Il futuro del violino nell’archetto di Giuseppe Gibboni

21 gennaio 2017 | 16:47
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Il futuro del violino nell’archetto di Giuseppe Gibboni

Gran concorso di pubblico alla libreria Feltrinelli per la presentazione del debutto discografico del giovanissimo violinista artista della WarnerClassics  Giulia Iannone Salone centrale della libreria Feltrinelli affollato come non mai, mercoledì sera, per lo showcase del primo progetto discografico di Giuseppe Gibboni, quindici anni, vincitore della trasmissione Prodigi, nonché ambasciatore dell’Unicef e artista WarnerClassics. Il […]

Gran concorso di pubblico alla libreria Feltrinelli per la presentazione del debutto discografico del giovanissimo violinista artista della WarnerClassics

 Giulia Iannone

Salone centrale della libreria Feltrinelli affollato come non mai, mercoledì sera, per lo showcase del primo progetto discografico di Giuseppe Gibboni, quindici anni, vincitore della trasmissione Prodigi, nonché ambasciatore dell’Unicef e artista WarnerClassics. Il violino di Giuseppe è riuscito a riunire in un crocevia di lingue, saperi, epoche, tradizioni, rappresentanti di diversi settori, in prima fila Ciro Caliendo liutaio, Don Michele Pecoraro, la chiesa che canta, e ancora il teatro con Attilio Bonadies, la scuola, con il Professore Gerardo Granito, tanti amici musicisti, poiché ci sono ben tre generazioni di violinisti Gibboni, da papà Daniele alle figlie AnnaStella e Donatella, già diplomate, sino a Giuseppe che in estate concluderà il suo percorso al conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno. A far da spalla a Giuseppe, per questo prestigioso evento, il suo maestro Maurizio Ajello, “domatore” da tre generazioni dell’esuberanza espressiva e istintiva dell’intera famiglia, un dono esplosivo che è difficile da contenere, da imbrigliare, in quelle regole e tecniche che appartengono allo strumento. “Con Daniele – ha affermato con un sorriso il Maestro – non tanto mi è riuscito, ma con i figli si, sono più attenti, grazie anche all’esperienza del padre che, comunque, è stato il loro primo validissimo maestro”. Giuseppe ha naturalmente intercalato la presentazione con diverse splendide pagine, iniziando, “fuori scena”, con il leitmotive de’ Il Postino, in un arrangiamento nato dal suo estro, con cui ha tacciato, con il suo suono avvolgente ed evocativo, quanti possano mai eccepire sulla sua funambolica tecnica, quale sfoggio di vuoto virtuosismo. “La tecnica può essere conquistata – ha continuato il Maestro Ajello – da tutti con molto sacrificio, ma il suono e la musicalità sono altro, è un dono”. Una vera magia quella prodotta da Giuseppe e dal Carlo Giuseppe Testore datato a.d 1710, che la fondazione “Pro Canale” di Milano gli ha affidato, un oggetto speciale, un violino, uno strumento vivo che ha oltre 300 anni di storia. Il violino è uno strumento che possiede un’anima, un pezzetto di legno che posizionato tra i due piani armonici, trattiene dentro di sé l’anima di chi lo suona e gli concede quelle di quanti l’hanno preceduto sino ad oggi. Ma Giuseppe che aveva iniziato a studiare il violoncello, con lo zio Antonello, poi messo da parte poiché attratto dal canto del violino (del padre, aggiungiamo pure), come giunge sino ad essere un artista Warner? Si esibisce in pubblico sino da quando aveva solo quattro anni, è iscritto al X anno del corso tradizionale, è allievo di Salvatore Accardo alla Stauffer a Cremona, che pare riveda in Giuseppe lui stesso da giovane, e di Pavel Berman a Biella, vincitore di tantissimi concorsi nazionali e internazionali tra cui il premio Paganini all’ Andrea Postacchini, studia tra le sette e le otto ore al giorno e la “macchia” sotto la mascella ove s’incastra la mentoniera è il suo orgoglio. Scorrono le pagine musicali proposte ad un uditorio letteralmente stregato, con il funambolico V e il XXIV capriccio del genio genovese, estro e bizzarria per le variazioni sul tema della Follia. In sala la notizia che Paolo Tondo responsabile della Warner Classic per l’Italia, sta lavorando alacremente per portare Giuseppe sulla ribalta sanremese e l’annuncio che per il 2018 il progetto è di far incidere all’appena diciassettenne la Bibbia del violino, i 24 Capricci di Niccolò Paganini, e di continuare dopo un lungo lasso di tempo e studio a registrarli, per coglierne i cambiamenti, l’evoluzione, attraverso la maturazione del violinista e dell’Uomo. Presente al fianco di Giuseppe, naturalmente il direttore del Conservatorio di Salerno, Imma Battista, che tanto ha spinto per farlo partecipare alla trasmissione Prodigi e che si ritrova, veramente con un numero consistente di eccellenze musicali, nella sua istituzione, con la responsabilità di farle studiare e di promuoverle nel mondo del lavoro, figlie della grandissima tradizione musicale della nostra città, unitamente al Presidente del Consiglio d’Amministrazione, Nello Cerrato, un piccolo debutto il suo, il quale ha annunciato che, dopo l’enorme successo avuto dal concerto di beneficenza promosso dalla Procura di Salerno, il conservatorio con la sua ri-nata orchestra, continuerà ad agire per il sociale, suonando in favore dei terremotati di Amatrice. Giuseppe Gibboni frequenta anche la scuola, ed è nella seconda classe sez.ne A, del Liceo Musicale “Teresa Confalonieri” di Campagna, rappresentato dal suo dirigente scolastico Rossella De Luca. Una testimonianza, la sua, per la quale ha citato l’Alessandro Baricco di “Castelli di rabbia” e quella “nota” che tutti noi abbiamo dentro “affilatevi le orecchie fino a quando arriverete a sentirla e allora tenetevela stretta, non lasciatela scappare più. Portatela con voi, ripetetevela quando lavorate, cantatevela nella testa, lasciate che vi suoni nelle orecchie, e sotto la lingua e nella punta delle dita”. Uno dei primi fan e sostenitori di Giuseppe Gibboni e della sua famiglia è certamente Corrado Lembo, che a loro ha affidato i due concerti promossi dalla Procura e che intuì nella corsa nella cattedrale di Campagna, dell’allora piccolissimo violinista, la sua sete e felicità per l’arte e la musica, il quale non ha voluto mancare nell’augurio ritrovando il rampollo dei Gibboni, ormai professionista. Chiusura in musica con The last Rose Summer, una melodia popolare irlandese, nella virtuosistica versione di Heinrich Ernst, prima degli autografi e del nostro personale augurio di continuare a suonare in tutto il mondo, senza mai perdere la freschezza e lo splendore del suo inestimabile sorriso.