Salerno all’Ospedale Ruggi si marca il cartellino “digitale”. Intanto sospese le sanzioni per i 204 assenteisti
Tira fuori dal portafoglio il suo badge, lo passa sul nuovo marcatempo e, quando il dispositivo glielo chiede, poggia il pollice sull'apposito spazio affinché la macchina provveda a un controllo incrociato delle impronte digitali rilevate. Nicola Cantone è tra i primi a utilizzare il nuovo sistema introdotto nell'azienda ospedaliera di cui è direttore generale. Già, perché sebbene alcuni dipendenti se ne servano da qualche giorno, la «rivoluzione» al San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona è ufficialmente iniziata ieri. All'ingresso principale della palazzina amministrativa sono due i dispostivi per registrare l'ingresso e l'uscita dei dipendenti. Di buonora, mentre i lavoratori, cartellino alla mano, si susseguono al marcatempo classico, l'altra macchinetta, quella che rileva inizio e fine della giornata lavorativa attraverso le impronte digitali, è pressoché solitaria. Per il momento, infatti, ad avere il nuovo tesserino magnetico sono i dipendenti delle risorse umane e dei sistemi informativi. Il nuovo meccanismo sarà esteso a tutti i lavoratori di via San Leonardo a partire dal 3 dicembre. «Non è una sperimentazione», spiega il dirigente del settore Sistemi informativi, Giuseppe Versace. Anch'egli badge di ultima generazione alla mano e pollice pronto per la controverifica. Quello ufficialmente inaugurato ieri, infatti, è il «metodo definitivo di rilevazione delle presenze», precisa. Un sistema che sarà introdotto in maniera graduale, visto il numero massiccio di personale in servizio. Alla macchinetta nuova, a destra dell'ingresso principale, non ci si avvicina da soli. Chi timbra il cartellino lo fa per lo più mostrando ai colleghi incuriositi come procedere. Iniziare la giornata lavorativa, in questa fase, è per i pionieri anche una maniera per tranquillizzare il resto dei dipendenti sulla semplicità dell'operazione. «Secondo me è una cosa positiva», commenta frettolosamente una signora dopo aver marcato il tempo, mentre si avvia in ufficio. Ha eseguito l'operazione con scioltezza, come se il sistema di rilevazione delle impronte fosse operativo da sempre. Del resto, il dispositivo indica chiaramente i passaggi da compiere. E quando il pollice si posa sul rilevatore e la luce rossa si accende, è il segnale che l'azione è andata a buon fine. Chi osserva annuisce, come a dire: «Si può fare». I commenti sono per lo più positivi, da parte non solo di chi già sta rodando la macchina ma anche di chi a breve dovrà adeguarsi al nuovo sistema. Entro il 14 novembre tutti i marcatempo saranno sostituiti con i nuovi. «Sono già tutti a nostra disposizione», spiega Versace. Che annuncia: «Se si riuscirà a raccogliere le impronte prima della data prevista, non è escluso che si possa partire a pieno regime anche prima». Proprio come accaduto con chi è impiegato ai settori risorse umane e sistemi informativi. Dal 7 al 30 novembre, stando al programma, a ogni dipendente toccherà «depositare» le impronte affinché possano essere caricate sul nuovo cartellino personale. E solo ed esclusivamente su quello. «L'azienda non possiede una banca dati delle impronte dei dipendenti», dispone dell'impronta «solo per un attimo», spiega Cantone nell'eseguire l'operazione. Nell'attimo esatto, cioè, in cui il rilevatore mette a confronto l'impronta presente sul badge e quella impressa dal pollice mentre si poggia sulla macchinetta. «Con questo sistema aggiunge il direttore generale ci potrebbe sfuggire solo chi marca e va via». Casi estremi, naturalmente. «Finalmente. Se ci avessero pensato prima, forse avremmo evitato tutto quello che è successo», dice un signore dopo aver marcato. Il riferimento è alla vicenda dei cosiddetti «furbetti», l'inchiesta che vide in prima battuta il coinvolgimento di oltre 800 persone. Lui ha ancora il vecchio cartellino, ma applaude alla novità: «Altro che 800 assenteisti. I numeri si sono ridotti a quei sette o otto che sono stati beccati fuori a fare altro». E il collega in sua compagnia conferma: «Premesso che non si fa, però spesso il cartellino al compagno di lavoro veniva dato senza cattiveria, per parcheggiare o addirittura per avviarsi in ufficio. Non c'è volontà di imbrogliare in un gesto simile». Gli umori sono discordanti. Se i più sembrano contenti della novità, stanchi di sentirsi affibbiare ingiustamente l'etichetta di «fannulloni» e nella speranza di allontanare definitivamente la cattiva fama, c'è pure chi è critico. «È una sciocchezza, non risolve tutti i problemi – dice un dipendente – Perché se qualcuno marca con cartellino e pollice e poi va via, cosa contestata ad alcuni dei cosiddetti furbetti, con questo sistema potrà continuare a farlo. Basta che torni a marcare a fine turno. Questo meccanismo serve solo per chi fa mutua marcatura, ma non per chi si allontana dal lavoro». Di fatto, è questa l'unica falla del sistema. Che annienta i «furbetti», ma rischia di lasciare impuniti i «fannulloni» veri. «Dopo tutto quello che è successo – afferma un altro lavoratore qui non c'è più nessuno che affida il suo cartellino a un altro per farselo marcare, anche se solo per pochi minuti mentre parcheggia, né c'è nessuno che prende il cartellino dei colleghi». Chissà. Ma da ora, anche volendo, di certo non potrà più farlo.
