Rigopiano, l’allarme slavine 4 giorni prima del disastro. Il procuratore di Pescara: c’è stato il caos comunicazioni

24 gennaio 2017 | 18:11
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Rigopiano, l’allarme slavine 4 giorni prima del disastro. Il procuratore di Pescara: c’è stato il caos comunicazioni

«Ritardi, incomprensioni, sottovalutazioni». Il procuratore di Pescara Cristina Tedeschini sceglie con cura i termini per definire la gestione dell’allarme sul crollo dell’Hotel Rigopiano. E li cala sul tavolo come un primo verdetto, bollando così il caos delle comunicazioni tra l’albergo e i terminali esterni: Comune,Provincia, Prefettura, titolari e soci, familiari degli ospiti. Dalle 7 di […]

«Ritardi, incomprensioni, sottovalutazioni». Il procuratore di Pescara Cristina Tedeschini sceglie con cura i termini per definire la gestione dell’allarme sul crollo dell’Hotel Rigopiano. E li cala sul tavolo come un primo verdetto, bollando così il caos delle comunicazioni tra l’albergo e i terminali esterni: Comune,Provincia, Prefettura, titolari e soci, familiari degli ospiti. Dalle 7 di mattina del 18 gennaio fino al muro di gomma che, alle 18.20, respinge la telefonata di allarme di Quintino Marcella, bollata come «bufala». Sicuramente la pagina più brutta di questa storia maledetta. Ma nel giorno in cui l’inchiesta per disastro e omicidio colposo plurimo affronta il primo bivio importante, dividendosi in due filoni che setacceranno e separeranno tutto quanto di rilevante accaduto prima e dopo la valanga, le lancette dell’allarme mancato vanno messe indietro almeno fino al sabato precedente, 14 gennaio. È da questo momento, di fronte alla bufera che si abbatte sull’Abruzzo e il centro Italia, che i report quotidiani del servizio Meteomont della Forestale cominciano a innalzare il rischio valanghe fino al livello 4 di mercoledì 18, il penultimo gradino della scala. «Per quello che mi risulta, Meteomont aveva cominciato a dare un rischio valanga estremamente elevato già da tre quattro giorni prima il momento dell’evento. Meteomont è un servizio pubblico, ha determinati destinatari istituzionali dei suoi bollettini – ha aggiunto il pm – Meteomont ha regolarmente funzionato sempre mandando i suoi bollettini a chi li doveva mandare, ai suoi interlocutori istituzionali. Questo è un fatto, ha funzionato sempre». A pericolo crescente corrisponde una scala crescente di responsabilità, che parte dai Comuni e arriva alle Prefetture. Con una serie di ramificazioni intermedie che gli investigatori guidati dai Pm Tedeschini e Papalia stanno mettendo a fuoco sulla base delle prime carte sequestrate, compreso il piano valanghe della Regione e soprattutto delle testimonianze verbalizzate a partire da ieri sera da Carabinieri e Forestale. Di certo c’è che le cartine Meteomont in mano agli inquirenti dividono l’Appennino in distretti, collocando la zona di Farindola in un’area che abbraccia Terminillo, Gran Sasso e Monti della Laga. Non possono che essere le autorità territoriali, sulla base dei dati raccolti sul campo, a circoscrivere le zone di reale pericolo e intervenire di conseguenza. In concreto, il giorno della tragedia di Rigopiano la sala operativa di Protezione civile era stata aperta dalle 10 del mattino, sotto il coordinamento diretto della Prefettura di Pescara, proprio per dare una lettura unitaria della bufera in atto in tutta la provincia dettando le gerarchie degli interventi di soccorso. È qui, nel cuore della macchina dei soccorsi, che l’inchiesta cerca risposte alla domanda cruciale dei parenti delle vittime: si poteva fare di più, si poteva fare prima per andare a liberare i sepolti vivi di Rigopiano? Assodato che l’allarme respinto di Marcella, il primo a parlare chiaramente di «crollo», ha pesato per un’ora e 25 minuti sulla partenza della colonna dei soccorsi, di più potranno dirlo gli sms, le telefonate e i messaggi wathsapp partiti dai cellulari degli ospiti del resort, in parte già risputati dalla coltre di ghiaccio e neve e sequestrati dai carabinieri. Sul punto l’inchiesta affronterà un altro tornante decisivo: un conto, spiegano gli inquirenti, è l’ansia crescente di uomini, donne e famiglie terrorizzati dalla sequenza di quattro scosse sismiche, ma sostanzialmente da considerarsi al sicuro; altro conto è se sfocia apertamente nel panico la condizione di gente intrappolata a quota 1.200 metri, in una scatola di cemento separata dal primo centro abitato da un muro di neve alto quattro metri e lungo undici chilometri. Un quadro che, a partire dalla mail partita alle 15.44 dalla direzione dell’hotel, a valle avrebbe dovuto risultare più chiara. Non ha aiutato il black completo delle linee elettriche e telefoniche, non hanno aiutato i «ritardi, incomprensioni, sottovalutazioni» elencati dal procuratore Cristina Tedeschini. Non ha aiutato, gettando un’ombra che peserà a lungo nel rapporto tra cittadini e autorità pubbliche, la risposta sprezzate ricevuta dall’uomo che chiedeva aiuto per conto dell’amico scampato miracolosamente al disastro: «Ancora questa storia? abbiamo verificato, è tutto a posto, è l’ennesima bufala». E non aiuterà lo scaricabarile che già si intuisce tra le istituzioni coinvolte nella gestione dell’emergenza. Ma la sorte dei sepolti vivi di Rigopiano, dicono le prime tessere in mano ai Pm di Pescara, appare segnata almeno da quattro giorni prima. Questione di giorni sapere anche da chi. (Paolo Mastri – Il Mattino)