Salerno. Onlus fittizie, 13 indagati in Provincia. Altra bufera sulla gestione Villani
Salerno. Gli inquirenti l’hanno chiamata operazione “Re Mida”, perché secondo l’accusa gli indagati erano riusciti a trasformare in “oro” i capitoli di spesa della Provincia, drenando qualcosa come 1 milione di euro verso finte onlus e iniziative inesistenti. Erano i tempi della giunta guidata da Angelo Villani e a reggere le fila dell’illecito c’era il […]
Salerno. Gli inquirenti l’hanno chiamata operazione “Re Mida”, perché secondo l’accusa gli indagati erano riusciti a trasformare in “oro” i capitoli di spesa della Provincia, drenando qualcosa come 1 milione di euro verso finte onlus e iniziative inesistenti. Erano i tempi della giunta guidata da Angelo Villani e a reggere le fila dell’illecito c’era il suo braccio destro, Vittorio Aliberti. Nel dicembre del 2012 quest’ultimo ha chiuso il procedimento giudiziario patteggiando una pena di 3 anni e 1 mese, ma l’inchiesta è andata avanti nei confronti di funzionari provinciali e sedicenti amministratori di associazioni no profit, conducendo adesso all’emissione di un avviso di conclusione delle indagini per tredici persone. Nella lista ricompare lo stesso Aliberti, per 70.000 euro che nella prima fase dell’inchiesta non erano emersi. E c’è anche l’ex presidente Villani, accusato di aver preso dal fondo per la “Borsa mediterranea del turismo archeologico” 28.000 euro utilizzati per i manifesti della sua campagna elettorale nel 2009. Quelle elezioni Villani le perse e poco dopo il successore Edmondo Cirielli rilevò anomalie nella gestione contabile e costituì una commissione di verifica. Le indagini della Procura hanno poi ricostruito un sistema che ruotava attorno ad Aliberti e alla responsabile contabile dell’ufficio di presidenza, Giovanna Musumeci, che ha anche lei patteggiato la pena. I soldi che uscivano da Palazzo Sant’Agostino sarebbero finiti ad associazioni gestite da familiari e amici, per finanziare progetti che secondo gli inquirenti esistevano solo sulla carta. Tra i destinatari dell’avviso di chiusura indagini figurano tra gli altri Fulvio Aliberti (padre di Vittorio) e Mario Bisogno, ex marito di Giovanna Musumeci. Il primo era legale rappresentante della congrega Madonna delle Grazie, che avrebbe incassato senza titolo più di 36.000 euro. Il secondo avrebbe ottenuto, e stornato all’ex coniuge, quasi 490.000 euro, erogati in 72 contributi a persone giuridiche che la Procura bolla come inesistenti. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria hanno poi bussato alla porta di altre onlus giudicate fantasma e di dirigenti e funzionari della Provincia, che avevano firmato i mandati di pagamento o guidavano centri di spesa e settori finanziari. Tra loro l’ex consigliere comunale Lello Ventre, che da dirigente nello staff della presidenza firmò un mandato di 25.000 euro in favore di un centro studi che secondo gli inquirenti non ha mai avuto vita ed era riferibile a una cognata di Aliberti, per la quale il procedimento si è già definito. Al pari inesistente risulta l’associazione “Arcobaleno”, che avrebbe beneficiato di contributi per un totale di 249.000 euro. È stata invece le differenza tra atto di liquidazione e somme erogate a fare finire sotto inchiesta anche due membri (Giuseppe Lembo e Silvia Rossi) dell’associazione “Torre Antica Cilento Elea”. I finanzieri hanno ricostruito che la spesa autorizzata era di 20.000 euro, ma che il mandato di pagamento era stato firmato per 50.000. Poi ci sono le forniture pagate 70.000 euro all’imprenditore Nicola Fortunato, forniture che secondo la Procura non furono mai effettuate. Per tutti l’accusa è di concorso in peculato. Scorrendo la lista dei progetti finanziati si trovano diciture fantasiose: da una “campagna di sensibilizzazione del ruolo della donna” a imprecisate iniziative “tese a incoraggiare esperienze locali”. Programmi che secondo il sostituto procuratore Guglielmo Valenti non hanno mai visto la luce e servivano soltanto ad accaparrarsi denaro pubblico. Una sorta di assalto alla diligenza che sarebbe durato fino al maggio del 2009, quando l’amministrazione provinciale fu rinnovata dal voto. Ora gli indagati hanno venti giorni di tempo per provare a chiarire la posizione, prima che il magistrato formuli la richieste di rinvio a giudizio. (Clemy De Maio – La Città di Salerno)