Ucciso a 21anni Renato ex giocatore del Napoli per camorra, nessuno ha visto. Ardituro “lo stato fermi le stese”

29 gennaio 2017 | 09:25
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Ucciso a 21anni Renato ex giocatore del Napoli per camorra, nessuno ha visto. Ardituro “lo stato fermi le stese”

Sulla morte di Renato, ex giocatore del Napoli primavera, cosa che ha colpito i media in Campania, ma che è semplicemente un punta di un iceberg del malessere dovuto alla mancanza ed inefficacia dello Stato e della collettività, un “vuoto” di umanità, oggi parlano tutti i giornali, anche per un locale come Positanonews che spazia […]

Sulla morte di Renato, ex giocatore del Napoli primavera, cosa che ha colpito i media in Campania, ma che è semplicemente un punta di un iceberg del malessere dovuto alla mancanza ed inefficacia dello Stato e della collettività, un “vuoto” di umanità, oggi parlano tutti i giornali, anche per un locale come Positanonews che spazia dalla Costiera amalfitana alla Penisola sorrentina, ma è in Campania, la cosa ci riguarda.
Hanno sentito tre esplosioni, forse quattro, e sul momento non hanno nemmeno pensato che si trattasse di colpi di pistola. Che fosse un agguato di camorra l’hanno capito dopo, quando hanno notato il ragazzo moribondo sull’asfalto. Forse hanno visto, ma di sfuggita, uno scooter che correva verso Pianura. Oppure lungo via Montevergine. O in direzione Rione Traiano. Chi timidamente indica una direzione subito dopo fa spallucce, non è sicuro, ammette che forse si sta sbagliando e che non ha visto nulla. È da questo scenario che partono le indagini dei Carabinieri della Compagnia di Bagnoli che, insieme a quelli del Nucleo Operativo del Comando Provinciale di Napoli, dovranno fare chiarezza sull’omicidio di Renato Di Giovanni, il giovane di 21 anni ucciso per strada lo scorso venerdì mattina a Soccavo. L’agguato è avvenuto dove via dell’Epomeo si incrocia con via Montevergine, circa un quarto d’ora dopo mezzogiorno. La strada è quella dello shopping, frequentatissima dalla mattina fino all’orario di chiusura dei negozi. Si percorre piano, spesso a passo d’uomo, per via del traffico e delle automobili in doppia fila. Anche sui marciapiedi ci sono centinaia di persone. Quel tratto, poi, è forse il più affollato: è nel mezzo di un incrocio. Le auto in sosta selvaggia si mischiano a quelle che proseguono lungo via dell’Epomeo, a quelle che arrivano da via Privata Pacifico e a quelle, ancora, che fanno manovra per imboccare via Antonino Pio. Nelle ore di punta in quello slargo ci sono decine di persone tra automobilisti e pedoni e, con tutta probabilità, venerdì è stato lo stesso. Nessuno, però, si è fatto avanti per fornire una testimonianza agli investigatori. Che non sarebbe arrivato un nome, che nessuno avrebbe fatto una descrizione precisa, era da metterlo in conto, perché comprensibilmente la paura di subire ritorsioni è ben più forte del dovere civico quando si tratta di indicare un uomo che non si è fatto scrupoli a spezzare la vita di un ragazzino. Sono mancate, però, fino a questo momento, anche indicazioni generiche. La ricostruzione dei carabinieri è ricavata da deduzioni e ricalca le modalità degli agguati di stampo camorristico. Si ritiene che fossero in due e che fossero su uno scooter per la rapidità con cui sono spariti dall’incrocio dopo aver sparato, ma non è chiaro se fossero a volto scoperto o se indossassero caschi o sciarpe. Anche sulla direzione verso cui sono fuggiti resta il dubbio: di certo si sono allontanati subito dal posto e, viste le condizioni di traffico di via dell’Epomeo, è plausibile che si siano infilati in un vicolo. Il più vicino è via Montevergine, che con uno scooter si può agevolmente imboccare contromano. La direzione di fuga, però, può significare tutto e niente: anche salendo lungo via Montevergine avrebbero potuto proseguire verso via Palazziello o tornare nuovamente verso via dell’Epomeo, continuare in direzione Pianura o scendere verso il Rione Traiano. Le immagini registrate dagli impianti dei negozi sono state già acquisite, ma da quelle difficilmente verrà fuori qualcosa in più di un bagliore, un pneumatico a margine dell’inquadratura o un pedone che accelera il passo: le telecamere sono puntate sugli ingressi, non sulla strada. A sciogliere il mistero avrebbero potuto pensarci le telecamere di sorveglianza, grazie alle quali, si sarebbero potuti ricostruire i movimenti dei killer per stabilire il tragitto e, di conseguenza, indirizzare le indagini verso un determinato gruppo malavitoso. Ci avrebbero almeno provato, se quelle telecamere ci fossero state: lungo via dell’Epomeo, nei vicoli che la intersecano, tra i palazzoni che si affacciano sulla strada dello shopping di Soccavo, non c’è un solo occhio elettronico attivo. Zero. All’assenza di tecnologia, normalità per le periferie, si sopperirà con le indagini vecchio stampo: i familiari e i conoscenti della vittima, compresi gli amici, sono stati ascoltati. E ci si interroga sugli equilibri di potere tra i clan della zona. Attualmente sembrano appianati, o perlomeno sopiti, i contrasti tra i gruppi del Rione Traiano e quelli di Soccavo e appare poco verosimile che i malavitosi contrapposti ai Marfella di Pianura abbiano deciso di spostare lo scontro in un altro quartiere, preferendo colpire non direttamente i nemici ma un clan a loro alleato. Restano i Vigilia e alcuni pregiudicati vicini ai Grimaldi. Il primo clan ha la sua roccaforte nella zona e in via Palazziello c’era la piazza di spaccio riconducibile a loro in cui fu arrestato Di Giovanni ad ottobre. Nella stessa area vivono anche alcuni ex Grimaldi e nei giorni scorsi ci sarebbe stato un litigio tra persone legate agli esponenti delle due cosche. Tra le ipotesi: un’epurazione interna o una convivenza tra gruppi criminali che potrebbe essere diventata impossibile. Nico Falco Il Mattino

