Divisi dal destino di Gabbiadini, che De Laurentiis vorrebbe tenere ancora a Napoli magari impiegato in attacco con un modulo diverso. Ma Pavoletti o Zaza potrebbero finalmente riunire il patron azzurro con Sarri. Nei prossimi giorni, subito dopo la trasferta portoghese di Champions, è previsto il summit per l'attaccante. E prenderà il via ufficialmente la campagna d'inverno del Napoli: il ds Giuntoli ha bussato alla porta di Genoa e West Ham e di fatto le due sono le uniche trattative abbozzate dal dirigente napoletano nelle ultime settimane. È evidente che il Napoli proverà a prendere uno dei due, ma un vero favorito al momento non c'è. Il Genoa ha blindato, a parole, Pavoletti e Preziosi non lo venderà per meno di 25-27 milioni di euro; il West Ham non sembra intenzionato a fare barricate per Zaza (in panchina anche domenica contro il Manchester Uniter) ma l'attaccante di Policoro ha un ingaggio da 3,5 milioni di euro. In quest'ottica vanno considerati anche i contatti tuttora aperti con la Sampdoria per Muriel, autorevole alternativa: Ferrero, si sa, è uno che se fiuta l'affare non se lo fa sfuggire. Il punto è che il colombiano viene valutato dai blucerchiati circa 30 milioni. (la clausola rescissoria è di 35 milioni). Chiaro, dovesse Ferrero abbassare le pretese, l'operazione potrebbe decollare. Né si dimentichi che nell'agenda di lavoro di Giuntoli è ben in evidenza anche il nome di Defrel che il Sassuolo considera incedibile a gennaio. Il caso ha voluto che proprio l'altra sera il Sassuolo sia stato ospite del Napoli ma della possibile trattativa non si è parlato. A questo punto, davanti alle difficoltà ad arrivare a una prima punta di un certo spessore, il Napoli potrebbe andare a bussare alla porta dell'Udinese per richiedere indietro Duvan Zapata. È chiaro, che nulla c'è nel contratto di prestito stiuplato nell'estate del 2015 che consenta al club azzurro di puntare i piedi: ma è possibile che, visti i buoni rapporti e il fatto che in ogni caso a giugno tornerà a Napoli, Pozzo e De Laurentiis possano raggiungere un accordo per far rientrare alla base Zapata in anticipo. Magari facendo entrare nell'operazione proprio Gabbiadini (Udinese o Watford) che ha bisogno di un ambiente più sereno per poter recuperare. Oppure trovando un punto di incontro economico. Intanto ieri a Castel Volturno, spunta il cugino di Hamsik: si chiama Raymundo, classe 98, ed è in prova per qualche giorno. Gioca nel Frydek-Mistek, in seconda divisione ceca.
Un gol, maledizione, cosa sarà mai un gol. E’ il compagno d’una vita, la valvola di sfogo, il completamento di se stesso, la goccia d’autostima in quest’Oceano di malinconia: è, semplicemente, la riconquista della propria identità di chi – come Manolo Gabbiadini – in quei sedici metri – c’è cresciuto a modo suo, sino poi a perdersi. Un gol, cos’è questa ossessione da gol, di chi in quattro mesi e mezzo, appena arrivato a Napoli, ne fece undici di seguito? E’ la via di fuga da una realtà che non gli appartiene, è la scommessa – non l’azzardo – di chi ha scelto di puntare sempre si di sé, nonostante ormai siano passati quarantuno giorni dall’ultima volta (contro il Besiktas, dal dischetto) e che ne siano volati via addirittura sessantotto dal graffio al Chievo.
LUI E IL NAPOLI. E’ stato bello, per un bel po’, ma ora – inutile fingere – complicato definire l’orizzonte, senza correre il rischio d’essere avvolti nelle nebbia: è un momento, ma perdurante, in cui il mondo è andato all’incontrario ed è emersa l’allergia al tridente, una difficoltà ad entrare nel gioco, a scovare ciò che il talento ha sostenuto in passato. E’ un’involuzione, passeggera, che viene racchiusa nei numeri, mai aridi, e che va combattuta con il silenzio nel quale Gabbiadini sa rifugiarsi: perché la solitudine dei numeri primi (maglia numero 23) può essere sconfitta soltanto ritrovando quella amabile abitudine. Il Gabbiadini in salsa partenopea è sintetizzato in due anni circa, con ventidue reti complessive, undici delle quali con Benitez, da esterno destro o sinistro d’un 4-2-3-1, che sembrava gli stesse largo, perché intanto se ne invocava il tridente. Ma quando la «rivoluzione» tattica s’è compiuta, con Sarri, prima ci ha pensato il cannibale Higuain a togliergli l’aria, poi quelle difficoltà a vestirsi da centravanti autentico.
LUI E L’INTER. Ma ne sono successe di cose, nel biennio che ormai è finito alle spalle: ci sono state le voci di sempre, quelle del mercato, le lusinghe tedesche, del Wolfsburg, quelle inglesi, del West Ham, ma prim’ancora quelle italiane, dell’Inter di Mancini, che nell’estate del 2015, proprio qualche mese dopo Gabbiadini s’era insediato al Napoli, volle provarci. Adesso ci sarebbe anche lo Schalke 04. Il calcio è scienza inesatta, che sfugge a qualsiasi tipo di previsione o di analisi fondata sulle sensazioni: dunque impossibile sapere come sarebbe andata, o come un giorno andrà se qualcosa dovesse succedere, però è capitato che Gabbiadini e l’Inter si siano sfiorati, anche se solo nelle intenzioni, prima d’essere allontanati dal «no» secco di De Laurentiis, che nel bomber non ha mai smesso di credere.
IL CONFRONTO. Il resto lo farà la partita, implacabile nella sua essenza, sistemandogli di fronte Maurito Icardi, un’ombra dell’estate evidentemente non ingombrante come el pipita, perché quando il clima divenne rovente e l’ipotesi sembrò praticabile, tra i sussurri di Dimaro, ne volò uno, che sembrò un guanto di sfida bello e buono da lanciare all’eventuale nuovo profeta in arrivo: «Beh, se arriva lui me la gioco». Venerdì 2 dicembre, è l’ora e mezza in cui bisogna mettersi a nudo, lasciando che poi il destino faccia il proprio corso, nel mercato che verrà: e, vada come vada, un gol per sentirsi diverso, anzi eguale a se stesso.
fonte:corrieredellosport e mattino