Mozzarella di bufala alterara fra arresti e interrogativi
La richiesta di mozzarella aumenta e il latte di bufala scarseggia. Non si può non far fronte agli ordini e per questo si ricorre a tutti i mezzi pur di non bloccare la produzione. Latte vecchio «rinfrescato» con la soda caustica. Latte di mucche malate di tubercolosi. Latte di comune vaccino spacciato per bufala campana. […]
La richiesta di mozzarella aumenta e il latte di bufala scarseggia. Non si può non far fronte agli ordini e per questo si ricorre a tutti i mezzi pur di non bloccare la produzione. Latte vecchio «rinfrescato» con la soda caustica. Latte di mucche malate di tubercolosi. Latte di comune vaccino spacciato per bufala campana. «Stiamo distruggendo tutto, non capiamo più che stiamo facendo». Parola di Luca Bellopede, al telefono con il fratello, Salvatore.
Lo sfogo è tra le tante intercettazioni che il gip Alessandra Grammatica allega all’ordinanza di custodia cautelare che ieri ha colpito i titolari di tre aziende casearie campane, tra le quali lo storico caseificio «Bellopede e Golino», socio del Consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop. Salvatore Bellopede è un’istituzione nel campo: attualmente ricopre la carica di presidente di Confartigianato Caserta ed è stato responsabile nazionale del settore lattiero caseario. Il marchio Bellopede è leader e negli Stati Uniti. Garanzia di bontà e sicurezza alimentare. Ma da ieri, su quell’impero è calata un’ombra. Avrebbero spacciato comune mozzarella per bufala Dop, ma quel che è peggio, scrive il gip che ha mandato entrambi i fratelli Bellopede ai domiciliari, «hanno utilizzato latte di vacche malate di tubercolosi» e «latte adulterato con la soda caustica per certificare la freschezza per un prodotto a volte vecchio di sei giorni».
Gravissimo lo scenario che ha portato al sequestro preventivo dello stabilimento caseario di Marcianise, il cui valore sfiora i due milioni di euro. Altrettanto gravi le condotte che la procura di Santa Maria Capua Vetere diretta da Maria Antonietta Troncone attribuisce agli altri imprenditori finiti ieri ai domiciliari. Oltre ai Bellopede, sono stati arrestati Vincenzo e Antonio Croce, amministratori della «Casearia Sorrentino» di Santa Maria La Carità, e Gennaro Falconiero, ad del «Caseificio San Maurizio», con sedi a Frattaminore e a Orta di Atella. Entrambi i caseifici sono stati sequestrati. La procura (sostituto Giacomo Urbano) ha proceduto anche nei confronti degli allevatori Anna Altieri, Cecilia, Carmine e Marcello Crispino, residenti nell’Alto Casertano: sono accusati di avere venduto ai Bellopede latte munto da mucche affette da tubercolosi. A fare da tramite tra i Crispino e i Bellopede, sarebbe stato Antony Jean Ciervo, manager italo-belga del settore caseario. Per loro cinque è stato spiccato una misura interdittiva dell’attività imprenditoriale. L’operazione «Aristeo» ha incassato il plauso del ministro delle politiche agricole, Maurizio Martina. «L’operazione della guardia di finanza e dell’Ispettorato repressione frodi dimostra che abbiamo un sistema di controllo tra i più avanzati in Europa – ha detto – chi mette in pericolo la credibilità dei nostri prodotti d’eccellenza va fermato».
A dare il via all’inchiesta una segnalazione dell’Asl. Ma se è stato possibile ricostruire il sistema lo si deve alle indagini della guardia di finanza della compagnia di Marcianise, diretta dal capitano Davide Giangiorgi, coordinati dal comando provinciale guidato dal colonnello Andrea Mercatili. Un supertestimone ha fatto il resto: un autista, dipendente a nero della «Sorrentino Casearia» che guidava i camion con i silos di latte (proveniente da incolpevoli allevatori bresciani) destinati ai Bellopede. «Avevo il compito di aggiungere la soda caustica nel latte per abbassare il livello di acidità quando raggiungeva il tasso del 6 per cento»: in questo modo, secondo il perito della procura, latte «vecchio» veniva spacciato per fresco, ma l’aggiunta di soda aumenta i batteri, a rischio della salute del consumatore. E non è tutto. Secondo l’accusa, i Bellopede compravano consapevolmente il latte adulterato per produrre la loro mozzarella, ma si sono anche serviti dei fratelli Crispino per acquistare latte proveniente da animali affetti da Tbc. «Sono uscite due vacche malate di tubercolosi», dice il manager Ciervo a Luca Bellopede che risponde «Li dobbiamo aiutare i Crispino?»: per la procura, le successive conversazioni provano che quel latte fu acquistato e usato per la mozzarella. Con risultati che lo stesso Luca Bellopede definisce distruttivi. E non è il solo. «Mi hai mandato la monnezza», è uno dei commenti intercettati: le lamentele dei clienti dei Sorrentino. Diversi clienti, nel corso dei sei mesi di indagini (concluse nel 2016) annullano gli ordini. Non i Bellopede, secondo il gip, che ora rischiano l’esclusione dall’organismo di controllo. «Il Consorzio di tutela è parte lesa» ha detto infatti il presidente Domenico Raimondo che ha anche annunciato che «nel prossimo Cda verrà valutata l’espulsione del socio coinvolto».