Mertens A tavola è festa con De Bruyne
Dries Mertens a tavola con il l’amico belga Kevin De Bruyne (Manchester City), a Napoli per festeggiare con le rispettive compagne il momento magico dell’attaccante azzurro.
Quante volte, ragazzo? Il pallone racconta ch’è cominciato tutto qui, la culla del calcio, e non c’erano abiti d’epoca ma le tracce d’un talento moderno ch’emerse in una sera tutto calcio verticale, veroniche, arsenico e fresche merletti: 30 ottobre 2013, Fiorentina-Napoli, non ci fu bisogno del pallottoliere personale, però fu tutto da vedere, da apprezzare, da applaudire. Fu il primo Mertens in salsa partenopea, un diavoletto che s’intrufolò tra le linee, avanzò minaccioso, dialogò con el pipita, colse l’uno-due e lo fece suo, scattando sul breve e letalmente, poi tracciando il diagonale d’interno-collo per trovare l’angolo giusto. Qui non si usa il calcio banale, perché c’è l’abitudine di colpire con gli effetti speciali di chi in dodici giorni, in tre partite, in complessivi duecentoquattro minuti giocati ne ha fatti otto.
STRACCIA DIFESE. Si scrive Mertens e però si riscrive la definizione di centravanti, abbattendo i luoghi comuni sul “falso nueve” e scoprendo quest’universo vergine dominato da uno scugnizzo che viaggia alla velocità della luce – del suono? – e che dal 6 al 18 dicembre ha segnato ogni venticinque minuti, ha costruito assist (per Callejon in Champions League a Lisbona), s’è ritrovato in paragoni emozionanti che gli hanno spalancato un palcoscenico ormai tutto per lui. E’ stato bello, domenica, anzi bellissimo, ritrovarsi inebriato su quella giostra che già a Cagliari gli era appartenuta: ed ora, quasi magicamente, riecco il “Franchi”, la Fiorentina, l’alba dei suo giorni napoletani, vissuti però sempre da protagonista.IL CIRO DEL BOMBER. E’ un viaggio che nasce al Franchi, che attraversa un quadriennio in maglia azzurra su livelli quasi mai normali (dodici reti il primo anno; dieci nella seconda stagione, undici nella terza) ma che sono poi diventati straordinari, quando il suo allenatore Maurizio Sarri gli ha cambiato la vita, trascinandolo nel centro dell’universo, nel cuore delle difese altrui e d’una città che per “adottarlo” lo chiama affettuosamente Ciro.QUOTA CINQUANTA. Quarantasette gol e otto sono arrivati ieri o l’altro giorno, calcisticamente parlando, e rappresentano il campionario d’un genietto belga senza limiti, che ha traslocato dalla periferia (del campo) nel caos dell’area di rigore ed ha esibito il destro (sei volte), il sinistro (una), la glaciale interpretazione del rigorista o anche la stratosferica padronanza di se stesso, della propria classe ch’è racchiusa in un pallonetto millimetrico che gli è valso l’affiancamento a Sua Maestà, Diego Armando Maradona.
IL PROFETA. E ora che le luci (della ribalta) ingigantiscono l’accecante bellezza, tra un pranzo in compagnia del compagno della Nazionale belga Kevin De Bruyne, atterrato a Napoli con la compagna per festeggiarlo, e il revival del suo quadriennio, il destino lo conduce senza soste all’“Artemio Franchi”, con le responsabilità che sembrano scivolargli addosso e la faccia da scugnizzo che, in stazione, con la folla azzurra che l’acclama prima di salire sul Freccia Rossa, traduce nello sguardo la felicità di chi ha scoperto la gloria: una tripletta al Cagliari, poi un poker al Torino, il pallone lo porta Dries Mertens….
fonte.corrieredellosport