Non è una novità per il Napoli, quella di guardarsi intorno alla ricerca di un portiere. Era già accaduto durante l'ultimo ritiro, quando i problemi fisici di Reina accelerarono la trattativa per Sportiello, in seguito archiviata. Adesso, dopo la sfilza di errori di Pepe, ci si gira più spesso verso la panchina alla ricerca di un possibile sostituto. E si scorgono le sagome di Rafael e Sepe. Entrambi vengono da stagioni complicate, nessuno dei due è mai sceso in campo quest'anno in una partita di campionato o coppe: il brasiliano non gioca da Palermo-Napoli del 14 febbraio 2015, il napoletano dalla partita di Coppa Italia tra Fiorentina e Carpi il 16 dicembre 2015. Un aspetto che la dice lunga, insieme alla trattativa poi fallita per un altro portiere, su quanto (poco) la società punti sui due come reale alternativa a Reina. Eppure, dopo un lungo e complicato periodo di ambientamento, Rafael aveva azzeccato una serie di prestazioni, all'ombra di Reina. Il punto più alto della parabola sportiva del portiere brasiliano arrivato dal Santos è però anche il più doloroso: nella sua migliore partita con la maglia del Napoli, nei sedicesimi di Europa League sul campo dello Swansea (era la prima stagione di Benitez in azzurro), dopo un primo tempo in cui colleziona almeno quattro parate miracolose, il brasiliano rimedia l'infortunio che gli toglie la sicurezza mentale e tra i pali: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, lo stesso di Milik. È il febbraio del 2014. Nella stagione successiva, quella dell'arrivederci di Reina – per il Bayern Monaco – Rafael parte titolare. Il ritorno in squadra dopo l'infortunio non sarà mai all'altezza, in una stagione deludente ma con un acuto che resta nella storia: la finale di Supercoppa vinta a Doha contro la Juve, dove è Higuain a riacciuffare per i capelli la partita e portarla ai supplementari ma è Rafael a deciderla parando il rigore di Padoin. È solo un'illusione. Nel giro di un paio di mesi arriva una lunga teoria di papere. La più clamorosa, che lo fa accantonare per lanciare Andujar, è quella che apre la strada alla vittoria del Palermo, un tiro innocuo di Lazaar da quaranta metri che lo sorprende. Un'incertezza che segue quelle contro il Chievo, l'Udinese, l'Empoli, il Cagliari e nello sfortunato scontro con l'Athletic Bilbao che vede sfumare la Champions. Ad agosto Rafael è rimasto a Napoli: sfumate le trattative con Sunderland ed Espanyol, complice anche l'importante contratto che lo lega al Napoli fino a giugno 2018. Ma ora è pronto a giocarsi le sue carte, a meno che il mercato di gennaio non porti una rivoluzione. In panchina c'è anche Luigi Sepe, nato a Torre del Greco e cresciuto nelle giovanili del Napoli: anche lui ha un lungo contratto (fino a giugno del 2019), rinnovato solo lo scorso anno. Nella sua carriera una sola presenza in azzurro, a gennaio del 2009, quando aveva 18 anni: sul campo della Fiorentina subentrò a Gianello infortunato, subì due gol ma fermò Gilardino con una grande parata. Poi iniziò il peregrinare in prestito che lo ha portato a Pisa e a Lnciano in B, poi nella strepitosa stagione di Empoli, la prima da titolare in A, fino a quella meno fortunata di Firenze, dove complici i problemi con l'ambiente e con l'allenatore Paulo Sousa il napoletano ha fatto tantissima panchina dietro il rumeno Tatarusanu; solo sette presenze nella stagione in viola. A scatenare la bufera anche un messaggio su Instagram, dopo un'esclusione in Europa League, dove Luigi si pentiva di aver scelto la destinazione Fiorentina e annunciava che «oggi è finita la mia avventura morale con la Fiorentina». Un'uscita a vuoto, che scatena una bufera mediatica e gli costa l'ostracismo della società e dei tifosi viola fino alla fine della stagione. «Ha sbagliato e ha pagato» dice il suo agente Mario Giuffredi. Luigi ama Napoli, tanto da tatuarsela sul corpo e da ricordarlo dopo qualche frecciata polemica nei suoi confronti. Legatissimo ai fratelli Insigne, finora Sepe – rispetto all'anno tumultuoso trascorso in viola – non ha mai alzato la voce né discusso le scelte di Sarri. Anche lui sembrava vicino all'addio la scorsa estate, in direzione di Torino o Palermo, prima che i due club prendessero rispettivamente il titolato Hart dal Manchester City e la promessa croata (vent'anni) Posavec. Poi anche lui ha deciso di giocarsi le sue carte all'ombra del Vesuvio. Una parte dei tifosi spinge per vederlo titolare con la maglia del Napoli, sette anni dopo quell'esordio sfortunato. Per spazzare via anche le voci che lo vogliono in rosa solo per coprire una delle caselle riservate a chi viene dal vivaio. Solo un assaggio quest'anno con quella maglietta azzurra, il secondo tempo nell'amichevole contro l'Hertha Berlino, l'ultima prima del campionato. Troppo poco per sentire il sapore della rivincita.
fonte:ilmattino