Giovanna Di Giorgio
Sospesi i procedimenti disciplinari per i primi presunti assenteisti finiti nel secondo filone delle indagini della Procura sui furbetti del cartellino. La scelta di congelare la decisione fino al primo grado di giudizio del processo penale è stata assunta dalla commissione disciplinare al termine dei 120 giorni previsti dalla normativa. Si tratta dei 204 dipendenti i cui nomi furono trasmessi, a luglio, dalla Procura all'esito delle indagini preliminari, non prima di espressa richiesta formale dell'allora struttura commissariale e per i quali la commissione disciplinare deve valutare, sulla base delle singole pacifiche situazioni, la portata del provvedimento da adottare. Il contesto legislativo, per questi casi, è molto rigido, soprattutto dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto Madia, che mantiene l'autonomia del provvedimento disciplinare rispetto a quello penale, salvo poi la possibilità che ha la commissione di sospenderlo nel caso non riscontri elementi sufficienti per la valutazione. Per questo motivo, si è preferito congelare tutto fino all'esito del primo grado di giudizio nel processo penale a carico degli interessati. Questo, però, non esclude il fatto che in caso di accertata sistematica assenza dal luogo di lavoro il provvedimento previsto è il licenziamento senza preavviso e senza retribuzione. Nei confronti di uno degli interessati, va ricordato, i finanzieri contarono fino a un centinaio di episodi. Già la commissione di verifica Rilevazioni presenza del Ruggi calcolò, complessivamente, quasi 80mila giornate di assenteismo. Per la precisione 79.300. Anomalie emerse a vario titolo dallo screening sui cartellini del personale dipendente nell'arco temporale dal 1 febbraio 2012 al 28 febbraio 2015. Nel corso del controllo, nello specifico, emersero circa 8mila casi di mancata correzione delle errate/omesse timbrature; 1300 casi di presenza nella stessa giornata di timbrature e giustificativo (ferie, permessi, malattie); 70mila giornate di assenza non giustificata. Numeri che nello stesso verbale redatto dai componenti della commissione venivano definiti record e che tradotti in soldoni potrebbero voler dire un danno erariale di milioni di euro. Nelle carte dell'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Francesco Rotondo, tra i protagonisti delle timbrature in serie dei badge, oltre ai dipendenti del comparto, ci sono anche anestesisti e chirurghi. Gli uomini del Gruppo Salerno della Guardia di finanza, che hanno seguito le indagini, ipotizzano che potesse esserci stata una timbratura in serie del cartellino marcatempo anche tra coloro che lavoravano nello stesso reparto e nel medesimo settore (nel caso dei dipendenti che non ricoprono funzioni sanitarie). Di qui l'ipotesi che potessero esserci diciotto gruppi attraverso i quali gli assenteisti realizzavano i loro piani criminali. L'indagine, per la quale sono noti, finora, i nomi di 289 persone coinvolte, ricordiamo, è legata a doppio filo all'inchiesta Just in time, che ha portato anche al licenziamento di 6 dipendenti dell'ospedale e anche alla prima sentenza, qualche settimana fa, con la pena di sei mesi pena sospesa e rigetto di tutte le richieste delle parti civili per la caposala filmata dalle fiamme gialle del Gruppo Salerno a passeggiare sulla spiaggia di Vietri in compagnia di un uomo dopo aver timbrato il cartellino. Ad affrontare ancora il processo restano altre 12 persone, 7 delle quali sono accusate di essersi assentate più volte pur risultando presenti, mentre altri 5 di averli aiutati, timbrando per loro. Se per Just in time, tutto nasce dalle denunce alla guardia di finanza del sindacalista della Cisl Giuseppe Cicalese sulla «esagerata presenza di lavoratori in orario di straordinario», oltre a un «abuso indiscriminato di turni di reperibilità» e della discriminazione tra medici interni e 118, portando a far luce su una decina di dipendenti del nosocomio che si allontanavano dal posto di lavoro dopo aver timbrato il cartellino o che facevano marcare lo stesso da altri colleghi, il secondo filone dell'inchiesta, invece, prende il via dalle segnalazioni dell'allora responsabile delle Risorse umane Antonietta Niro, che consegnò, all'indomani dello scandalo, nelle mani dei finanzieri una serie di carte e documenti in cui erano indicati diversi casi di timbrature anomale. Ad esempio, vi erano anche entrate e uscite a distanza di pochi minuti l'una dall'altra.
Sabino Russo
FONTE IL MATTINO