“A Napoli, purtroppo, troppo spesso si muore ancora per caso”, dice il consigliere del Csm Antonello Ardituro raccogliendo, in un passaggio del suo intervento, l’allarme sulle sparatorie di camorra nelle strade: «Dobbiamo fare i conti con le stese, le violente indiscriminate batterie di fuoco che imperversano in città e possono essere considerate veri e propri atti terroristici». Il magistrato, da due anni a Palazzo dei Marescialli dopo una lunga esperienza nel pool antimafia del Centro direzionale, invita gli ermellini e la platea che affolla il Salone dei Busti «a guardare fuori» da Castel Capuano e a cogliere «la sua posizione quasi di avamposto su Forcella» da dove, argomenta, «non possiamo, tutti, non preoccuparci dei nostri ragazzi, dei giovani, addirittura dei bambini, lasciati troppo soli a resistere alle lusinghe e alle tentazioni criminali». Sulle stese aveva parlato con i cronisti anche il sindaco Luigi de Magistris a margine della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario: «Vanno affrontate con gli strumenti preventivi e repressivi dello Stato – ha detto – serve più controllo del territorio e da tantissimo tempo chiedo più mezzi insieme a risorse umane e materiali. L’ho chiesto al governo centrale e non è stata sufficiente la risposta dell’esercito, nonostante le dichiarazioni roboanti dell’allora ministro dell’Interno. Di fronte alle stese, di fronte agli omicidi, devono intervenire le forze dell’ordine e la magistratura che ha Napoli svolgono compito eccellente ma vanno anche rafforzati. I cittadini stanno dando il massimo, l’antimafia sociale dei fatti è molto forte, l’amministrazione ha riscattato la città e governa con le mani pulite.

Allo Stato bisogna chiedere di fermare le stese». Nel suo intervento, Ardituro bacchetta «l’inquietante silenzio che, proprio in queste terre, nel 2016, si è registrato sull’emergenza ambientale dopo le grida di allarme a volte addirittura eccessive del passato: quasi che le ecomafie e la Terra dei fuochi siano ricordi del passato, dissolti, come d’incanto, per l’azione riformatrice del legislatore o per l’inizio a singhiozzo di timide azioni di bonifica». Ricorda, il consigliere del Csm, «l’asfissiante presenza della criminalità organizzata: una camorra che spara e una camorra che fa affari, troppo spesso facendo affidamento su connivenza o complicità di imprenditori e politici in una regione che continua ad avere l’emblematico record di scioglimento di consigli comunali per infiltrazioni mafiose». Ardituro non elude i temi del dibattito fra toghe e governo, rimarcando le critiche «ragionate e convinte» alla riforma della giustizia minorile «che rischia, con l’abolizione di procure e II sindaco de Magistris: “Tocca al governo fermare le sparatorie in strada, serve più controllo del territorio, i soldati non bastano” tribunali per i minorenni, di mandare in archivio un patrimonio di specializzazione che rappresenta un’avanguardia della cultura giuridica del Paese». Invita a non depotenziare lo strumento delle intercettazioni e, sulla prescrizione, respinge il «tentativo semplicistico e ingeneroso di attribuire la lunghezza dei processi alla negligenza e alla scarsa laboriosità dei magistrati. E conclude: «Ci aspettiamo, ormai da troppo tempo, un saggio intervento riformatore. Una norma semplice e chiara, che disponga l’interruzione della prescrizione almeno dopo la sentenza di primo grado». (Fonte: d.d.p. da La Repubblica Napoli)