Napoli. 25.000 famiglie attendono ancora i buoni libro. Ma 4 su 5, scoraggiate, non presentano più la domanda
L’anno scorso il Comune di Napoli non è riuscito ad erogare i buoni libro. Il precedente anno scolastico ha coinvolto una platea di circa 5.000 studenti delle scuole secondarie, su una platea potenziale di 20-25.000 aventi diritto, calcolati in base ai modelli Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) consegnati per altri fini tipo la refezione […]
L’anno scorso il Comune di Napoli non è riuscito ad erogare i buoni libro. Il precedente anno scolastico ha coinvolto una platea di circa 5.000 studenti delle scuole secondarie, su una platea potenziale di 20-25.000 aventi diritto, calcolati in base ai modelli Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) consegnati per altri fini tipo la refezione scolastica. Quest’anno, nonostante gli sforzi di Regione e Comune per accelerare i numerosi passaggi burocratici, ancora non si vede la luce in fondo al tunnel. Così in tutte le classi secondarie di primo grado e nelle classi del primo anno delle superiori (e in piccola parte alle restanti classi delle superiori) di Fuorigrotta, Bagnoli, Secondigliano, Soccavo, Ponticelli e di tutte le Municipalità del Comune di Napoli stanno soffrendo della mancanza dei buoni libro. I ragazzi aventi diritto, cioè che hanno una famiglia a reddito basso al di sotto dei 10.633 euro annui, vivono già uno stato di indigenza o sono sulla soglia di povertà, e se non fosse per la buona volontà dei dirigenti scolastici, sarebbero a tutti gli effetti impediti nel seguire le lezioni e portare a termine i compiti a casa. Studenti di serie B che la burocrazia farraginosa sta rallentando nel loro progresso di crescita e sviluppo intellettivo, e che potrebbe rendere terreno fertile per la dispersione scolastica, allontanandoli definitivamente dalle aule. Vivere in uno stato economico familiare difficile, per gli adolescenti è già di per sé un problema non da poco in una società sempre più spesso basata sull’apparenza. Ma non possedere un maglione griffato o il cellulare all’ultimo grido è ben differente da non avere nemmeno i libri su cui studiare. A mortificare gli alunni ci pensa la burocrazia, i complessi e lunghissimi passaggi da Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Regione Campania, Comune di Napoli e aventi diritto. Passaggi che protraggono la consegna dei buoni libro praticamente di un anno scolastico. Cioè se l’anno inizia a settembre, i buoni quasi sempre arriveranno intorno a marzo. Dove quel “quasi sempre” non porta mai a un anticipo bensì a un posticipo perfino fino a maggio. Proprio come è accaduto lo scorso anno, quando alcuni comuni campani hanno dato il via libera alle famiglie per consegnare le domande per la concessione dei buoni libro per l’anno scolastico 2015/2016 per gli alunni che hanno frequentato le scuole secondarie di primo e secondo grado con scadenza a fine maggio, poiché i fondi della Regione erano stati appena deliberati. Avviso che il Comune di Napoli e quelli più densamente abitati non sono riusciti ad assegnare, con la conseguente riconsegna dei fondi al Miur, perché non spendibili se non per quel fine, nemmeno in caso di emergenze in scuole vandalizzate o derubate, come purtroppo spesso accade. Ma vediamo quali sono i vari passaggi e il tempo che intercorre dall’avvio del processo all’arrivo dei cedolini per acquistare i libri scolastici. A gennaio scorso la Regione approva il proprio bilancio in cui è inserito il capitolo di spesa relativo alla fornitura di libri per l’anno scolastico 2016/2017. Cioè quantifica la cifra, la mette a bilancio e la comunica al Miur. Ministero che soltanto a fine giugno decreta i fondi e ne dispone la ripartizione tra le Regioni. Sei mesi per avere soldi ancora non spendibili. Lo saranno, teoricamente, solo dopo che l’Unità operativa dirigenziale Istruzione farà tutti i controlli dovuti, verificando che le cifre siano giuste, non ci siano errori, ovvero ne accerta l’entrata, affinché ogni centesimo sia ripartito come richiesto. Un passaggio delicato in fede alla trasparenza delle istituzioni che non possono commettere nessun errore e che ogni singolo comune farà successivamente, quando i fondi saranno spostati nelle loro casse. La Regione, quindi, accerta che le cifre su ognuno dei comuni della Campania sia corretto e questa operazione termina a ottobre, quando finalmente l’assessore regionale Lucia Fortini può rendere spendibili ai comuni quelle cifre. Anche in questo caso il passaggio è lungo poiché è necessario che ci sia l’approvazione in giunta e grazie all’impegno di Fortini i tempi si sono ridotti fortemente. «Per la prima volta quest’anno si è riusciti a sbloccare le risorse nel mese di novembre, contestualmente all’invio delle stesse da parte del ministero. La giunta, nell’ambito della propria competenza, ha adottato tempestivamente i provvedimenti che liquidano ai comuni le risorse necessarie per garantire il diritto allo studio se si considera che le somme derivanti dal riparto nazionale sono state materialmente inviate alla Regione solo in data 25 novembre». Sono così trascorsi 10 mesi, i fondi ci sono e la Regione li distribuisce a tutti i comuni che con decreto dirigenziale 210 e 211 del 2 dicembre 2016 liquida in tempi record (una settimana). L’arrivo nelle casse di ciascun comune varia, così c’è chi a dicembre è riuscito a bandire l’avviso e a gennaio ha consegnato i buoni libro, mentre al Comune di Napoli l’assessore comunale all’Istruzione Annamaria Palmieri comunica che purtroppo erano spendibili solo a gennaio. Solo dopo questo controllo Palazzo san Giacomo potrà provvedere all’avviso pubblico ma non è finita qui. Perché gli aventi diritto dovranno fare domanda e allegare il modello Isee coi redditi dell’anno precedente e solo dopo un’altra ulteriore verifica (cioè il Comune controllerà che i valori sono corretti) si provvederà all’erogazione dei buoni libro. Oltre un anno, se va bene arriveranno a marzo. Possibile che tutto questo processo non possa essere snellito in qualche modo? Possibile che il Miur non riesca a inviare fondi se non sei mesi dopo la richiesta delle Regioni? (Mariagiovanna Capone – Il Mattino)