Salerno. Chiude l’albergo popolare Koiné, una sconfitta per tutti
Salerno. Non è un albergo a cinque stelle, né a quattro. Forse nemmeno a tre. Ma per quelle tante persone senza una fissa dimora, in cerca di calore e di un tetto sopra la testa, era tutto. Ecco perché quando ieri mattina i funzionari dell’amministrazione comunale, insieme agli agenti della Digos e ai vigili urbani, […]
Salerno. Non è un albergo a cinque stelle, né a quattro. Forse nemmeno a tre. Ma per quelle tante persone senza una fissa dimora, in cerca di calore e di un tetto sopra la testa, era tutto. Ecco perché quando ieri mattina i funzionari dell’amministrazione comunale, insieme agli agenti della Digos e ai vigili urbani, sono venuti a ritirare le chiavi, sancendo la fine di quella storica attività, in molti sono scoppiati in lacrime. Koiné, l’albergo popolare – questa la definizione che campeggia sull’insegna della struttura di traversa Napoletano numero10 – da questa mattina ha chiuso i battenti. Otto i dipendenti della cooperativa Livingstone, che gestisce il servizio per conto del Comune, sulla strada della disoccupazione. Nulla da fare per quelle trenta persone che ieri si trovavano all’interno e hanno sperato fino all’ultimo che qualcosa potesse cambiare. Tutti fuori. Perché? Ufficialmente perché il Comune di Salerno, che delle politiche sociali ha sempre fatto un vanto in campagna elettorale, stavolta cade sullo scalino del fitto passivo, non corrispondendo oramai da quattro anni il canone ai legittimi proprietari dell’immobile. Si parla di 80.000 euro l’anno, che in quattro anni fanno 320.000 euro. Somme che l’amministrazione comunale avrebbe potuto investire per ristrutturare uno dei tanti immobili tenuti in disuso e allestire un nuovo punto di prima accoglienza, eliminando per sempre il problema dei fitti passivi che proprio una circolare nazionale del 2012 ha indicato alle pubbliche amministrazioni di snellire. A dicembre il titolare, insieme alla moglie coproprietaria, hanno chiamato in causa il Consiglio di Stato che ha sancito, con una sentenza passata in giudicato in primo grado, l’obbligo di abbandono della struttura da parte della cooperativa e il pagamento dell’enorme cifra di 360.000 euro da parte dell’amministrazione comunale, ovvero le quote di fitto più spese legali, oneri vari e interessi maturati. Quello che è accaduto ieri mattina, in fondo, è pura formalità. Intorno alle 10, come da copione, i funzionari comunali tra cui il direttore del settore Servizi sociali Rosario Caliulo, scortati dagli agenti della municipale, arrivano all’albergo popolare per prendere dalle mani del presidente della cooperativa Livingstone, Antonella Pagnotta, le chiavi della struttura e fare un censimento degli occupanti. «Teniamo a chiarire che non si tratta di uno sfratto – specifica Pagnotta – ma di una consegna volontaria. Avevamo tempo fino al primo febbraio ma a questo punto non avrebbe avuto più senso. Il Comune ha deciso di non pagare e noi, come legge prevede, siamo costretti ad abbandonare il servizio. Si sta seppellendo un servizio ai cittadini con circa 2.000 persone l’anno e ben 15.000 pernottamenti in totale a prezzi più che popolari. Dove andranno queste persone? Avevamo chiesto uno spazio comunale ma non ci hanno dato mai risposta. Non hanno nemmeno creato un’alternativa all’unico centro di prima accoglienza di Salerno e hanno fatto di tutto per farlo chiudere. Oggi viene segnata una sconfitta per tutta la città». E ora? Di quelle trenta persone presenti ieri, tra disagiati, extracomunitari, anziani o con problemi psichici, poche sono quelle prese in carico dai servizi sociali del Comune, ovvero solo quelle con seri problemi di sostentamento o di salute. Tutti gli altri dovranno trovarsi un altro tetto. «Continueranno a vivere la loro vita come hanno fatto fino ad oggi – ha commentato Caliulo – Qui non stavano comunque gratuitamente (13 euro il costo di una notte). Non escludendo che altre associazioni di volontariato li accettino. Per le persone con problemi di disabilità fisica o mentale, provvederemo a distribuirle in vari centri del territorio». (Emilio D’Arco – La Città di Salerno)