Milik in panchina contro lo Spezia in Coppa Italia

31 dicembre 2016 | 06:04
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Milik in panchina contro lo Spezia in Coppa Italia
Milik in panchina contro lo Spezia in Coppa Italia
Milik in panchina contro lo Spezia in Coppa Italia

 Buone notizie per il Napoli: Arek Milik sta tornando in forma, per un 2017 strepitoso e pieno di gol

Vi ricordate di Lorenzo Insigne  in panchina dopo soli 125 giorni

 Il primo recupero straordinario nel Napoli resta, nella memoria, quello di Lorenzo Insigne, che si fece male a Firenze, il 9 novembre del 2014, e che rientrò in panchina dopo, 125 giorni, a Verona. Lo scugnizzo di Frattamaggiore ebbe bisogno di due settimane ancora per giocare, a Roma, a partita in corso.
Baresi non s’arrese Finale ‘94 in 25 giorni

Il miracolo all’italiana accade ai Mondiali americano del ‘94, quando Francio Baresi –straccia tutte le tabelle e le prognosi, rimettendosi in piedi, dopo l’infortunio al menisco, in venticinque giorni, il tempo necessario che gli serve per giocare la finale contro il Brasile.

Totti, recupero top e fu Mondiale 2006

 Ma chi riesce a stravolgere anche le più ottimistiche previsioni è Francesco Totti, che il 19 febbraio del 2006 entra in sala operatoria, per un intervento ad un perone: in casi del genere, servono quattro-cinque mesi; Totti a luglio è in Germania a vincere il mondiale.

Meno…. Meno quindici, o forse sedici: meno di quanto si temesse, perché il conto alla rovescia procede, e velocemente, e la sagoma d’un bisonte s’intravede in vicinanza. Napoli-Pescara, quasi ci siamo, arriverà il quindici gennaio, aprirà il girone di ritorno e magari consentirà ad Arkadiusz Milik di prendersi finalmente sul serio, di cancellare quelle tracce di malinconia che l’avevano afferrato ad ottobre, lanciando nel frullatore della disperazione, quasi della depressione, facendolo piangere, prima che i medici – il professor Mariani, il dottor De Nicola – gli tracciassero un orizzonte nuovo. «Cento giorni». E magari saranno novantasette, perché sembra possibile, e si chiamerebbe miracolo, che quella domenica, un posto in panchina si potrebbe liberare: «Rottura totale del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro». Ma dopo ventiquattro ore s’è alzato, s’è messo a camminare; e dopo tre giorni, ha persino palleggiato con il destro e mica ad uso dei fotografi, ma di se stesso; e poi ha cominciato a scalare il suo Everest con le mani nude e una forza da stordire chi gli è rimasta intorno, senza mai evaporare, senza mai abbandonarlo, lasciando stupito chi mentre lo guardava aggiornava il calendario. «Impressionante». Alle nove a Castel Volturno, dove è rimasto (sempre) sino alle cinque del pomeriggio; piscina, riabilitazione, tutto ciò che gli è stato somministrato, avendo in testa una sola meta: il campo.

RIECCOLO. Buon Natale e buonissimo Capodanno, facendo ciò che deve, ciò che sente, ciò che vuole, lasciandosi ingolosire solo da un traguardo, ignorando le vacanze, dandoci dentro come sempre, prendendosi il piano preparato per lui e per quel fisico da corazziere che ha deciso di dimenticare quel frammento della propria esistenza, Polonia-Danimarca, la torsione, il dolore, quella fitta che ha le sembianze di un pizzicotto e che invece è una sentenza. «Sono stato male, ma davvero».

L’EPIFANIA.Lunedì 9 gennaio, quando ormai il pallone ha ricominciato a rotolare, Arkadiusz Milik andrà a Villa Stuart, anticipando di ventiquattro ore un appuntamento fissato sull’agenda ed avvolto nell’ansia: ma i segnali sono incoraggianti, non è semplice percezione d’ottimismo, è la cura energizzante della fatica e del sacrificio che il polacco ha assorbito per intera e che già due settimane fa, lo spinse ad osare: «Io spero di essere pronto per fine gennaio, poi il 15 febbraio si va a Madrid». E al «Santiago Bernabeu» non rappresenterà un’ombra, né un invitato speciale, perché se in questa decina di giorni l’evoluzione diventerà inarrestabile, allora domenica 15 gennaio con il Pescara gli toccherà la panchina, che potrebbe essere sua anche con lo Spezia in coppa Italia, o magari a Milano, san Siro, un’altra cattedrale da attraversare su quell’invitante prato nel quale Milik conta di tuffarsi da un bel po’, da quando s’è confessato, tra l’Italia e la Polonia, a taccuini e telecamere. «Io non vedo l’ora di giocare, perché il calcio è la mia passione, è quello che so fare e che amo fare».

CHE FISICO. L’ultimo step è fissato al consulto di Roma e sarà quello decisivo, perché spiegherà a Milik quanti e quali siano stati i suoi progressi: a quel punto, cambieranno le prospettive ma anche lo stato d’animo, non ci sarà più bisogno di voltarsi ma verrà automatico, quasi naturale, guardare avanti, ripartendo dalle sette reti in quei cinquanta giorni, più precisamente in cinquecentonovantatrè minuti, dettagliatamente uno ogni ottantacinque minuti. Cosa volete che siano, adesso, novanta minuti in più o in meno. In meno, va…..

fonte:corrieredellosport