’antidoto di Massimiliano Allegri è una difesa d’acciaio, da cinque anni la migliore d’Italia e anche quest’anno meno battuta in campionato in condivisione con il Genoa, immacolata pure in questo primo tratto di Champions League. Si sono giocate due appena partite, d’accordo, ma solo Atletico Madrid, Leicester e Siviglia vantano identica solidità: tutte le altre partecipanti, top comprese, almeno una volta si sono piegate. Non ci sarà Giorgio Chiellini, sostituito da Medhi Benatia, al debutto in Champions: in linea Leonardo Bonucci e Andrea Barzagli, alternativa – con Rugani infortunato – Patrice Evra riconvertibile in centrale mancino nella difesa a tre.
CONTROFIGURA. Tra i convocati, in verità, c’è una giovanissima controfigura di Giorgio Chiellini: si chiama Joan Severin, classe ‘97, e la Juventus lo ha scovato nell’Evian. Il francese non sederà in panchina, ma la sola presenza è significativa: oltre a far respirare l’aria di prima squadra a un altro ragazzo della cantera, Allegri ha voluto regalargli la trasferta nella sua città natale e contro la squadra di cui, bambino, indossò la maglia. Chiellini, oltretutto, è il suo modello per ruolo (in assoluto ha scelto Paul Pogba).
BALLOTTAGGIO. A centrocampo, si profila un ballottaggio: Hernanes oppure Lemina in regìa. Ai fianchi del prescelto, Khedira e Pjanic mezz’ali, con fasce brasiliane presidiate da Dani Alves e Alex Sandro. Quest’ultimo è favorito su Evra, benché l’ultima decisione venga presa stamani. Non è partito Marchisio, ormai clinicamente guarito ma alla ricerca del ritmo e della condizione, comunque da dosare nell’impiego perché dopo sei mesi senza calcio s’affaccia anche il rischio di problemi muscolari.
ARGENTINI. Nessun dubbio, ovviamente, in attacco, restano solo Gonzalo Higuain e Paulo Dybala: è la prima scelta nelle gerarchie bianconere, stavolta però è anche l’unica possibile. Pjaca è infatti ai box da una settimana e in mattinata, prima della partenza per Lione, si è fermato anche Mandzukic per un problema all’adduttore della coscia destra, così il tecnico bianconero si ritrova con solo i due argentini. In panchina siederà quindi ancora Moise Kean, sedici anni e un grande futuro, confermato in prima squadra e di nuovo sull’orlo del sogno di diventare il primo 2000 a debuttare in una squadra italiana. Un’altra soluzione è rappresentata da Cuadrado che, in caso di necessità, può trasformarsi in punta.
TURN-OVER. Allegri non appare preoccupato, non impreca né si piange addosso, ma tante assenze pesano non tanto sulla formazione costruita, comunque competitiva, piuttosto sulla possibilità di organizzare un turn-over efficiente: già sabato sera, la Juve sarà di scena a San Siro contro il Milan che è salito al secondo posto a -5, poi avrà un tour de force che comprenderà la gara interna con la Sampdoria, la partitissima con il Napoli e il ritorno con il Lione. Il doppio confronto di Champions è per altro decisivo per passare il turno: due vittorie varrebbero la qualificazione.
Fonte:corrieredellosport michele de lucia