Bullismo on line, minori a rischio. Sì del Senato alla rimozione dai siti dei contenuti, scuola al centro della prevenzione

2 febbraio 2017 | 15:33
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Bullismo on line, minori a rischio. Sì del Senato alla rimozione dai siti dei contenuti, scuola al centro della prevenzione

Accadde in una notte di gennaio di quattro anni fa. Carolina Picchio, quattordici anni e due occhi grandi, salì al terzo piano e si gettò dalla finestra della sua casa di Novara. Poco prima del grande salto c’era stata quella festa di dicembre che le aveva tolto il sonno. Qualche bicchiere di troppo, qualcuno che […]

Accadde in una notte di gennaio di quattro anni fa. Carolina Picchio, quattordici anni e due occhi grandi, salì al terzo piano e si gettò dalla finestra della sua casa di Novara. Poco prima del grande salto c’era stata quella festa di dicembre che le aveva tolto il sonno. Qualche bicchiere di troppo, qualcuno che la riprende piegata in due dai fumi dell’alcol, altri bulletti che le fanno avance spudorate. Una scena che la piccola fu costretta a rivedere mille e mille volte, al ritmo di chi l’aveva diffuso in rete, fino a farla vergognare di essere venuta al mondo. Molti vollero dimenticare quella storia. Non lo fece mai la sua insegnante di musica Elena Ferrara. Che un anno dopo, eletta senatrice del Pd, si dedicò anima e corpo a un provvedimento che desse senso all’insensata morte di Carolina. La stessa legge che è stata approvata ieri al Senato con 224 sì, un solo no e 6 astenuti, e che adesso dovrà tornare alla Camera in quarta lettura. «Abbiamo riproposto sostanzialmente il testo originario, quello che venne approvato qui a Palazzo Madama il 20 maggio del 2015», spiega Elena Ferrara, «perché abbiamo preferito scollegare la tutela dei minori da quella degli adulti» che avrebbe comportato un complesso iter di modifiche al codice penale. «Il fenomeno del cyberbullismo è talmente grave – chiarisce la senatrice dem – che abbiamo scelto di concentrarci sui minorenni che sono i più deboli». Rispetto alle precedenti versioni uscite dall’aula, la legge prevede infatti tutele a misura dell’universo giovanile. Sarebbe stato inutile e per certi versi controproducente, sovrapporle a quelle per gli adulti che esistono già. E d’altra parte non c’era più tempo da perdere. Il cyberbullismo nel 2016 è cresciuto dell’8 per cento rispetto all’anno scorso, anche sulla scorta dell’ormai dilagante sexting, l’insistito scambio di chat, foto e messaggi a sfondo erotico esploso anche tra gli adolescenti. Una ricerca condotta dalla Regione Lombardia su 7.000 giovani, ha appurato che lo fa ormai uno su quattro, già a partire dall’età di undici anni. «Il 50 per cento dei ragazzi che subisce fenomeni di cyber bullismo pensa di suicidarsi – ricorda la senatrice Ferrara – mentre l’11 per cento cerca di farlo». Già, ma che cosa prevede il provvedimento? Attribuisce innanzitutto potere al minore. Il potere di chiedere, a partire dai 14 anni (e senza obbligatoriamente doverne informare i genitori) l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualunque dato personale diffuso sul web, a prescindere dal fatto che i contenuti che lo riguardano possano configurare o meno dei reati. A fronte dell’istanza presentata dal ragazzo, il sito o il social non può più temporeggiare o opporre politiche di compliance aziendali: entro 24 ore dalla richiesta, il sito deve comunicare di avere preso in carico il problema ed entro 48 ore deve risolverlo. In caso contrario entra in campo il Garante per la protezione dei dati personali, che dopo richiesta formale, concede altre 48 ore di tempo al gestore del sito. Più garanzie alle vittime, dunque, ma anche sanzioni più incisive ai carnefici. In parallelo, prima dell’eventuale querela o denuncia, il provvedimento offre al minorenne over 14 che si è macchiato di bullismo, un salvacondotto. Si tratta dell’ammonimento: il questore lo convoca insieme a un genitore per comunicargli il provvedimento e censurare quindi il suo comportamento di fronte ai familiari. Nel tentativo di individuare la giusta strategia per la rimozione dei contenuti, la legge affida inoltre a un Comitato di monitoraggio il compito di dar vita a procedure standard cui gli hosting provider, cioè i siti che ospitano i contenuti inappropriati, devono attenersi. Ma oltre che a curare, la legge punta a prevenire. È questo il compito affidato al Tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, attivato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che vedrà collaborare gomito a gomito Garante per l’infanzia e l’adolescenza, Comitato di applicazione del codice di autoregolamentazione media e minori, Garante della privacy, associazioni contro il cyberbullismo, ma anche gli operatori di social media e siti internet. Ma è soprattutto alla scuola che la legge affida un ruolo nevralgico. Ciascun istituto dovrà individuare un docente di riferimento capace di coordinare la prevenzione del bullismo in rete, grazie al supporto di Polizia e associazioni. Ed è previsto inoltre che gli Uffici regionali scolastici pubblichino bandi per finanziare progetti di prevenzione della violenza in rete, finalizzati all’uso consapevole della rete, e dei diritti e dei doveri che implica il suo utilizzo. La pecca dell’impianto è tuttavia nel capitolo fondi: soltanto 250.000 euro all’anno per mettere in piedi tutte queste iniziative. Soddisfatta del provvedimento Filomena Albano, Garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza che ne loda i «decisi interventi di carattere preventivo, non solo attraverso una formazione adeguata», ma anche grazie al «concetto di una vera e propria educazione, come strumento necessario di contrasto al fenomeno e ai rischi connessi al web». Parole d’apprezzamento anche dal ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli: «Dobbiamo colmare i vuoti educativi in cui si annida ogni forma di discriminazione e di violenza, abbiamo intrapreso la strada giusta». Più cauto invece il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo. «Nulla è ancora definito – obietta – dispiace vedere passare il tempo senza che vengano prese misure concrete e predisposti strumenti operativi in grado di rispondere a queste tematiche». Quagliariello e Giovanardi si mostrano invece piuttosto polemici. Viene attribuito«un ruolo specifico viene attribuito alle sole associazioni di genere», attaccano. «Si continua a voler imporre in qualsiasi modo la teoria gender nelle scuole». Ma polemiche a parte, la legge andrà messa alla prova. Basterà a vincere le resistenze dei colossi del web che si dichiarano irresponsabili rispetto ai contenuti che pubblicano? L’odissea di Tiziana Cantone non autorizza certo voli pindarici. (Francesco Lo Dico – Il Mattino)