Oggi 21 dicembre mercoledì, il giorno più corto dell’anno, con appena 9 ore e 5 minuti di sole. Il solstizio si verificherà alle ore 11,44 (italiane) del 21 dicembre e segnerà l’inizio dell’inverno. La nuova stagione sarà ‘salutata’ da un ”abbraccio” tra la Luna e Giove, ovvero un avvicinamento apparente tra i due corpi celesti, visibile nelle stelle della Vergine nella seconda parte della notte, tra il 21 dicembre e il 22 dicembre.
“Il solstizio d’inverno in realtà non è proprio un giorno ma il momento nel quale il Sole, nel suo moto apparente lungo le costellazioni dello Zodiaco, raggiunge la posizione più a Sud dall’equatore celeste, che è la proiezione nel cielo dell’equatore terrestre” spiega all’Ansa l’astrofisico Gianluca Masi, responsabile del Virtual Telescope. Da questo momento in poi, aggiunge, “il Sole comincerà a “risalire” verso l’equatore celeste e le ore di luce aumenteranno gradualmente fino a raggiungere il culmine fra sei mesi, nel solstizio d’estate”. Per questo, sin dalla preistoria è stato attribuito al solstizio d’inverno il significato sacro del trionfo della luce sulle tenebre.
Il 21 dicembre si passeranno in “compagnia” del Sole appena 9 ore e 5 minuti, mentre la notte sarà di ben 14 ore e 55 minuti (a Roma per esempio il Sole sorgerà alle 7,36 e tramonterà alle 16,41). “È questo dunque il giorno più corto dell’anno e non quello di santa Lucia” rileva Masi. La credenza che vuole il 13 dicembre come il giorno più corto “è un lascito della tradizione che viene dal passato, da prima del 1582 quando fu fatta la riforma del Calendario voluta dal Papa Gregorio XIII”. Con il calendario precedente, la data del solstizio d’inverno era ‘slittata’ al 13 dicembre e la riforma la riportò al 21-22 dicembre . E’ “colpa” del calendario e dell’aggiunta di un giorno negli anni bisestili, osserva l’astrofisico, anche se la data del solstizio d’inverno in alcuni anni è il 21 e in altri il 22 dicembre. Proprio nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, che sarà la più lunga dell’anno, aggiunge l’astrofisico, sarà bello osservare la congiunzione tra la Luna e Giove che avverrà nelle stelle della Vergine.
Il 21 dicembre era una data attesa già 3mila anni fa nelle ‘Stonehenge’ d’Italia, da Petre de la Mola in Basilicata ai megaliti della valle del Belice in Sicilia. I calendari in pietra italiani risalgono quasi tutti alla Tarda Età del Bronzo e sono stati costruiti con la stessa tecnica di Stonehenge in Gran Bretagna, “che consiste nell’osservare la posizione del sole nel giorno più corto o più lungo dell’anno e creare dei ‘punti di mira’”, ha spiegato l’archeoastronomo Vito Francesco Polcaro, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Fra gli ultimi scoperti c’è ‘Petre de la Mola’ sulle Dolomiti Lucane. Il complesso è un affioramento naturale di roccia calcarea che è stata modificata, ha spiegato Polcaro, “sovrapponendo una lastra ad una spaccatura naturale della roccia per creare una galleria che permette di osservare il Sole al tramonto del solstizio d’inverno. Lo stesso giorno, e solo in quello, a mezzogiorno il Sole appare dallo stesso punto di osservazione in una piccola fenditura artificiale a sinistra della galleria, dando l’avviso del fenomeno che si verificherà al tramonto”. Anche sul Monte Stella nel Cilento, c’è un calendario simile. Si chiama ‘Preta ru Mulacchio’ che nel dialetto cilentano, significa ‘Pietra del Figlio Illegittimo’ perché era associato anche ai riti di fertilità. Altri megaliti di questo tipo si trovano in Sicilia nel Belice, risalgono al 1700 a.C e sono delle grandi lastre a forma di triangolo che servono a osservare la posizione del Sole quando sorge nel giorno del solstizio di inverno e d’estate. Infine in Puglia, a Trinitapoli, ci sono buche scavate nella roccia, allineate con la direzione del Sole, nel solstizio d’inverno e d’estate.