Il simulacro di Sant’Antonino Abate ad Arola di Vico Equense imprigionato in barricate di ferro, nasce un comitato

8 febbraio 2017 | 12:20
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Il simulacro di Sant’Antonino Abate ad Arola di Vico Equense imprigionato in barricate di ferro, nasce un comitato

Vico Equense. Nasce il comitato per la liberazione della statua del Santo patrono di Arola e per la messa in sicurezza del ramo della quercia secolare posto alla base della stessa statua ed esposto all’incuria privo di vetrate protettive. In questi giorni, che precedono la festa patronale del 14 febbraio, fervono i lavori di “pseudo-riqualificazione” […]

Vico Equense. Nasce il comitato per la liberazione della statua del Santo patrono di Arola e per la messa in sicurezza del ramo della quercia secolare posto alla base della stessa statua ed esposto all’incuria privo di vetrate protettive. In questi giorni, che precedono la festa patronale del 14 febbraio, fervono i lavori di “pseudo-riqualificazione” dei giardinetti al centro della contrada arolese che, di fatto, stanno devastando un luogo simbolo della comunità arolese e vicana in generale. Infatti, l’originale piedistallo della statua è stato inglobato in un pavimento di orrendi tozzetti ‘tipo marciapiede’ sopraelevato al piano di calpestio originale e separato dalle contigue aiuole per mezzo di lucidi e rigorosamente squadrati mattoni neri di cemento compresso che hanno sostituito gli originali e, forse, troppo discreti mattoncini in cotto preesistenti. Tutto questo trionfo del buon gusto e del rispetto del buon senso accerchiato da una inferriata che negli anni scorsi era stata giustamente abbassata e che adesso rinforzata e sopraelevata ai muretti perimetrali (che da soli sarebbero bastati a rendere vivo e vissuto uno spazio bene comune!) svetta sigillando il cattivo gusto e gridando vendetta per la devastazione e sottrazione alla comunità arolese di uno spazio che dovrebbe essere simbolo di incontro tra le persone e delle persone con la memoria storica, antropologica, religiosa e simbolica del caro Santo Antonino che, secondo la tradizione, proprio in uno dei suoi passaggi dal Monte Faito a Sorrento, piantò la ghianda da cui nacque la quercia pluri-secolare abbattuta agli inizi del secolo scorso e della quale gli abitanti del tempo, lungimiranti ambientalisti e devoti del Santo, conservarono il tronco di un grosso ramo quale reliquia della Natura benefica e del Santo monaco Abate del monastero benedettino di Sorrento e solito ritirarsi in eremitaggio, insieme all’amico Catello, già Vescovo di C/Mare, presso le alture del Faito. Questo ramo di quercia benedetto dalla storia e dalla tradizione andrebbe protetto come dicevamo mediante un restauro ed il successivo impianto di vetri protettivi delle tre aperture del piedistallo in muratura che lo accoglie ed anziché affogare nei tozzetti bianchi e neri e nel ferro andrebbe reso accessibile in un’area con un calpestio in pietra calcarea locale con delle sedute in pietra e, magari, ospitando la vicina fontanina pubblica contigua al giardino in oggetto, cosa che, per il legame tra S. Antonino e l’acqua offertagli proprio in quel punto dalla signora arolese che lo dissetò, valorizzerebbe un altro elemento simbolo della tradizione locale che attribuisce l’abbondanza di sorgenti e pozzi proprio alla benedizione impartita dal Santo alla comunità di Arola che attraverso il gesto di una donna si garantì l’abbondanza di acqua nei secoli in tutte le aree della estesa contrada.