Una giornata al Museo Egizio di Torino di Laura Franco
Ero a Torino, avevo bevuto o meglio mangiato con il cucchiaino una cioccolata calda, una cremosità densa e vellutata tra lingua a palato e poi ero uscita dal bar e dal portico e ero stata abbagliata dal cavallo che si staglia verdescuro nell’iperazzurro del cielo illuminato dal sole, e dopo pochi passi entro nel Museo […]
Ero a Torino, avevo bevuto o meglio mangiato con il cucchiaino una cioccolata calda, una cremosità densa e vellutata tra lingua a palato e poi ero uscita dal bar e dal portico e ero stata abbagliata dal cavallo che si staglia verdescuro nell’iperazzurro del cielo illuminato dal sole, e dopo pochi passi entro nel Museo Egizio, e mentre scendo penso
dal 1989 del Louvre di Pei in poi per entrare nei musei si scende, e mentre mi chiedo se davvero è solo da allora?
Libro dei morti
Comunque se prima ero nella Torino elegante e solare dopo poche facili formalità mi sono ritrovata in un sotterraneo poco illuminato e molto affollato. Ma non ho avuto tempo di provare fastidio per le troppe persone perché ero già in una sala troppo stretta per essere una sala troppo larga per essere un corridoio… e appoggio gli occhi alla parete e cammino, cammino per una quarantina di passi con gli occhi su una teca… geroglifici geroglifici geroglifici era ipnotizzante, e bello. Mi sono sentita nei sotterranei dei mondi dei morti camminando accanto a un papiro initerrotto lungo più di diciotto metri con –dice l’audioguida– indicazioni su come entrare nella luce, ovvero per entrare nell’eternità. Come è lontano il tempo in cui è stato scritto e quanto ancora attuale la ricerca della felicità eterna.
E poiché a me della storia dei creatori del museo importa ancora meno della biografia di uno scrittore mentre leggo un suo romanzo, ho imboccato la scala mobile e mi sono ritrovata con gli occhi incollati a una parete colorata: luccicante, brillante, vetrini, azzurri, gialli, rifrazioni di luci e suggestioni: è una mappa del percorso del Nilo, l’alto Nilo al piano sottoterra, la foce dopo una mezza dozzina di rampe di scale mobili. Se fossi tornata giù avrei rifatto la salita sapendo già che alla fine mi sarei affacciata nel bacino del Mediterraneo quello della grande madre fenicia. Donna generosa che nutre e protegge. Figura mitica che riconosco in alcune donne della generazione oggi più vecchia e che non so se sopravvivrà –dopo tante decine di secoli—anche tra i Millennials.
Ho visto teche con dentro un sarcofago in legno con gli occhietti disegnati dal lato della testa, e una barca e tante suppellettili, e distrattamente ricostruzioni poco realistiche e con attenzione sono entrata in un vero tempio (di Ellesija) portato qua ai tempi della costruzione della diga a Assuan. In quello stesso periodo il tempio di Dendur fu spostato nel Metropolitan.
E ancora una intera sala dedicata alle tombe di Kha e Merit, un marito e una moglie (e saranno morti insieme? Non credo! E allora chi prima mi chiedo?) Non riesco a pensare alla morte dei corpi dei grandi sarcofagi, due o tre uno dentro l’altro e poi ancora un’altra cassa… con le slitte per il trasporto. Che strano vedere il legno ricurvo e penso al peso, all’attrito e alla fatica di cui la civiltà egizia ha sempre fatto grande uso. Osservo incantata i tessuti, il corredo e la parrucca… ma non è una parrucca è la vera chioma di Merit, vissuta più di tremila anni fa… sono sgomenta come quando penso a quanto piccola è la Terra rispetto a Giove.
Ancora un libro dei morti, colorato, integro bellissimo. Vi è anche raffigurato il momento in cui si verifica la purezza d’animo: su un braccio della bilancia il cuore, sull’altro una piuma. E allora il pensiero forte e dominante è stato: avrà visto proprio questo disegno di questo papiro Calvino? Avrà pensato esattamente a questa immagine quando ha parlato di Maat, la piuma leggera, dea della bilancia?
E mentre penso a Calvino non posso non addolorarmi per la morte di De Mauro, un altro umanista dotato di pensiero logico. E dentro la galleria del Museo dei libri dei morti, delle tombe e delle suppellettili funerarie faccio le mie personali condoglianze a chi come me ha perso con Lucio Lombardo Radice, con Calvino, con Eco con De Mauro un maestro o un compagno. Persone di riferimento per vivere e esprimere l’amore per la conoscenza, la logica e la lingua.
E via mentre credevo di avere visto tutto: manca la sala dei Re! Non ricordo più se era sotto o sopra o sottosopra, comunque sono entrata in una lunga stanza buia: ma perché le statue dei faraoni e loro animali, devono essere sempre buie? Sono entrata nella sala dove tutti volevano vedere –o fotografare?– Ramsete, e mi sono soffermata con due gatti, e là tra la solennità delle statue ritte e alte e in piedi (piede sinistro avanti) ho chiuso gli occhi e ho pensato a cosa mi aveva colpita nel museo dal quale non ero ancora uscita.
Un frammento un ostrakos… ostracizzare verbo che imparai al ginnasio e a occhi chiusi sento la voce della professoressa di greco (sono passati già cinquanta anni) che rappresenta una ballerina piegata all’indietro… a ponte.
E la scultura di un uomo e una donna, immagine di coniugi come il sarcofago degli sposi etruschi, e no no mi dico, non spostarti non fuggire altrove, sei in Egitto, nell’Egitto mostrato a te dal Museo Egizio di Torino e mi obbligo alla disciplina e all’orrore ammirato davanti alle spoglie mortali di un uomo rattrappito in posizione fetale da migliaia di anni… c’è chi guarda, chi fotografa, chi passa oltre, le dita dei piedi, le ginocchia, un’anca, eppure eppure come si fa a non sentire un brivido di fronte al nulla della morte e alla sopravvivenza della memoria?
Amuleti: vasetti, poggiatesta, cuoricini, fibbie, minuscoli oggetti che venivano posti tra uno strato e l’altro di bende per buon augurio e sembrano ciondoli tintinnanti su braccialetti… e sì dopo un lungo viaggio nel regno dei vivi di tremila anni fa sono riemersa nella Torino, ancora assolata e luminosa.
Laura Franco: Laureata in matematica ha fatto ricerca sulle funzioni cognitive superiori occupandosi di geometria, logica e linguaggio. Recentemente ha insegnato Lessico Scientifico e Traduzione alla ‘Sapienza’ Università di Roma. Autrice di varie raccolte di short stories quando può attraversa gli oceani e viaggia nei deserti, se fosse un avverbio, e anche se non lo fosse sarebbe altrove.