Il Napoli alza il prezzo per Gabbiadini. Differenza di 4 milioni tra la richiesta del club e le offerte straniere
Ripiegare le ali sul più bello, che brutta cosa. Quello di Gabbiadini è un addio lunghissimo, pieno di grazia, lucentezza e rimpianti. E dopo tre gol uno dietro l’altro, il dispiacere è ancora più grande. Ma il dado, si sa, è tratto da tempo. Eppure non è stato il Napoli a cominciare: sarebbe il sogno […]
Ripiegare le ali sul più bello, che brutta cosa. Quello di Gabbiadini è un addio lunghissimo, pieno di grazia, lucentezza e rimpianti. E dopo tre gol uno dietro l’altro, il dispiacere è ancora più grande. Ma il dado, si sa, è tratto da tempo. Eppure non è stato il Napoli a cominciare: sarebbe il sogno di qualsiasi attaccante fare il terminale di una macchina da gol come quella di Sarri. Per Gabbiadini, invece, è stato una specie di incubo. Lui che si sente solo ed esclusivamente un esterno offensivo. La standing ovation, alla sua uscita nella gara di Coppa Italia, è il giusto riconoscimento alla genuinità di un campione sacrificato all’altare del gioco di Sarri. Nell’ultimo mese, quello del boom di Mertens, è finito ai margini: eppure Gabbiadini non si è mai scoraggiato, accettando persino di restare in panchina con Torino e Cagliari e di giocare in tutto 25 minuti con Fiorentina e Sampdoria. Si è morsicato spesso la lingua e la vendetta l’ha servita gelida nelle ultime tre partite. Se avesse potuto, il tecnico toscano si sarebbe liberato del bergamasco già questa estate: pare assurdo, adesso, con la punta che entra, gioca, segna, risolve e non si sfoga mai. I 4 gol al Monaco, nell’amichevole di inizio agosto, convinsero la dirigenza che la ricerca di un attaccante non era la priorità assoluta. E allora Gabbiadini rimase. E per Manolo non è stato semplice recitare la parte del rincalzo, della riserva. Il momento più traumatico quando Sarri, dopo l’infortunio di Milik, prima della gara d’andata col Besiktas, sentenziò: «È lui che deve adattarsi alla squadra, non posso certo sacrificarne 7 o 8 per lui…». Con le spalle al muro, Gabbiadini è tornato al gol a Firenze quando al 94’ha salvato il Napoli dalla caduta del Franchi (ha ricordato il gesto dello juventino Brady nell’ultima giornata del campionato‘81-‘82). Oggi non esistono molto possibilità che Gabbiadini resti. E lo ha voluto lui. Pagliari, il suo agente, ha anticipato che andrà in Premier o in Bundesliga. Ma ieri uno degli intermediari, Cannella, ha ammesso che «il prezzo fissato dal Napoli non è quello giusto». Chiaro, non sarà semplice trovare un punto di incontro tra la richiesta del club azzurro (20-22 milioni) e la valutazione di Wolfsburg e West Bromwich, non sono disposte a spingersi oltre i 16 milioni. «Anche perché non si può pensare che la valutazione sia la stessa di questa estate». Gabbiadini avrà ancora un’altra occasione per salutare il pubblico di Napoli: la gara con il Pescara. Domenica in panchina potrebbero esserci in contemporanea Manolo, Pavoletti e persino Milik se oggi il professore Mariani darà il via libera al rientro. Troppa grazia, non c’è che dire. Il cambio con Pavoletti è stato assai simbolico: una specie di passaggio del testimone. La sua agenzia, sul sito, ieri ha pubblicato come se fosse uno spot i numeri di Gabbiadini. «Venghino, signori, venghino…»: sono numeri da big, non c’è che dire. Un gol ogni 109 minuti nella scorsa stagione; un gol ogni 155 minuti in questa. Una contabilità che non contempla le difficoltà a inserirsi nel 4-3-3 di Sarri. La fatica immensa che ha fatto, in quest’anno e mezzo col tecnico azzurro, ad adattarsi al suo modello di calcio. Il giorno dell’addio non è lontano: ma occorre trovare un’intesa. Cosa farà il Napoli? Ovvio che al momento il ds Giuntoli provi a fare il duro e a non fare passi indietro sul prezzo fissato per la cessione. Ma è chiaro che saranno decisivi gli ultimi giorni di gennaio. Gabbiadini, da parte sua, ha confermato al manager e alla società di voler andare via. Difficilmente ci sarà un epilogo romanzesco, perché tutt’altro che facili sono stati i mesi di silenzio e lavoro duro che il bomber bergamasco si è imposto. (Pino Taormina – Il Mattino)