Spioni sul web, due arresti. Mel mirino i potenti d’Italia. Violati più di 18.000 account, nella rete Renzi, Draghi e Monti
Finora sono stati contati 18.327 account di posta elettronica: il tesoro di Giulio e Francesca Maria Occhionero, l’ingegnere che si divideva tra finanza e massoneria, e la sorella, una chimica frequentatrice dei salotti romani. Geni dell’informatica, avevano messo in piedi, almeno dal 2010, un sistema di hackeraggio infallibile: con un’email civetta penetravano negli account delle […]
Finora sono stati contati 18.327 account di posta elettronica: il tesoro di Giulio e Francesca Maria Occhionero, l’ingegnere che si divideva tra finanza e massoneria, e la sorella, una chimica frequentatrice dei salotti romani. Geni dell’informatica, avevano messo in piedi, almeno dal 2010, un sistema di hackeraggio infallibile: con un’email civetta penetravano negli account delle vittime carpendo tutti i messaggi, passati e futuri, dirottati e notificati su un server controllato dai due indagati e poi trasmessi negli Usa. Il virus nella posta consentiva ai due fratelli anche di inviare comandi e agire dall’indirizzo “infettato”. Gli obiettivi erano i più illustri, da Matteo Renzi a Mario Draghi, l’ex comandante generale della Finanza Saverio Capolupo, fino al cardinale Gianfranco Ravasi e poi esponenti di Enav, Enel, Eni, Finmeccanica, Fondiaria sai, quindi avvocati di affari, società di recupero crediti e la loggia massonica avversaria a quella che aveva dato la tessera a Giulio Occhionero. Le accuse sono procacciamento di notizie concernenti la sicurezza di Stato, accesso abusivo a sistema informatico, intercettazione illecita di comunicazioni informatiche. I dati rubati, inviati anche ad altri indirizzi email non ancora attribuiti, sono custoditi da una società Usa e ieri sono stati sequestrati dall’Fbi su richiesta del pm Eugenio Albamonte. Il materiale in possesso dei due indagati garantiva un enorme potere e non è escluso neppure che Giulio Occhionero puntasse a una scalata nelle logge. Alla polizia postale, che ha eseguito le indagini, non è sfuggito il collegamento con l’inchiesta P4, anche in quel caso si trattava di un dossieraggio eseguito attraverso un sistema analogo, e il sospetto, adesso, è che il personaggio che gestiva la “rete” nel 2011 (mai individuato dall’inchiesta napoletana) fosse proprio Occhionero. Sul registro degli indagati anche il nome di un poliziotto, forse anche lui vicino alla massoneria, che ha tentato di assumere informazioni sull’indagine. Oltre alla politica con i nomi di Piero Fassino, Ignazio La Russa, Fabrizio Cicchitto, l’ex sindaco di Torino Piero Fassino, l’ex ministro Fabrizio Saccomanni, l’ex capo di gabinetto del Tesoro Vincenzo Fortunato, Daniele Capezzone, Michela Vittoria Brambilla, le grandi società partecipate dallo Stato, le amministrazioni e i vertici delle forze dell’ordine come Paolo Poletti, ex capo di stato maggiore della Guardia di finanza ed ex vicedirettore dell’Aisi. Nel “bottino” dei fratelli Occhionero ci sono gli indirizzi di posta elettronica di venti grandi avvocati di affari. Carpite quotazioni delle società in borsa, transazioni finanziarie alle fusioni di grandi aziende. Nell’elenco c’è lo studio dell’ex parlamentare Maurizio Scelli, specializzato in diritto amministrativo e commerciale. Cinque, invece i pc “compromessi” dello studio legale Ghia, con sedi a Roma e Milano. Di diritto commerciale, amministrativo e tributario, invece si occupa lo studio legale Bernardi e associati. In mano ai due indagati erano anche i documenti dello studio legale Cancrini e Partners, diritto amministrativo, civile commerciale e societario e ancora lo studio legale Piselli & partners, sedi a Roma, Cagliari, Mestre, Londra e Bucarest. Per la procura, come per il gip Maria Paola Tomaselli, sul collegamento tra questa attività di spionaggio e quella sul dossieraggio del 2011 non ci sono dubbi. L’account più interessante è quello «collegato a operazioni di controllo da parte di Luigi Bisignani nei confronti dell’onorevole Papa e delle Fiamme gialle». Il lobbista – condannato a un anno e sette mesi di reclusione con patteggiamento, per accuse che andavano dall’associazione per delinquere al favoreggiamento, dalla rivelazione di segreto alla corruzione – assicura di non conoscere Occhionero e di non aver mai spiato alcuno. (Valentina Errante e Cristiana Mangani – Il Mattino)