Festival di Sanremo: ascolti boom, 11 milioni per esordio nel segno del ricordo dei successi che non hanno vinto, con Maria che padroneggia subito l’Ariston. A rischio Clementino, Ron, Ferreri
08/02/2017 – Re Carlo e Queen Mary promossi alla prova dell’Auditel della prima serata, nonostante la concorrenza della partita Roma-Fiorentina. La media d’ascolto dell’esordio di Sanremo 2017 è stata di 11.374.000 telespettatori con il 50,4% di share. Lo scorso anno, già considerato un record, fu di 11.134.000 telespettatori con il 49,48% di share. La prima […]
08/02/2017 – Re Carlo e Queen Mary promossi alla prova dell’Auditel della prima serata, nonostante la concorrenza della partita Roma-Fiorentina. La media d’ascolto dell’esordio di Sanremo 2017 è stata di 11.374.000 telespettatori con il 50,4% di share. Lo scorso anno, già considerato un record, fu di 11.134.000 telespettatori con il 49,48% di share. La prima parte della serata di ieri è stata vista da 13.176.000 telespettatori con il 50,1% di share e la seconda da 6.177 telespettatori con il 51,9% di share. L’anno scorso, sempre nella prima serata del festival, l’ascolto della prima parte fu di 12.516.000 telespettatori con il 49,15% di share e quello della seconda parte di 5.907.000 telespettatori con il 52,31% di share. Ieri il direttore di Rai1 Andrea Fabiano aveva detto che la rete ammiraglia avrebbe festeggiato per uno share della prima serata superiore al 45%, a causa della concorrenza del calcio.Si inizia con un incipit-madeleine proustiana folgorante, che monta insieme hit festivaliere che non hanno vinto niente, da Battisti («Non sarà un’avventura») a Dalla («4/3/1943»), da Gaetano («Gianna») a Bocelli («Con te partirò»). Poi introduce i suoi 22 Big (a loro e nostra insaputa) e lascia il secondo inizio, nel buio, a Tiziano Ferro alle prese con «Mi sono innamorato di te». Cinquant’anni fa, nella notte tra il 25 e il 26 gennaio, il suicidio di Luigi Tenco obbligò il paese dei papaveri e delle papere, poi diventato dei cachi, a capire che non erano solo canzonette. Non è «Ciao amore ciao», a risuonare stasera, forse perché l’ha già fatto Mengoni nel 2013, forse perché la canzone scelta dal cantore del «Rosso relativo» è più bella, un classico che cancellava gli sterotipi dell’epoca, ma che non è riuscito ad evitare quelli che impazzano ancora oggi all’Ariston.Come fai a reggere il confronto con quei versi, con l’orchestra che li riempie di archi, con Tiziano che ci mette voce, cuore e anima nel bianco e nero delle riprese? Come fai a pensare che Tenco, ma pure Ferro, dai, vengano dallo stesso pianeta canoro di Giusy Ferreri, che pure con «Fa talmente male» è tra le poche cose almeno orecchiabili di questa sessantasettesima edizione appena iniziata? Che i versi d’amore spaesato di Luigi che voleva cambiare la canzone italiana abbiano a che vedere con la solfa che ci tocca stanotte, a dimostrazione che, almeno qui, non è cambiata? Fa talmente male che è tempo di pensare alla gara, di ricordarsi che siamo nella terra dei cachi, non al Premio Tenco. E che Conti non si autoboicotta, sa che deve fare tv, e tv fa, altro che Festival della canzone italiana.La De Filippi, in nero lungo trasparente («basta che non si vedano le mutande») di Tisci, è sicura, a suo agio, precisa, nel muoversi tra «l’esemplare uomo sex symbol» Raoul Bova e gli eroi del quotidiano della Guardia di Finanza (il maresciallo Lorenzo Gagliardi che era all’hotel Rigopiano), della Croce Rossa, del Soccorso Alpino, dell’esercito, della Protezione civile, dei Vigili del fuoco: la retorica dei buoni sentimenti è al suo posto con la puntuale standing ovation, ma anche l’occhieggiare alle «signorine ormonose», l’alludere al «six pack», l’arrivo per par condicio di Rocio Munoz Morales. Il linguaggio delle canzonette si contamina con quello della tv del dolore, se la musica non tiene la platea davanti alla tv (alle 22 sono passate solo tre canzoni in gara, manca poco all’una quando il verdetto di giuria demoscopica e sala stampa fa rischiare l’eliminazione a Clementino, Ron e Giusy Ferreri, non certo i peggiori, anzi) ci pensa la capacità di parlare alla pancia del Paese, portando in scena anche Corto, il labrador salva-dispersi. (Il Mattino)