Trump, stop al patto trans-Pacifico. Usa escono dall’accordo di libero commercio con 11 Paesi, via anche i fondi per l’aborto
Primo giorno di lavoro per la nuova amministrazione americana e prime conferme delle linee di azione che Trump aveva annunciato. A metà della mattina di ieri un colpo di penna aveva già cancellato la partecipazione americana all’accordo di libero scambio Trans-Pacifico. Un secondo ha ripristinato il bando ai finanziamenti per qualsiasi ong intorno al mondo […]
Primo giorno di lavoro per la nuova amministrazione americana e prime conferme delle linee di azione che Trump aveva annunciato. A metà della mattina di ieri un colpo di penna aveva già cancellato la partecipazione americana all’accordo di libero scambio Trans-Pacifico. Un secondo ha ripristinato il bando ai finanziamenti per qualsiasi ong intorno al mondo che faciliti o sia collegata a qualsiasi titolo con la pratica dell’aborto. La misura ideata da Reagan nel 1984 è stata puntualmente confermata da ogni presidente repubblicano e cancellata dalle amministrazioni democratiche, come aveva fatto Obama otto anni fa. Trump ha congelato le assunzioni di personale nel governo, con le sole eccezioni per militari, sicurezza e salute pubblica, ed ha parlato al telefono con il presidente egiziano al Sisi, per confermargli la fiducia del governo americano e il mantenimento degli aiuti per la lotta contro l’Isis. Poi ha passato il pomeriggio a ricevere esponenti del congresso. La rottura del TPP, anticipata e da lungo tempo attesa, ha immediatamente provocato reazioni internazionali a catena. In Cina il direttore del dipartimento per l’economia internazionale Zhang Jun ha detto che il suo paese è pronto ad abbracciare il ruolo di leader della cooperazione internazionale e ha dichiarato la disponibilità ad allargare a nuovi membri gli accordi che già la legano con patti commerciali nell’area del Pacifico. L’interruttore non è ancora stato spento per il Nafta, ma gli incontri con il canadese Trudeau e con quello messicano Pena Nieto già messi in agenda per la settimana confermano che la fine dell’accordo tra Usa, Canada e Messico è ormai segnato. Il presidente messicano ieri ha fatto sapere che è pronto a negoziare un nuovo trattato bilaterale nello stile di quelli che Trump intende realizzare e che allo stesso tempo è già in contatto con ognuno degli altri 10 partner del defunto TPP in cerca di nuovi accordi. Trump ha invitato a colazione alla Casa Bianca una rappresentanza dei capi delle aziende più importanti del paese: dalle acciaierie all’automobile, dalle cartiere, all’aviazione e l’industria spaziale privata. Ha promesso che taglierà il 75% dei regolamenti che rallentano i loro affari e che darà un colpo d’ascia alle tasse. In cambio pretende fedeltà patriottica nella difesa dei posti di lavoro e la creazione di nuova occupazione, e minaccia l’imposizione di pesanti tasse di reimportazione per beni prodotti all’estero da società americane. In perfetta sincronia con l’evento, il gigante taiwanese dell’elettronica Foxconn ha confermato l’intenzione già annunciata in precedenza di investire 7 miliardi di dollari per la costruzione di nuove fabbriche negli Usa, con l’effetto cumulativo di creare 35.000 posti di lavoro. Poche ore dopo, la prima conferenza stampa del portavoce della Casa Bianca Sean Spicer è servita anche a rammendare le ferite aperte nel fine settimana dalle parole dure che i comunicatori di Trump avevano riservato ai giornalisti americani. Spicer ha condotto una seduta cordiale e ha risposto senza riserve a tutte le domande. Ha annunciato che la platea dei giornalisti sarà amplificata in futuro dall’accesso via Skype di tanti colleghi delle periferie lontane, che faticano a mantenere un ufficio a Washington. Spicer ha parlato della volontà americana di negoziare con la Russia e di difendere il principio dell’inviolabilità territoriale contro le ambizioni espansionistiche della Cina. Ad Astana in Kazakhstan, dove nel frattempo Russia, Turchia e Iran, tentavano un primo incontro tra esponenti del governo siriano e quelli dell’opposizione, si è sparsa la voce di una missione congiunta in Siria appena compiuta da aerei russi affiancati da quelli dell’alleanza diretta dagli americani. Questi ultimi hanno immediatamente smentito la notizia. Il pomeriggio del nuovo presidente americano è stato dedicato ai rapporti con il congresso, dove i democratici hanno rallentato finora con successo i voti di conferma delle nomine di governo. Uno dei due funzionari già approvati, il consigliere per la Sicurezza Nazionale Michael Flynn, è ora indagato dall’Fbi per sospetti rapporti con la Russia. Trump ha spinto per un rapido voto oggi su almeno altre otto poltrone e ha poi coordinato con lo speaker della camera Paul Ryan l’azione per il rigetto della riforma sanitaria. (Flavio Pompetti – Il Mattino)