La maratona pianistica di Emilio Aversano
Il musicista salernitano si esibirà il 10 gennaio al teatro Verdi con la Sofia Festival Orchestra diretta da Jonathan Mann Di OLGA CHIEFFI Emilio Aversano, pianista salernitano della scuola di Susanna Pescetti, docente del Conservatorio di Musica “Fausto Torrefranca” di Vibo Valentia, salirà sul palcoscenico del teatro Verdi di Salerno, il 10 gennaio, ospite dell’ […]
Il musicista salernitano si esibirà il 10 gennaio al teatro Verdi con la Sofia Festival Orchestra diretta da Jonathan Mann
Di OLGA CHIEFFI
Emilio Aversano, pianista salernitano della scuola di Susanna Pescetti, docente del Conservatorio di Musica “Fausto Torrefranca” di Vibo Valentia, salirà sul palcoscenico del teatro Verdi di Salerno, il 10 gennaio, ospite dell’ Associazione “Serghej Rachmaninov” di Tiziano Citro, per una serata sponsorizzata dalla Caffè Motta. Specialista delle maratone pianistiche, il musicista incontrerà la Sofia Festival Orchestra e la bacchetta di Jonathan Mann per due perle della letteratura concertistica, il concerto di Wolfgang Amadeus Mozart in la Maggiore K488 e il Concerto n°1 op.23 in Si bemolle minore composto da Petr Il’ic Cajkovskij composto e revisionato tra il 1874 e il 1879. La pagina mozartiana, ultimata nel marzo del 1786 è un simbolo della perfezione formale, intrisa di lirismo e di grande freschezza inventiva, se pur evidenzia un complesso gioco di chiaroscuri e di ambivalenti invenzioni melodiche, con un’orchestrazione che si avvale della nostalgia evocativa dell’ancia, grazie alla presenza di una coppia di clarinetti al posto degli oboi, che gli offre impasti timbrici morbidi e delicati. L’invenzione tematica è fertile, semplice e intensamente espressiva. La grande cadenza alla conclusione del primo Allegro è scritta da Mozart stesso, nella partitura autografa, contrariamente all’uso di lasciarne l’improvvisazione al solista. La chiarezza delle linee si affina ulteriormente nell’Adagio, un ritmo di siciliana nell’insolita tonalità di fa diesis minore. Il clima di mestizia delicatissima imposto dall’esposizione, affidata come di consueto al solo pianoforte, sta in equilibrio, più che in contrasto, con la breve parentesi aperta da un più luminoso tema in la maggiore. Quanto contenuto è il pur profondo lirismo di questo Adagio, tanta è la vivacità del finale, brillantissimo, eppur sempre straordinariamente misurato. I concerti per pianoforte che pareggiano la popolarità del concerto n° 1 di Cajkovskij si contano sulle dita di una mano. Dalla melodia della imponente introduzione che è un vero e proprio tema con prima variazione, cadenza, seconda variazione e coda, fino alla melodia esposta dapprima dal flauto nel secondo movimento, e fino al secondo tema del finale, che viene portato all’apoteosi nella coda, è tutto un insieme di punti culminanti in una caleidoscopica varietà di atteggiamenti espressivi. Un uso consolidato, che partiva addirittura da Haydn, riguardava l’inserimento di temi popolari nei finali dei concerti. Cajkovskij non solo segue quest’uso, ma su di una canzone popolare ucraina, basa il primo tema del primo movimento. E la parte centrale del secondo, su di una canzonetta francese molto popolare in Russia, “Bisogna divertirsi, danzare e ridere”. Il concerto op.23, il cosiddetto concerto “russo”, che divenne popolarissimo in breve volger di tempo, diventava così un manifesto del diritto che la Russia avanzava ad allargare con la sua presenza il club delle grandi civiltà musicali che comprendeva all’epoca, Francia, Germania e Italia. Il programma verrà completato dall’orchestra che esibirà i propri archi nel Preludio del I Atto della Traviata una sorta di ‘racconto’ a ritroso della vita di Violetta con Verdi che fissa i due poli intorno ai quali gravita tutta l’azione dell’opera: amore e morte. A seguire l’Intermezzo Sinfonico da Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, una sorta di preghiera, ampia, solenne, cerimoniale, intonata prevalentemente agli archi e accompagnata dall’arpa e dall’organo: al flauto solista restano soltanto i ricami iridescenti che collegano le due parti del brano. In chiusura di concerto l’ultimo colpo di coda dei Concerti del Capodanno, con la polka schnell op.245 Plappermaulchen di Josef Strauss, veri e propri virtuosismi orchestrali, prima di festeggiare i 150 anni del valzer per antonomasia, An der schonen blauen Donau op.314, di Johann Strauss junior, il secondo inno austriaco.