Caso Cucchi, la procura chiede il processo per cinque carabinieri. In tre sono accusati di omicidio preterintenzionale

15 febbraio 2017 | 17:33
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Caso Cucchi, la procura chiede il processo per cinque carabinieri. In tre sono accusati di omicidio preterintenzionale

Adesso Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco sono ufficialmente imputati per la morte di Stefano Cucchi, lo hanno picchiato provocandogli le ferite che lo avrebbero ucciso sei giorni dopo. La procura ha chiesto il processo per omicidio preterintenzionale. Davanti al gup dovranno presentarsi, oltre a Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi, gli altri due […]

Adesso Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco sono ufficialmente imputati per la morte di Stefano Cucchi, lo hanno picchiato provocandogli le ferite che lo avrebbero ucciso sei giorni dopo. La procura ha chiesto il processo per omicidio preterintenzionale. Davanti al gup dovranno presentarsi, oltre a Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi, gli altri due militari in servizio, la sera del 16 ottobre del 2009, alla stazione Appia, accusati di aver coperto i colleghi, falsificando il verbale di arresto del geometra. Mandolini e Nicolardi devono rispondere di calunnia per le bugie raccontate davanti alla Corte d’Assise nel corso del processo agli agenti penitenziari. Per Tedesco e Mandolini c’è anche l’ipotesi di falso. Adesso per tutti e cinque i militari partirà il procedimento disciplinare che porterà in tempi brevi alla sospensione, ma potrebbe concludersi anche con il licenziamento. L’inchiesta bis, aperta dal procuratore Giuseppe Pignatone e coordinata dal pm Giovanni Musarò, all’indomani della sentenza di assoluzione degli agenti penitenziari accusati di avere picchiato Stefano nelle celle di sicurezza del Tribunale di Roma, ricostruisce, sulla base di testimonianze, un’ennesima perizia e le intercettazioni, cosa accadde veramente quella notte. Nel parco degli Acquedotti, alla stazione Appia e, infine, nella Caserma Casilina, dove Stefano era stato portato per il fotosegnalamento. I carabinieri hanno già perquisito la casa dei genitori del ragazzo fermato con l’hashish in tasca quando, anziché tornare alla Stazione, si dirigono verso la Caserma. Sono circa le due di notte. Si consuma tutto in meno di un’ora. Di Bernardo, D’Alessandro e Tedesco vogliono obbligare Cucchi ai rilievi dattiloscopici, lui reagisce e parte il pestaggio «Schiaffi, pugni e calci», scrivono i pm. Lo spingono, la «rovinosa caduta con un impatto al suolo in regione sacrale», si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, sarà fatale. La procura stigmatizza «la condotta omissiva» dei sanitari che avevano in cura Cucchi presso la struttura protetta dell’ospedale Sandro Pertini. I medici e gli infermieri, finiti sotto processo, sono stati tutti assolti. È lungo l’elenco delle ferite riportato dalla procura. Dopo il pestaggio, per nascondere la verità, sarebbero intervenuti Mandolini e Tedesco: fanno sparire dal verbale d’arresto i nomi di Di Bernardo e D’Alessandro e sostengono che Stefano sia stato sottoposto a fotosegnalamento, circostanza falsa. La resistenza del geometra agli atti non compare affatto, ovviamente neppure le conseguenze che ha determinato. Infine, affermano che Cucchi abbia dichiarato di non volere scegliere un difensore di fiducia. È pesantissima l’accusa per Mandolini e Nicolardi. Per la procura la loro testimonianza, falsa, sarebbe stata un’implicita accusa nei confronti di Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici, gli agenti penitenziari ritenuti nella prima inchiesta i responsabili del pestaggio «Oggi è una giornata storica per la mia famiglia, per Stefano e per tanti altri», così Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, ha commentato l’ultimo atto della procura su questa vicenda. Una verità ricostruita dopo oltre sette anni dai fatti. «Dimostra – ha aggiunto – che non ci si deve abbattere, mai arrendersi, ma lottare per la verità». (Valentina Errante – Il Mattino)